Capitolo 15:

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Il viaggio con la pedana fu teso.
Jace non osava muoversi dal fianco di Cregan che, con un soffice telo avvolto attorno alla vita, si reggeva al suo fianco, appoggiando quasi con l'interezza del proprio peso. Aveva il collo piegato e la fronte premuta contro la sua spalla.
Rickon Stark era ancora nella sua forma animale e sedeva composto al fianco di suo figlio, gli occhi fissi davanti a sé.
Ser Harrold pareva infuriato. Aveva il viso rosso e la fronte coperta da spesse vene verdognole. Lanciava sguardi pieni di odio verso Otto Hightower che nudo stava in mezzo ai Lupi, gli occhi fissi sul bosco e le mani strette con pesanti catene.
Luke passava una mano contro la pelliccia di suo padre, gli occhi che passavano dalla bestia bianca alla piccola figura piegata sulla spalla di sua madre.
Harwin fissava il pavimento, congelato sul posto, forse non credeva ai propri occhi o forse non voleva crederci.
Joff e Daeron sedevano in un angolo, il giovane Targaryen non aveva ancora sollevato il viso dalle ginocchia, doveva aver usato troppo potere in poco tempo e quello lo aveva lasciato spossato.
Joffrey gli accarezzava delicatamente la schiena con movimenti robusti e circolari, cercando di aiutarlo a riprendersi.
Al loro fianco, avvolto dalle catene, il Lupo dalla pelliccia grigia si era ripreso. Non aveva ancora assunto la propria forma umana ma Jace sapeva che sarebbe bastato un singolo comando di Rickon per far mutare quella bestia.
Daemon sembrava l'unico a essere allegro. Si dondolava sui talloni come se fosse stato un bimbo. Aemond era al suo fianco, così vicini che le loro spalle si sfioravano e visti in quel momento potevano quasi sembrare fratelli. Stessa altezza e stessi tratti affilati. Posa identica e sicura.
Quando raggiunsero il palazzo Rhaenyra fu la prima a scendere dalla pedana e Ser Harrold fu l'ultimo.

Jace rimase stupito quando un gruppo composto da dieci soldati uscì dalle pesanti porte nere. Non aveva mai visto delle guardie, non credeva nemmeno che un luogo come la Barriera ne possedesse.
"Portate i prigionieri nelle segrete," ordinò Daemon e Rhaenyra consegnò Larys a una delle guardie. Lo fece con delicatezza, come se si stesse separando da un figlio ma Jace dedusse fosse solamente un apparenza per mantenere Harwin calmo, suo padre non avrebbe apprezzato se suo fratello fosse stato sbattuto in terra al pari di una pezza.
"Cosa facciamo adesso?" domandò Luke mentre Aemond si fermava alle sue spalle. Le sue gambe tremavano leggermente ma era bravo nel nasconderlo.
Rhaenyra si voltò verso di loro ma fu Rickon a parlare.
"Mio figlio ha bisogno di riposo," disse sollevando lo sguardo su Cregan che era ancora appoggiato a Jace. Il giovane Drago si ritrovò a ringraziare la forza ereditata dal lato materno altrimenti non avrebbe mai potuto sorreggere il suo amico.
"Jace, porta Cregan in una delle stanze libere," ordinò Rhaenyra.
Suo figlio annuì e avvolgendo un braccio attorno alla vita di Cregan iniziò a risalire le scale. Avrebbe potuto sollevarlo e prenderlo fra le braccia ma dubitava che il giovane Lupo avrebbe gradito quel trattamento.
"E anche voi andate a riposare," continuò guardando i suoi figli e fratelli.
Daeron annuì sollevato e senza aspettare oltre si incamminò inseguito da Joff e Luke che si fermò all'ultimo istante, assicurando che Aemond li stesse seguendo. Lo zio esitò per un istante e poi si mosse, affiancando il nipote. Insieme superarono le porte.
Rhaenyra si voltò verso Daemon, sollevò un pugno e lo colpì dritto in viso, spedendolo diversi mentre più in là, fino a quando lo zio andò a sbattere la schiena contro le ringhiere di pietra nera che si incrinò lievemente, un pezzo di sasso cadde verso il basso e andò a incastrarsi nello spesso strato di neve fresca.
Daemon si massaggiò la testa con occhi chiusi.
Rhaenyra marciò verso di lui e si fermò tra le sue gambe divaricate.
"Hai messo in pericolo i miei figli!" sibilò con occhi fiammeggianti.
Lui sollevò lo sguardo.
I Lupi, Ser Harrold incluso, li guardavano con stupore.
"Era tutto sotto controllo," ribatté Daemon tirandosi a sedere. Rhaenyra gli aveva dato una bella botta, il livido violaceo che aveva macchiato lo zigomo stava già scomparendo, cedendo il posto alla pelle candida.
"Tutto sotto controllo!? Avrebbero potuto morire! Sarebbero morti se non fosse stato per Aemond e Daeron!" sibilò con i canini aguzzi che le bucavano il labbro che si tagliava e ricostruiva così rapidamente da rischiare di assorbire al suo interno anche i denti. La saliva le bagnava la bocca, rendendola sensuale e succulenta.
"Tu ne eri al corrente!?" domandò rivolgendosi a Rickon Stark.
Il Lupo inclinò il capo. L'Alto Valyriano non era una lingua a lui conosciuta.
Rhaenyra si leccò le labbra e mimò un profondo respiro, chiuse gli occhi e portò le mani al ventre, accarezzando la pelle coperta di rosso e nero.
Ripeté la domanda.
"È stata una mia idea," disse Rickon riassumendo l'aspetto umano. Avrebbe continuato a indossare la pelle del Lupo ma temeva che una madre infuriata fosse più disposta a parlare con suo simile.
"Quindi hai messo volontariamente i miei figli in pericolo?" domandò Rhaenyra con tono piatto, minaccioso.
Daemon si alzò in piedi e si appoggiò al parapetto, cercando di costringere le proprie gambe a collaborare. Il colpo che Rhaenyra gli aveva assestato non era micidiale come molti di quelli che aveva subito in passato ma pure per un immortale la testa rimaneva un punto delicato, avrebbe potuto spaccarsi il cranio e avrebbe impiegato mesi per guarire.
"Non sapevo che i Lupi fossero tre. Cregan avrebbe potuto gestire un solo avversario e con l'aiuto di Jacaerys l'avrebbero annientato," disse Rickon mentre la neve si posava delicata sulle sue spalle, sciogliendosi per poi correre lungo il suo corpo come sottili ruscelli.
Rhaenyra gli si avvicinò, era più bassa del vecchio Lupo eppure lui fece un passo indietro, percependo in lei la furia di una madre.
"La prossima volta che pensi di usare i miei figli come esca gradirei essere informata," sussurrò per poi voltargli le spalle e sparire oltre le pesanti porte.
Daemon ghignò esasperato e si passò una mano contro la fronte. Ora che la testa aveva smesso di girare si sentiva decisamente meglio.

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