Capitolo 1:

322 10 16
                                    

Jace era accovacciato nella neve, nascosto dietro una grande quercia caduta. Nonostante l'autunno fosse appena arrivato al termine la neve si era già fatta avanti, scendendo copiosa per quasi un'intera settimana, impedendogli di uscire di casa. La neve si era fatta così alta da bloccare la porta e sfiorare le finestre ricoperte di ghiaccio. Fortuna che il fuoco e le pesanti coperte fabbricate da sua madre li avevano tenuti al caldo.
La neve si era ghiacciata, creando uno strato duro e difficilmente distruttibile, in grado di reggere il peso di Jace e suo padre.
Harwin era accovacciato al suo fianco, celato dalle radici della grande quercia. Suo padre era più massiccio di lui, grande e grosso, con braccia spesse come i tronchi che era solito spezzare per produrre la legna con cui alimentavano il fuoco. Un berretto nero copriva i ricci scuri così simili a quelli del figlio, solamente vagamente più corti. Piccoli fiocchi si erano posati sui ricci che sbucavano dietro al collo, e sulla barba scura.
Jace lo guardava con attenzione, studiando la sua posizione perfettamente bilanciata, nonostante fosse sollevato sulle punte dei piedi dubitava che sarebbe riuscito a farlo barcollare, tantomeno a buttarlo in terra.
Spostò gli occhi verde-marrone davanti a sé, sul cervo dal maestoso palco che stava strappando la corteccia di uno dei tanti alberi rimasti senza foglie. Lo strato di neve aveva cancellato qualsiasi possibilità di scavare per trovare foglie o paglia e così, gli animali che non si erano ancora ritirati per il letargo o che semplicemente non potevano farlo, si limitavano a divorare la corteccia degli alberi, sperando di sopravvivere fino alla primavera.
Harwin sollevò l'arco, sfruttando il tronco come appoggiò per il braccio. Jace si trovò a imitarlo, stava ancora imparando a cacciare ma Harwin era un insegnante paziente. In una condizione diversa avrebbe lasciato che fosse Jace in solitaria ad abbattere il cervo ma vista la sua inesperienza, e la settimana trascorsa rinchiusi in casa, non poteva rischiare che il cervo gli sfuggisse.
Harwin prese una freccia dalla faretra che aveva stretta sulla schiena e Jace lo imitò nuovamente, gli occhi che saettavano dal viso di suo padre al cervo che dava loro il fianco. Le sue corna si impigliarono nei bassi rami e Harwin attese che l'attimo di panico fosse passato prima di riprendere la caccia.
Incoccò la freccia e regalò uno sguardo al figlio, assicurandosi che la sua posizione fosse il più corretta possibile. Un angolo della sua bocca si sollevò verso l'alto e Jace seppe di aver fatto un buon lavoro. Con questa nuova convinzione riportò lo sguardo sulla bestia. Le tre dita che reggevano la freccia persero lentamente la presa una alla volta, un messaggio per Jace, perché sapesse quando scossare. Quando rimase un solo dito le due frecce scoccarono verso il cervo che udì il fischio dell'aria ma non fu abbastanza rapido da fuggire.
La freccia di Jace lo colpì al ventre. Quella di Harwin gli trapassò il collo.
Il cervo cadde a terra, scalciando nel vano tentativo di rialzarsi.
Harwin superò la quercia con un balzo e Jace lo imitò con un'agilità estrema rispetto a quella del padre. I suoi passi, a differenza di quelli di Harwin, non scalfivano lo strato ghiacciato.
Harwin si inginocchiò al fianco del cervo, prese il suo muso fra le mani dalle dita robuste e gli accarezzò le guance. Il petto dell'animale si sollevava rapido e Jace poteva sentire il suo cuore battere. Un rapido susseguirsi di boom, boom, boom. Il cuore che cercava di pompare il sangue e di spingere i muscoli a muoversi.
"Ti ringrazio," disse Harwin estraendo un corto pugnale dal proprio fianco. Lo premette contro la gola dell'animale e la tagliò con un movimento netto. Le zampe smisero di muoversi e un fiotto di sangue inzuppò la neve sottostante.
