Prologo

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30 settembre 1938

Un sole ancora estivo batteva sulle lapidi del cimitero di Graz. Una ragazza, all'ombra di un cipresso, era seduta accanto ad una tomba. Aveva portato dei fiori e, lentamente, stava strappando i fili d'erba che crescevano attorno alla pietra che ricordava Sarah Schweiz, morta nel 1933 nel suo novantaquattresimo anno di vita.
"Nonna... " sussurrava la ragazza. "Ogni mattina mi alzo e mi ricordo le tue parole. Ho imparato a prendere le mie scelte e a non avere rimpianti. Ho sbagliato tante volte in questi anni, che ormai sono cinque da quando te ne sei andata e mi manchi..."
Una lacrima solitaria scese dalla guancia della ragazza.
"Vivi ogni istante della tua vita, perché è destinata a finire. Adesso è giunto il mio momento e vorrei che tu non mi dimentichi mai. Ricorda le mie parole: fai di tutto per sopravvivere e ricordati che devi morire."
Quelle parole, sussurrate nel silenzio di quel cimitero come una silenziosa preghiera erano state, cinque anni prima, le ultime parole pronunciate dalla bisnonna di Dalila.

La radio dell'autobus che l'avrebbe riportata a casa ripeteva da ormai due ore le stesse parole. Hitler stava contrattando a Monaco con Chamberlein e Daladier sulla questione in Cecoslovacchia. In Austria, le opinioni erano divise. C'era chi voleva scatenare una guerra per conquistare tutta l'Europa orientale, mentre altri preferivano la pace a vent'anni dalla fine della Grande Guerra.
Quando l'autobus si fermò a Hitzendorf Dalila fu sollevata. Non ne poteva più di politica, ormai non si parlava mai di altro. Percorse con calma il viale che l'avrebbe portata al centro del paese. Appena intravide le prime case in fiamme, però, si mise a correre.
Appena arrivata davanti al suo giardino il suo cuore si fermò. Le fiamme avevano consumato quasi del tutto il legno e rimanevano in piedi solo i pilastri portanti. Della sua famiglia non c'era traccia.
Si guardò intorno. Non tutte le case erano distrutte. Alcune non erano state toccate. Si avviò verso l'emporio dei suoi zii. Era stato distrutto anche quello. Nessuno che fosse anche lontanamente imparentato con lei era rimasto, e così era successo anche ad altre due famiglie.
Entrò in quello che una volta era stato il negozio di suo zio, dove faceva i compiti con i cugini mentre i loro genitori giocavano a carte nei pomeriggi delle feste. In un angolo vi era ancora una scatola miracolosamente salva. La aprì e vi trovò dei libri, qualche vestito della zia e, cuciti nelle tasche, dei soldi. Molti soldi, che erano sfuggiti a chi aveva scatenato quell'inferno.
Stavano pensando di partire.
Prese lo scatolone e corse nel retro dove trovò una borsa abbastanza capiente per contenere tutto.

Era quasi sera. Sgattaiolò per i vicoli sperando che nessuno si accorgesse di lei. Arrivò alla fermata della corriera che portava a Graz. L'ultimo mezzo passò pochi minuti dopo. Salì e fece il biglietto.
"Dove va di bello, signorina?", le chiese l'autista.
"A Berlino.", sussurrò fredda mentre si dirigeva verso l'ultima fila di posti.
Fai di tutto per sopravvivere e ricordati che devi morire.
"Vedrò di non pentirmi di questa scelta, nonna."

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