Distanza

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25 gennaio 1941

"Non mi spiego come mai tu sia già tornato, ragazzo..."

"A quanto pare il Giappone ha firmato tutti i trattati e presto sferrerà il suo primo attacco."

"Non dovevi tornare solo dopo?"

"Mi hanno richiamato. Il Maresciallo Zero ha scritto una missiva in cui ordinava il mio rimpatrio. O meglio, la mia partenza per l'Italia."

"Capisco."

"Davvero?"

"In realtà, no. E la ragazza?"

"Kiyomi era una delle figlie della famiglia presso cui alloggiavo. Durante questi due anni mi ha tenuto compagnia e si è affezionata a me, tanto che appena ha saputo della mia partenza si è nascosta nel convoglio per seguirmi. Quando l'ho scoperta eravamo già a metà strada e non mi sembrava sicuro rimandarla indietro."

"La sua famiglia lo sa?"

"Mandiamo regolarmente delle lettere. Credo che a questo punto, anche se tornasse sarebbe rifiutata e disconosciuta. I Giapponesi tengono molto all'onore..."

"E tu, Maggiore?"

"Io non l'ho toccata, Colonello."

"Però è meglio che le truppe credano il contrario. È il modo più semplice per proteggerla e adesso è sotto la tua responsabilità."

"Sì, signore."

I due uomini erano seduti ad un tavolo in una taverna nel centro storico di quella città affacciata sul Po. Intorno a loro, la piazza era animata dal mercato che nonostante la guerra si teneva regolarmente. Erano tanto assorti nella loro discussione che non notarono le due ragazze che camminavano a braccetto tra le bancarelle ridendo come se non si parlassero da tempo; non notarono il ragazzo che le seguiva controvoglia, pochi passi indietro; non notarono nemmeno il sole che temperava, seppur di poco, quel gelido sabato di gennaio.


"Ci sono un sacco di tedeschi, Dalila! Sono tuoi connazionali!"

"Non dire così Rita, sai che mi da fastidio."

"Non ti piacciono i tedeschi?", si intromise Mauro allungando il passo per affiancarsi alle ragazze.

"Dovrebbero piacermi?"

"In fondo, anche tu sei tedesca. Almeno in parte, no?"

Dalila si morse il labbro ricordandosi della prima bugia detta al ragazzo. In fondo, era stata anche l'ultima...

"Sì, però non è così semplice...", balbettò.

"Non te l'ho mai chiesto, ma... Perché sei scappata dalla Germania?", chiese sovrappensiero mentre un dubbio attraversava il suo sguardo. La ragazza lo notò e strinse la mano di Rita in cerca di aiuto.

"Mauro, guarda! Ci sono i pulcini! Chissà quando nasceranno i nostri?", urlò indicando una bancarella piena di gabbie.

"Mancano pochi giorni...", le rispose distrattamente e riprese a camminare. La questione era stata rimandata, per il momento.

Nessuno dei tre osò più nominare i soldati che quel giorno erano particolarmente numerosi in città, come se qualcosa di grosso si stesse preparando e come se quel qualcosa dovesse cominciare proprio da lì...

Entrarono in una bottega per le ultime compere. Dalila fissò involontariamente il cartello esposto, ormai da anni, in tutti i negozi italiani.

"Vietato l'ingresso a cani ed ebrei."

Ormai non ce n'erano più, in Italia. Né cani, morti di stenti perché abbandonati a sé stessi; né ebrei, spariti chissà dove dagli ultimi anni trenta. Mauro notò quello sguardo sfuggente, ma non disse nulla. Il sospetto che si era formato nella sua mente prese forma. Ne avrebbero parlato a casa, in un luogo sicuro.


"Sono stanchissima!", si lamentò Rita. Avevano camminato tutta la mattina, finché Dalila non aveva chiesto di tornare a casa. Rita aveva notato di sfuggita come i peli sulla sua nuca fossero sollevati e come avesse irrigidito i muscoli del braccio. Aveva dato manforte alla ragazza, e Mauro aveva semplicemente annuito.

"Dobbiamo parlare.", disse il ragazzo non appena si fu tolto gli stivali.

"Lo so.", annuì Dalila piano, quasi spaventata. Rita non l'aveva mai vista così, nemmeno i primi giorni che aveva passato con loro, quando ancora inseriva parole tedesche in tutte le sue frasi.

"Andiamo in soggiorno."

Le ragazze lo seguirono in silenzio.

"Cosa vuoi sapere esattamente?", chiese Dalila sulla difensiva.

"Tutto. So che probabilmente non sono la persona di cui ti fidi di più, ma meglio dissipare i dubbi, non credi?"

"Va bene."

"Chi sei tu in realtà?"

"Io sono Dalila Wolff, austriaca. Sono una lontana cugina di Marta."

"Quindi non del dottore."

"Esatto."

"Cosa ci fai qui? Perché non sei in Austria?"

"Poco dopo l'Anschluss, i tedeschi hanno attaccato il mio paese."

"Alla faccia dell'annessione pacifica... Hanno distrutto tutto il borgo?"

"Solo alcune case."

"Tra cui la tua."

"La mia, quella dei miei zii. E altre ancora..."

Le sue mani cominciarono a tremare. Rita aprì la bocca per parlare ma Mauro la fermò.

"Meglio tutto in un colpo solo.", le sussurrò prima di rivolgersi di nuovo a Dalila. "Erano tuoi parenti?"

"Non tutti,ma della mia famiglia non è rimasto nessuno. A parte me..."

"E perché avrebbero distrutto la tua casa?"

"Perché mia nonna Sarah era ebrea. E i geni ebrei, o quello che sono, si ereditano dalla madre, dal ramo femminile della famiglia."

"Hanno ucciso la sua discendenza."

Rimasero tutti in silenzio, a guardarsi muti per qualche secondo.

"Mi denuncerai?"

"Ti puoi fidare di me."

"Grazie."

"Non c'è niente per cui ringraziarmi."

"Ti sto mettendo in pericolo. Sia te che Rita. Era meglio non sapeste niente."

"So mantenere un segreto, stai tranquilla. E poi, Rita non sa niente. Vero?"

La ragazza annuì vigorosamente e Mauro sorrise incoraggiante.

"Dovresti evitare di leggere i cartelli all'ingresso dei locali. Sono lì da anni e nessuno ci fa caso, a meno che non si senta in qualche modo preso in causa."

"E anche i soldati tedeschi sono qui da tanto tempo...", cominciò Rita.

"Beh, quelli li guardo male anche io...", la interruppe Mauro.

"Uno di loro ti ha spezzato il cuore?", lo punzecchiò la ragazza. Si girarono entrambi verso Dalila che aveva sussultato vistosamente. Qualcosa, in quella conversazione l'aveva turbata ancora di più. "Scusa. Non dovevamo litigare anche su questo..."

"C'è altro che ci vuoi dire?"

"No. Meglio di no. Per favore..."

"Quando hai voglia di parlare, noi siamo qui. Cioè, Rita è sempre qui.", sorrise Mauro, questa volta davvero deciso a cambiare argomento. Dalila sorrise grata.

Si avviarono verso la cucina per pranzare, mentre Rita e Mauro si perdevano in uno dei loro soliti bisticci.


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