"Prometto che userò al meglio ogni tua parte," concluse Harwin ripulendo il pugnale contro la sua coscia prima di rinfoderarlo.
Jace estrasse la propria freccia dal fianco dell'animale e la rimise nella faretra. Infilò una mano nella tracolla che portava fissa su una spalla ed estrasse un telo marrone e resistente. Lo stese in terra e guardò suo padre alzarsi in piedi.
"Sei stato bravo," gli disse passandogli un braccio attorno alle spalle.
Jace sorrise timidamente e premette il capo contro la sua spalla massiccia, sentendo i freddi fiocchi sciogliersi contro la pelle gelata della sua fronte.
"Devo migliorare la mira. Se non fosse stato per te sarebbe fuggito," disse con occhi fissi sulla freccia che ancora trapassava il collo del cervo. Harwin annuì, concorde. Suo padre non avrebbe fatto finta di rassicurarlo.
"Prendilo per le zampe," lo istruì Harwin. Insieme e con fatica, più da parte di Harwin che da parte di Jace, sollevarono l'animale e lo calarono sul telo.
Jace si inginocchiò sulla stoffa bruna e dalla tracolla estrasse due fiale in vetro. Le avvicinò al collo sanguinante del cervo e lasciò che il sangue le riempisse una alla volta. Le chiuse con due tappi di sughero e con attenzione le rimise all'interno della sacca.
Harwin aveva fatto qualche passo avanti, guardando in terra con sopracciglia contratte e fare curioso.
Portò le dita rosse alle labbra e le leccò con gusto, assaporando il sapore ferroso e selvatico. Amava il sapore del cervo, aveva un qualcosa che non sapeva spiegare, una robustezza che fortificava le sue ossa.
"Nemmeno il tuo sangue andrà sprecato," disse Jace lasciando una carezza contro l'orecchio freddo del cervo.
Sapeva che i suoi fratelli avrebbero avuto da lamentarsi. Loro preferivano il coniglio, sostenevano che avesse un sapore più delicato. Entrambi però, non andando a caccia, non conoscevano la grande difficoltà che stava dietro al raccoglimento di solamente un'ampolla di sangue di coniglio.
Avvicinò le labbra alla sua gola squarciata e prese un piccolo sorso, sentendo il sangue ancora bollente scaldargli la pancia e la gola. Si leccò le labbra e le pulì contro la manica del pesante cappotto.
"Grazie," sussurrò alzandosi in piedi. Harwin si era chinato a terra, gli occhi fissi sulla neve.
Jace gli si avvicinò con passo leggero e si sporse oltre la sua spalla.
"Sono... impronte di lupo?" domandò inclinando il capo.
Harwin annuì, poggiando una mano sopra a una delle orme. I suoi polpastrelli sfiorarono ogni artiglio ma quella traccia rimaneva comunque più grande della sua stessa mano.
Jace aggrottò la fronte.
"Sono troppo grandi," borbottò Harwin guardandosi attorno.
Jace fece altrettanto. Chiunque avesse lasciato quell'orma non doveva essere troppo lontano eppure, non c'era nulla oltre agli alberi.
Harwin si alzò e strinse la spalla di Jace in una morsa robusta, spingendolo delicatamente verso il cervo morto.
"Torniamo a casa, sta iniziando a fare buio," commentò Harwin tenendo lo sguardo fisso sul bosco. Jace annuì pur percependo l'ansia percorrere il corpo di suo padre, il respiro che si era fatto leggermente più rapido e che usciva in piccole nuvole candide dalle sue labbra.
"E il lupo?" domandò Jace afferrando gli angoli del telo, c'erano due grandi buchi in cui infilò le mani, iniziando poi a trascinare il corpo senza la minima fatica. Solo allora i suoi piedi iniziarono a graffiare il ghiaccio, lasciando sottili tracce nella neve ghiacciata.
"I lupi si saranno spinti più a sud a causa della neve troppo prematura, non me ne preoccuperei," disse Harwin affiancando suo figlio.
Jace annuì pur mantenendo un certo grado di dubbio. I lupi erano pericolosi ma non avevano mai impensierito suo padre.
Il cervo era un peso gentile contro le sue braccia, i muscoli fremevano leggeri, come se stessero sollevando un sacco di farina.
Una scia rossa li seguì fino a casa.

Frost BiteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora