Capitolo 9

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Il segreto per andare
avanti nel sentiero è
iniziare a camminare

Aton
Mi allaccio la cintura di sicurezza. Sono seduto nel sedile davanti accanto a Mike, il mio autista. Mi volto per controllare che la passeggera imprevista stia bene, la trovo distesa su un lato, i lunghi capelli color miele che le ricadono lungo il corpo e il vestito leggermente piegato fa intravedere le cosce bianche; gliele copro con una piccola coperta di seta. Poggio la testa sullo schienale e chiudo gli occhi, ma dimmi te se la devo riportare a casa! La odio questa ragazza, è un'impicciona, debole e viziata bambina.eppure solo lei è riuscita a congelare il fuoco che mi brucia sempre di più senza tregua, che mi incendia il cuore e brucia le vene. Mi guardo le gambe coperte da dei jeans scuri; eppure quando la vedo la vorrei solo prendere a schiaffi. Anche quando con un solo tocco è riuscita ad annullare tutto... con un solo tocco ha placato l'ira del sole... con un semplice, breve tocco.

"Siamo arrivati signorino, desidera altro?" Ammicco un sorriso e scendo dall'auto. "No, grazie." Apro la portiera posteriore e provo a sollevare il corpo svenuto della ninfa dell'inverno; avrei voluto parlarle di giovedì sera, quando mi aveva impedito di compiere il gesto estremo, quando mi aveva portato fino in camera mia, l'avrei voluta sgridare e urlarle contro e invece eccomi a salvarla da quel pervertito di Will Tracuto. La prendo in braccio e salgo la grande scalinata che porta alla villa di mia madre. Sorrido a Marcus, il maggiordomo, e poi prendo l'ascensore per andare al quarto piano; mi prendo quei due minuti per osservare il viso di quella ragazza, rimango incantato dalle sue labbra risaltate da un rossetto rosso pallido e da un gloss che le fa sembrare umide... alzo la testa ed espiro, che cazzo mi fa?! Lo scampanellio dell' ascensore mi fa intuire che siamo arrivati; le porte si aprono e mi trovo davanti mia madre, il volto severo, la camicia talmente stretta da non farla quasi respirare e i capelli fissati con la lacca; accanto a lei Regolous Barnk la guarda con amore. Il suo sguardo severo diventa impanicato, prova a bloccarmi mai io mi divincolo e passo avanti. "Ehi figliolo dove vai?" Mi blocco "Come mi hai chiamato?!" Non risponde. "Ti ho chiesto come cazzo mi hai chiamato!" Mi volto verso il verme accanto a mia madre. "Sarai anche il mio padre biologico, ma non hai il diritto di chiamarmi 'tuo figlio'!" Sbianca nel vedere che i miei muscoli si stanno irrigidendo; vorrei prenderlo a pugni. Beira si agita, e io mi calmo, non voglio farle del male quando è svenuta. Li guardo con disgusto e poi mi avvio verso il bagno privato. Non salgo mai al quarto piano, è il piano dedicato a mia madre e anche solo a vederla potrei perdere il controllo e non posso permettermelo... non ancora.

Beira
Sento ancora addosso il suo calore, il suo profumo, quelle braccia che mi tenevano salda al suolo, che hanno saputo sciogliere le mie catene ghiacciate. Sento ancora l'acqua della neve sciolta lungo il corpo... me la sento come se fosse reale... aspetta... È REALE!
Spalanco gli occhi di botto, i capelli mi cadono di lato e le gocce d'acqua mi scorrono sul viso. Sposto lo sguardo sul fianco e il segno della mano di Collin mi fa ricordare quel minuto di terrore, chiudo gli occhi e mi immergo nella schiuma. "Il signorino la aspetta di sotto." Mi giro e noto che una giovane ragazza mi sta spazzolando i capelli con cura. "Sono a-a villa Solmer?" Che stupida dove dovrei essere altrimenti?! "Si madame, il signorino l'ha portata qui; a dire il vero mi sono sorpresa all'inizio, lui non sale mai qui sopra. Poi mi ha chiamata e mi ha ordinato di metterla nella vasca e lavarla; ha detto di fare in fretta e di riempirla di profumo." La ascolto con attenzione sperando di saperne di più. "Ha anche detto di darle dei vestiti puliti, li ha presi dall'armadio di sua sorella." Mi alzo e avvolgo attorno al mio corpo l'accappatoio bianco che mi ha passato la ragazza. Non c'è più nessuna traccia di Collin sul mio corpo, a parte il segno rosso sul fianco. "Come ti chiami?" "Eloise" "Eloise..." Dire il nome di una persona significa farla entrare nella tua vita, e non farla uscire più... mai più.

Appena entro nella camera della sorella di Aton non riesco a trattenere lo stupore. Le grandi finestre sono coperte da delle tende viola; il letto, di dimensioni stratosferiche, è anche questo coperto da un baldacchino viola e l'enorme armadio è sigillato. La polvere regna sovrana ricoprendo ogni mobile del suo soffice velo. Eloise mi fa rimanere fuori mentre lei apre con cura l'armadio; "Senti, ma potrei conoscerla?" Lei si volta con un espressione dubbiosa. "Chi?" "Lei, la sorella di... del signorino." Non pronuncio il suo nome; "Credo non sia possibile, vede si trova a qualche chilometro da qui..." Afferra un lungo vestito bianco panna e me lo porge. Il suo odore mi invade le narici e sento finalmente un po' di calore; la sorella deve fare lo stesso effetto, eppure è più lieve. Ora non resta che raggiungerlo.

Spazio all'autrice
Eccoci con un nuovo capitolo,
spero siate curiosi di
andare avanti. Ho anche un
libro da consigliarvi si chiama
"Opposites" di Rhum_Cuba

Neve d'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora