Capitolo 5 (Seconda parte)

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Voltai lo sguardo, osservando gli sgraziati contorni della scogliera sulla quale attraccammo, se così si può dire.

Lightman ci salì sopra con un balzo felino e allungò la mano per aiutarmi a scendere. Mi alzai traballante per afferrarla ma, tutto intorno a me, divenne buio di colpo. Un forte freddo mi avvinghiò gelandomi le ossa, l'aria divenne irrespirabile. Ero caduto in mare e qualcosa di spinoso mi si era attaccato alla caviglia, trascinandomi giù. Mi dimenai scuotendo la gamba libera per cercare di togliere quella cosa, ma senza successo. Ad ogni mio tentativo di liberarmi quella presa si faceva sempre più salda.

In poco tempo i polmoni urlarono a gran voce la necessità di aria e, a giudicare dal male di testa e dal fischio continuo alle orecchie, ero a una profondità tale che anche se mi fossi liberato, non sarei mai riuscito a raggiungere la superficie in tempo. Ormai rassegnato a perdere quella lotta, mi sentii venir meno quando qualcosa si avvinghiò al mio braccio e iniziò a strattonarmi verso l'alto. Temevo di spezzarmi tanto erano opposte le forze che mi stavano contendendo ma, alla fine, fu la presa del mio braccio a vincere la battaglia. La pressione rallentò nel momento in cui quella forza mi trascinò verso la salvezza, con una velocità incredibile. Una volta infranto lo specchio d'acqua, spalancai la bocca permettendo così all'aria di riprendere il circolo nei polmoni. Con gli occhi chiusi per il bruciore, nuotai alla cieca fino ad arrivare a una sporgenza alla quale mi aggrappai, rimanendo con la parte inferiore del corpo ancora immersa nell'acqua. Respirai a fondo, togliendomi l'acqua dal viso e, solo dopo essermi ripreso, salii sullo scoglio dove mi ero aggrappato, guardandomi intorno. Era solo grazie ai deboli raggi lunari, che erano riusciti ad insinuarsi attraverso una porta arcuata della grotta dove mi trovavo, che riuscii a vedere i contorni ispidi delle alte pareti rocciose. Una moltitudine di ammassi calcarei disomogenei, risultato dei millenari stillicidi, discendevano dal soffitto creavano delle affascinanti colonne.

Una roccia che si distingueva dalle sorelle, attirò la mia attenzione. Era a poca distanza da me, troppo perfetta per essere una creazione naturale, aveva una superficie liscia , lucida e rettangolare che rifletteva la luce della luna.

Feci per avvicinarmi, quando qualcosa mi colpì la gamba. Lanciai un forte urlo per la paura, temendo che la cosa che mi aveva afferrato prima fosse tornata. Ma mi calmai nel momento in cui, abbassato lo sguardo, vidi Haise che scodinzolava felice per avermi ritrovato.

«Per fortuna è sano e salvo!» rimbombò una voce familiare, tra le pareti rocciose.

Ancora scosso, mi voltai ritrovando la figura longilinea di Lightman, parecchio divertito dalla mia reazione.

«Mi ha fatto prendere un colpo» protestai, rivolto alla piccola palla di pelo saltellante.

«Lo scusi, non era sua intenzione».

«Ma... che cosa mi è successo?» domandai subito.

«È stato afferrato da una creatura marina».

«Una creatura marina?»

«Già, non voleva che arrivasse sull'isola».

«Beh, allora grazie per avermi salvato».

«Non sono stato io. Dopo che è scomparso sott'acqua ho cercato il modo di tirarla fuori. Poi, però, ho sentito una voce. Qualcuno mi ha detto di stare tranquillo e di seguire la stradina che portava dentro questa grotta e qui l'ho trovata».

«Ma allora, chi è stato?»

«Non ne ho idea» mi disse facendo spallucce e avvicinandosi.

«Non so lei, ma io non riesco a vedere nulla. Forse converrebbe fare un po' di luce».

Mnimi-Lo scrigno dei ricordiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora