Lightman scalò la parete rocciosa in modo disinvolto come fosse una scimmia. Io, al contrario, assomigliavo a un vecchio montone. In mia difesa però- oltre al fatto non avevo la giusta preparazione- quel peso invisibile che si manteneva costante sulle caviglie, rendeva tutto più difficile. Ogni volta che sollevavo un piede per spostarlo su una sporgenza, lo sentivo irrigidirsi e ricadere a penso morto nel vuoto, costringendomi ad aggrapparmi con tutte le mie forze alla roccia per non cadere sotto. Facevo quindi un profondo respiro, stringendo i denti così forte che temevo di spaccarmeli da un momento all'altro, cercando di arrivare al nuovo spuntone. A rendere tutto ancora più pericoloso, oltre al fatto che le scarpe di tela non erano di certo adatte a una scalata, fu il sole. Si era piazzato impertinente sopra la mia testa, arroventando la pietra e facendomi grondare un abbondante sudore dalla fronte che mi si arrestava molto spesso sulle ciglia.
«Su, è quasi arrivato» mi incitò Lightman dall'alto.
Sollevai la testa e lo vidi in piedi, le mani sui fianchi, sopra un cornicione di terra. Con un ultimo e faticoso sforzo, arrivai finalmente alla meta. Se non fosse stato per Lightman, che mi afferrò per una mano tirandomi poi dalla maglietta madida di sudore, penso che sarei rimasto in verticale su quella roccia calcarea e rovente per sempre, o per lo meno fino a cadere sotto.
Rimasi qualche minuto in ginocchio con la testa bassa, per riprendermi a quello sforzo disumano, sventolandomi la maglietta incollata per cercare di racimolare un po' di aria fresca. Una volta ristabilito il battito cardiaco, mi alzai barcollando per riprendere la scalata, rimanendo a bocca aperta.
«Non è possibile» biascicai incredulo.
Della montagna che avremo ancora dovuto scalare, non c'era più alcuna traccia. Al suo posto, un immenso spiazzo di terra brulla e arida, si estendeva per chilometri. Tutto era morto lì, disidratato da quel caldo innaturale che saliva ondeggiante dalla terra, segnata da una rete di profonde crepe, e resa ancora più ostile da una macchia giallastra di piante dall'alto gambo piene dei fiori appassiti. Mi fece uno strano senso vedere quel corteo funebre a capo chino pregare per avere dell'acqua chissà da quanto.
«Ma non possiamo essere già arrivati alla cima!» esclamai, guardando il mio compagno di viaggio che era per nulla turbato da quel paesaggio per nulla montano.
«Certo che no, siamo ancora all'inizio» disse il parapsicologo, afferrando in braccio Haise che aveva iniziato a piangere a causa del terreno incandescente.
«Ma non capisco! Qui è tutto pianeggiante. Dov'è la montagna? È scomparsa!
I problemi si affrontano singolarmente» mi spiegò «è normale che se ci si concentra sulla montagna il cammino non verrà mai preso. Molto probabilmente adesso dovremo affrontare una dama».
«Una dama?»
«Sì, ricorda la poesia? Si parlava di quattro dame che attendevano il nostro arrivo, anzi il suo. Se ricorda la leggenda, Mnemosine aveva affidato i ricordi del vecchio a dei guardiani. Molto probabilmente sono le dame della poesia. Dobbiamo aspettare che faccia la sua comparsa e, una volta incontrata, potremo proseguire».
Feci un cenno con il capo. Era vero, si parlava di quattro dame ma cosa si diceva a proposito della prima?
«Chi va là?» proruppe una voce ispida, come delle unghie sulla lavagna alle nostre spalle, facendoci sobbalzare.
Ci voltammo.
Oh mio Dio, furono le sole e uniche parole che pensai in quel momento.
Per quanto me ne vergogni, celai con difficoltà l'espressione inorridita che feci nel vedere la figura che era comparsa.
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Mnimi-Lo scrigno dei ricordi
FantasiE se dovessi scoprire di aver dimenticato il tuo passato? Cosa accadrebbe? Lo sa bene Cariol Lioy, un uomo qualunque, che un giorno si estrae uno scrigno dalla bocca, dando così inizio ad un'avventura fantastica senza precedenti. In un mondo magico...