Capitolo 11:

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Due dita bollenti gli accarezzavano il petto. Un leggero solletico gli baciava la pelle, come se un formicaio fosse cresciuto sotto l'epidermide. Sottili capelli neri gli sfioravano il naso e il collo e le formiche lo raggiunsero anche lì.
Il respiro accaldato ma calmo gli sfiorava il mento e nonostante non potesse vederlo sentiva i suoi occhi scuri guardarlo. La guancia era premuta contro la sua spalla e le gambe corte ma muscolose erano intrecciate alle sue.
"Sarà sempre così?" domandò Joff e Daeron gli strinse un braccio attorno ai fianchi, tenendolo stretto il più possibile. Daeron sospirò e abbassò lo sguardo su di lui, incontrando gli occhi scuri di suo nipote. Le sue guance erano ancora rosse ma il bollore di poche ore prima sembrava averlo abbandonato. Nonostante questo però non dava segni di volersi allontanare dal corpo gelido di suo zio.
Daeron si chinò su di lui, reclamando la sua bocca e Joffrey gli andò incontro, avvolgendo le dita fra i suoi capelli, stringendolo contro il proprio corpo che bramava il tocco di quello zio tanto amato.
"È stata la tua prima volta," disse con dolcezza, gli passò una mano tra i capelli e poi lasciò un bacio sulla sua fronte fresca. La finestra che dava sulla balconata era ancora aperta e laddove Daeron era nudo, Joff era coperto da spesse coperte che suo zio gli aveva avvolto attorno alle spalle, assicurandosi che il gelo non fosse troppo per il suo dolce corpo.
"La prima volta è sempre la più irrazionale," disse portando lo sguardo sul soffitto.
Quella notte Joff non era stato l'unico a perdere il controllo. Daeron non aveva realizzato quanto lo desiderasse fino a quando le labbra di suo nipote erano state sulle sue. Lo aveva divorato istantaneamente, senza nemmeno rendersene conto. Era stato attirato dal suo corpo bollente come se il suo fosse troppo freddo.
Non si era mai sentito così vulnerabile come quella notte.
"Anche la tua lo è stata?" domandò Joff e Daeron ghignò.
"La prima volta che ho bevuto del sangue è stato quando avevo un anno. Non so che cosa feci ma distrussi qualcosa, di questo sono certo," disse iniziando ad accarezzare la schiena nuda di Joffrey. Lui rabbrividì sotto al suo tocco ma non si allontanò, continuando a rimanere premuto contro il suo corpo. Le loro gambe intrecciate sfregavano le une contro le altre, provocando piccole scintille di piacere che corsero lungo la schiena di entrambi e poi giù nel loro ventre, riaccendendo la passione di quella notte.
Joff sentì la propria erezione tornare a farsi sentire e imbarazzato cercò di nasconderla contro il materasso, ignaro del fatto che Daeron potesse chiaramente annusare la sua eccitazione.
"E allora che si è mostrato il tuo dono?" domandò Joff leccandosi le labbra. La pelle di Daeron era così liscia e soffice che avrebbe voluto affondarci i denti. Si domandò che cosa sarebbe successo se avesse bevuto il sangue di un altro della sua specie. Se il sangue umano lo aveva ridotto in uno stato di follia passionale, che cosa gli avrebbe fatto quello di suo zio?
Scivolò delicatamente su un fianco e le sue natiche sibilarono. Il dolore era passato ma un leggero pulsare rimaneva comunque a ricordargli ciò che era successo la notte prima.
"Esattamente. Madre dice che ho ridotto il pavimento della sua stanza a una lastra di ghiaccio," spiegò con un sorriso. Aegon diceva sempre che era caduto più di un centinaio di volte ma Daeron sapeva che non era vero, suo fratello maggiore sperava solamente di farlo sorridere più spesso.
Joff ridacchiò e si strinse di più contro il suo fianco, affondando il viso contro il suo collo bianco.
"Come ti senti?" gli domandò Daeron affondando una mano tra i suoi capelli neri.
Joff sospirò e sollevò le spalle.
"Mi fa un po' male il sedere ma sto bene... è stato... incredibile," disse nascondendo il sorriso contro la pelle di lui. In tutta la sua adolescenza non aveva mai avuto grandi possibilità di studiare il proprio corpo e imparare a darsi piacere, condivideva la stanza con i suoi fratelli e gli unici istanti in cui poteva essere completamente solo era quando si allontanava nel bosco alla ricerca di bacche e radici. Spesso si fermava più del dovuto solamente per infilarsi una mano nei pantaloni e reclamare il proprio piacere.
Daeron ghignò e gli baciò ancora la fronte.
"Non ti sei... pentito di quello che è successo?" domandò ancora Daeron. Joff scosse il capo e i suoi capelli solleticarono il naso dello zio che si trattenne dallo starnutire. Scivolò su un fianco, così da poter guardare il nipote bene in viso, volendosi assicurare che non gli stesse mentendo.
Joff gli sorrise, un sorriso così grande e sincero che gli avrebbe fatto battere il cuore se fosse stato vivo. Sulle sue guance si crearono due piccole fossette che misero in ombra le labbra rosse.
"No... mi è piaciuto," disse con sincerità.
"Insomma," e abbassò lo sguardo, le guance rosse e la lingua che sottile gli leccò le labbra. Scoprì che la sua bocca era screpolata, il freddo e l'attività della notte precedente dovevano aver messo a dura prova la sua pelle.
"Inizio a capire perché al sud hanno tutti così tanti figli! Se ogni volta è così incredibile..." disse sollevando gli occhi timidi sul viso di Daeron che gli accarezzò una guancia. Lo zio non ebbe il cuore di dirgli che nelle famiglie altolocate i figli non erano frutto dell'amore, e di un rapporto di piacere, e che nelle famiglie più povere più figli equivalevano a braccia per il lavoro.
"Possiamo... rifarlo?" domandò Joffrey appoggiando le mani contro il suo petto.
Daeron ghignò, i denti in bella mostra e i suoi occhi luminosi per la gioia. Gli accarezzò il viso e annuì. Joffrey sorrise gioioso, passandogli una mano fra i capelli bianchi.
"Ma ora è meglio se ci prepariamo... l'alba sta per sorgere e i Lupi arriveranno," disse fissando lo sguardo sulla balconata dove il ghiaccio era rimasto imperturbato e ora era coperto da uno spesso strato di neve.

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