Capitolo 8:

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Era stesa sul loro letto, tra le sue gambe aperte Aegon aveva trovato una casa calda e accogliente, i suoi denti erano affondati nella sua coscia, all'altezza dell'inguine. Il suo sangue bollente gli colava lungo il mento e giù per la gola, fino a macchiare gli abiti da notte e le lenzuola nere.
Sollevò gli occhi e l'eccitazione gli aprì lo stomaco.
Helaena, completamente nuda e con i capelli che le coprivano i seni e la schiena, aveva i denti conficcati nel collo della giovane. La sua morsa era più delicata ma nonostante questo il sangue non superava le sue labbra, finendo dritto nella sua gola bollente.
Aegon perse la presa e scivolò alle spalle di sua moglie, le braccia avvolte attorno al suo corpo, un braccio sotto il suo seno e l'altro avvolto attorno ai suoi fianchi.
Helaena deglutì e leccò i fori lasciati sul collo, guarendoli.
"Va pure," sussurrò rivolta alla giovane serva che annuì immediatamente. Si alzò con passo incerto e rapida si vestì, lasciando i due amanti completamente soli.
"Sei bellissima," sussurrò lasciandole un bacio sulla spalla e i lunghi capelli di lei gli solleticarono il naso.
Helaena sorrise e poggiò le mani sulle sue mentre lui muoveva delicatamente i fianchi contro i suoi, la sua erezione che accarezzava le natiche soffici.
"Hai mangiato abbastanza?" le domandò appoggiando una mano sulla sua pancia tonda. I due Draghi stavano crescendo bene e in forze, o questo era quello che diceva Aemond. Era sempre difficile stabilire la salute dei bambini immortali.
Helaena annuì mentre lui afferrava una delle sue cosce e la posava sopra il suo fianco, spingendosi delicatamente dentro di lei. Si morse le labbra mentre suo marito sprofondava dentro al suo corpo.
"Si," rispose lui mordendosi le labbra. Lui sorrise contro il suo collo e le lasciò un bacio sotto l'orecchio, muovendo delicatamente i fianchi. Non aveva mai creduto di poter essere delicato con qualcosa oltre a sé stesso ma quando Helaena si era affidata completamente a lui qualcosa era cambiato.
"Bene," sussurrò lui tenendola stretta.

Si erano ritirati nella stanza di Aemond. Un ragazzo sedeva sul bordo del letto e i due Targaryen erano ai suoi fianchi, Daeron con i denti affondati nel suo collo e Aemond, più elegante e restio a sporcarsi, con i denti che affondavano nel suo polso.
Aemond lo lasciò andare si portò davanti al grande specchio che riempiva la parete davanti al letto, ai suoi piedi c'era una grande cassettiera con diverse boccette e una spazzola di osso. Infilò la mano in uno dei cassetti e prese un soffice fazzoletto con cui si pulì le labbra macchiate di rosso.
"I nostri nipoti sono... qualcosa di interessante," commentò Daeron ora che aveva finito di bere. Il servitore aveva la testa appoggiata contro la sua spalla e gli occhi chiusi, era sveglio e stava riprendendo fiato.
Aemond ghignò e si appoggiò alla cassettiera, il legno che premeva contro la sua anca affilata.
"Non avevo mai visto nessuno parlare in quel modo a Viserys. Hanno il fuoco dei Targaryen che gli scorre nelle vene," disse con il sorriso che non dava segno di voler abbandonare le sue labbra.
"Ma hanno rinunciato alla nostra offerta," commentò Daeron che aveva visto le due serve e il servitore lasciare le stanze dei loro nipoti senza nemmeno un graffio.
Aemond sollevò le spalle, avrebbero dovuto aiutarli ad ambientarsi.
La testa del servo si fece più pesante contro la spalla di Daeron e lui gli lasciò un bacio sulla fronte.
Aemond storse il naso e scosse il capo.
"Se vuoi scopartelo va nella tua stanza," borbottò e Daeron ghignò, prendendo il giovane fra le braccia. Lui gli avvolse le braccia attorno al collo e appoggiò la testa contro il suo petto, gli occhi si minacciavano di chiudersi.
"Che ne dici?" domandò lui rivolgendosi al servitore che sollevò il capo.
"Vuoi passare la notte con me?" gli domandò.
Il servo batté lentamente le palpebre e poi annui.
Daeron ghignò e salutò suo fratello che gli aveva aperto la porta.

I Lupi sedevano nella loro tana.
Padre e figlio guardavano le fiamme danzare nel focolare. Il primo aveva una folta barba segnata da una spruzzata di grigio, i suoi capelli erano raccolti dietro la testa e mettevano in evidenza le rughe che gli segnavano la fronte e le guance. Il secondo aveva il viso squadrato e gli zigomi alti, il naso dritto e le labbra sottili. La barba che iniziava a chiazzargli le guance e il mento, i capelli lunghi fino alle spalle.
"Mio Signore," disse una donna entrando nella piccola e calda stanza. Lui le porse la mano e lei vi depositò la lettera che stava portando.
"Da parte dei Draghi," commentò lui spezzando il sigillo mentre suo figlio annuiva, le orecchie tese e pronte a cogliere ogni parola.
Suo padre non parlò, rise e gettò la lettera nelle fiamme. La carta si infiammò e il sigillo in cera si sciolse, appiccicandosi al fondo del focolare, raggruppando cenere e carbone.
"Chiedono un incontro. Sostengono di poter trovare la verità," disse posando gli occhi grigi su quelli di suo figlio.
I loro occhi erano estremamente simili, l'unica differenza era l'innocenza che li attraversava. Quelli di Rickon sottili e implacabili, quelli di Cregan grandi e vispi.
"Accetteremo?" domandò lui che non aveva idea di cosa avrebbe scelto suo padre.
I Targaryen li avevano offesi insinuando un loro coinvolgimento e Rickon avrebbe gradito vederli implorare un'udienza ma i Targaryen avrebbero potuto causare una guerra e i loro schieramenti, seppur più numerosi, non avrebbe resistito a un attacco di Draghi.
Daemon Targaryen avrebbe potuto sbaragliare tutti loro senza il minimo bisogno di aiuto. Se poi al suo fianco ci fosse stata anche Lady Rhaenyra... Cregan scosse il capo, non desiderava pensare a quell'evenienza.
Lady Rhaenyra e Daemon Targaryen. Un colonna di fuoco in mezzo a un campo ghiacciato.
Suo padre sorrise.
"Mettiamo fine a questa pagliacciata," sussurrò in un ringhio. I suoi occhi si fecero sottili, minacciosi, l'argento delle sue iridi brillò come ferro fuso. Le sue dita si aggrapparono al suo scranno e le unghie lasciarono profondi solchi nel legno bruno.
"Prepara il clan, partiremo all'alba," ordinò sospirando profondamente.
Suo figlio si alzò e la poltrona scricchiolò teatrale. Un tempo era sua madre a utilizzare quello scranno ma ora che Cregan era cresciuto era lui ad affiancare suo padre.
Porse un inchino a Rickon e senza aggiungere un'altra parola lasciò la stanza.

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