Capitolo 11

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Non saprei neanche spiegare cosa provai in quel momento, un groviglio di emozioni mi assalirono: felicità, paura, angoscia. Stavo facendo la cosa giusta? Dovevo prendere una vita per non mi apparteneva per puri fini egoistici?

La mantide religiosa, che ignorava quel mio dilemma interiore, mi guardò con quegli occhietti accessi di una luce di malizia. «Bene» sibilò stringendo gli occhi con un'aria maligna «adesso possiamo cominciare». Con un gesto veloce che fece tremare le tenaglie, la terra mi mancò da sotto i piedi e caddi all'indietro. Lancia gli occhi al cielo e rividi i corpi inermi volteggiare esanimi sopra di me per poi dissolversi nel nulla. Il buio mi avvolse e, ancora una volta, sentii la pesantezza della gravità attanagliarmi e trascinarmi verso il basso. Fu con un tonfo secco che avvertii il mio corpo arrestarsi e quattro mani robuste afferrarmi per le braccia e le gambe. Disorientato, osservai il soffitto legnoso di una casa, le travi di legno massiccio, robuste e scolpite dal tempo, si intrecciavano in un intricato intarsio che conferiva un carattere rustico all'ambiente. Voltai il capo, quel tanto che bastava per vedere delle imponenti masse ombrose dai tratti non definiti che mi tenevano sollevato dal pavimento. Una nuova ombra dai tratti appuntiti , scivolò accanto a me, tremai nell'udire il macabro tintinnio della pesante catena che teneva tra le ossute dita e con la quale mi legò mani e piedi impedendo la mia protesta agitata. Venni adagiato su lettino ospedaliero, le ombre si arrestarono accanto come guardie. Ero arrivato, chissà come, in una stanzetta angusta e malamente illuminata dal penetrante profumo di disinfettante. Il mio sguardo incrociò un ripiano colmo di ampolle snelle e variopinte ricolme di chissà quale intruglio, un camino di pietra spento e, al centro della stanza, solitario, un piccolo tavolino di legno. «Ma che sta succedendo? Dove siamo?» domandai alle ombre, soffermando lo sguardo su un pugnale dall'aspetto per nulla rassicurante, riposto sul tavolino.

«Questo sarà il luogo della tua rinascita, ora non perdiamo tempo, che il rito abbia inizio» strillò euforica la mantide.

Spaventato, la vidi saltare sulla mia spalla sfregando le zampette oblunghe per l'eccitazione. Nell'udire quella sua affermazione, le ombre si fusero tra di loro in un vortice fumoso, facendo comparire la persona che aveva acconsentito a donarmi la sua vita.

Ancora non potevo dire con certezza se si trattasse di un uomo o una di donna, né definire un'età. Un sacco di tela marrone copriva completamente la testa, stringendosi con un nodo intorno al collo e lasciando intravedere i lunghi capelli neri cadere sopra le spalle. Indossava la stessa tunica arancione dei fedeli, tra le braccia cullava qualcosa: era una sfera trasparente e ci misi un po' a capire che si trattava di un feto non ancora del tutto formato che muoveva le gambette.

«Aspetta!» tuonai, smuovendo le catene che mi bloccavano i polsi, facendole tintinnare.

«Che c'è? Non mi dire che hai cambiato idea?» mi chiese la mantide, pizzando la sua boccuccia dentro il mio orecchio.

«Sì» risposi sicuro «ho cambiato idea».

«Non dire assurdità, non puoi cambiare idea. Non volevi tornare in vita?»

Avrei voluto urlare di sì, volevo tornare in vita e se quella donna, chiunque essa fosse, aveva voluto donarmi la sua vita allora non avevo motivo di rifiutare. Ma qualcosa dentro di me mi diceva che non dovevo, non era giusto. Guardai la donna dritta di fronte a me e la piccola creaturina che teneva tra le braccia. Esitai su quel corpicino che riposava beatamente ignaro di tutto.

«Se prenderò il suo tempo, lei morirà?»

«Lei ha già deciso di morire, le stai facendo solo un favore».

«Ma morirà anche il bambino che porta tra le braccia!»

«Di lui non ti devi preoccupare, non sa neanche come è fatto il mondo, non ne sentirà la mancanza anzi, se vuoi la mia opinione, forse gli farai un grande favore» disse ridacchiando malefica a questa sua ultima affermazione.

Mnimi-Lo scrigno dei ricordiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora