Capitolo 12 (Seconda parte)

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La comparsa della montagna mi infuse un senso di inquietudine che mai avevo provato, fino a quel momento. Dato che il velo nero della notte ci avrebbe reso la scalata impossibile, Lightman ovviò al problema intensificando lo sciame delle lucine che, unendosi in una sfera dalle modeste dimensioni, crearono un sole artificiale, così da indicarci il percorso. Il cuore mi guizzò fino in gola non appena vidi la cima della montagna, segno che a breve avremmo incontrato l'ultima dama e che, forse, sarei venuto a conoscenza della verità.

Come sempre, il parapsicologo e Haise aprirono la strada verso la scalata e io li seguì. Non mi sentivo per nulla bene. Vedere la cima mi procurava una grande paura che mi rendeva debole e goffo, tanto che credetti che il peso che mi aveva cinto le caviglie durante la prima scalata, fosse ritornato.

Che cosa sarebbe stato di me una volta scoperta la verità? Sarei andato in paradiso o all'inferno?

Sono ancora in tempo per tornare indietro, pensai, basta mollare la presa e lasciarmi cadere nel vuoto. Tanto cosa mi potrebbe succedere? Sono già morto.

Stavo per piantare la mano su una sporgenza appuntita quando una macchia fitta di alberi germogliarono davanti a me, arrestando la mia salita e creando un separé vegetale tra me e Lightman.

«Giuro che inizio a non sopportare più gli alberi» borbottai.

«Siamo su una montagna, che cosa si aspettava di trovare?» mi chiese lui dall'altra parte «Deve superarla, dopodiché avremo raggiunto la cima».

Scrutai il fitto fogliame e notai una radice sporgente. L'afferrai e ,prima di lasciare la presa, la tirai per assicurarmi che fosse abbastanza solida da reggere il mio peso.

«Sembra sicura».

Mi sollevai trovando subito un nuovo punto di appoggio, allungai allora la mano per afferrarla ma qualcosa mi bloccò.

«Sei sicuro di voler andare fin lassù?» mi sussurrò una voce serpentina, uscita dal fogliame.

«Chi ha parlato?» domandai, fissando un punto indefinito davanti a me.

Dalle fitte fronde strisciò fuori una enorme biscia nera che si interpose tra me e il tronco che stavo cercando di afferrare, impedendomi in passaggio.

«E tu chi saresti?» domandai sarcastico «Il serpente che istigò Adamo ed Eva al peccato originale?»

«No, sono il guardiano della cima della montagna».

«Ah sì? E che vorresti da me?»

«Volevo sapere se davvero vuoi raggiungere la cima».

«Certo» risposi, sebbene non fossi sicuro della mia affermazione «sennò perché sarei qui?»

«Stai mentendo questo lo so bene, non è quello che vuoi veramente. Tu vorresti scappare e io ti sto dando la possibilità di farlo. Il tuo amico non ti può fermare. Su, vai e torna a nuotare nel mare della beata ignoranza».

«No... io voglio sapere!»

«Ah, la curiosità è sempre stato un bel problema. Ma sai, vero, che la curiosità uccise il gatto? Sei sicuro di voler raggiungere la vetta? Ti posso assicurare che, una volta conosciuta la verità, rimpiangerai di non aver dato ascolto alle mie parole».

«Sono morto! Cosa ci può essere peggiore di questo?»

«La morte pone fine a una vita, ma da inizio a cose ben più dolorose e tristi».

Strabuzzai gli occhi. Che cosa voleva dire?

«Vedi che avevo ragione? Non sei pronto a sapere la verità. Ascolta me, non è meglio illudersi che tutto va bene piuttosto che ricordare e soffrire?»

Mnimi-Lo scrigno dei ricordiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora