Parte 2 - Italia

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7 giugno 1940

Erano passati diciotto mesi da quando Dalila aveva abbandonato Berlino. Era scappata appena in tempo. Nel settembre del 1939 Hitler aveva attaccato la Polonia conquistandola in quasi quattro settimane. Francia e Inghilterra avevano dichiarato guerra alla Germania, senza però intervenire di fatto. In Italia, nonostante il Patto d'Acciaio, era prevalsa la linea della non belligeranza. In quei giorni tutto il paese si era raccolto nella casa del dottor Carlo, il pediatra di Castello e di fatto l'unico medico della zona. Sua cugina Marta, moglie di Carlo, le aveva spiegato che la loro casa era l'unica in paese ad avere la radio. La ragazza si ricordava le facce preoccupate degli adulti e il silenzio inconsueto quanto spaventato dei bambini. Dopo la Grande Guerra, la maggior parte degli Italiani avrebbe preferito non iniziarne un'altra. O almeno, così sembravano andare le cose a Castello.

Quando fu chiaro che la guerra era lontana dai confini italiani, tutto tornò normale. Anche le lezioni private che il dottore faceva agli adolescenti del paese che avevano finito le classi obbligatorie, ma che non potevano permettersi di andare alle superiori in città, ripresero regolarmente. Quando c'erano tutti erano in cinque, compresa Dalila.
Maria aveva appena compiuto quattordici anni, ma era la più sveglia del gruppo. Portava un paio di occhiali e le trecce. Era figlia di un orefice che aveva preferito mandare a scuola il figlio maschio. Lei, pur di imparare qualcosa e soddisfare l'innata curiosità che la distingueva sin da bambina, aveva chiesto al dottore di poter partecipare in silenzio alle lezioni che dava a sua figlia Rita, di un anno più grande. Era iniziato tutto così. Il dottore aveva accettato a patto che lei trovasse altre due persone che seguissero la lezione. Lei trovò due fratelli, Giorgio e Carlo, omonimo del dottore che tutti chiamavano Carletto.

Giorgio era il più grande, diciotto anni e un lavoro che lo occupava la mattina nei campi. Carletto aveva due anni in meno e la famiglia non era ancora tanto disperata da mandare a lavorare anche lui.
Quando Dalila era arrivata, Carlo le aveva chiesto di unirsi a loro e, non avendo altro da fare nei pomeriggi afosi della pianura Padana, lei aveva accettato.
Ormai, si muovevano sempre in gruppo ed andavano molto d'accordo.
Quel pomeriggio decisero di andare a Parma, una città vicina abbastanza grande. Presero le biciclette e pedalarono veloci come il vento.

In città c'era il mercato della domenica e la folla rumorosa si muoveva tra le vie strette della città antica. Le massaie, cestino al braccio, contrattavano per ogni verdura. I prezzi erano saliti negli ultimi giorni e chi non aveva un proprio orto cominciava a preoccuparsi. Ogni soldo risparmiato per i pomodori sarebbe comunque andato speso per le arance. Non c'era modo di salvarsi dall'inflazione e le donne lo sapevano. Ciò che non sapevano, però, era il motivo che aveva causato l'aumento dei prezzi.

Gli uomini ascoltavano la radio sempre più spesso, in parte per sentire i discorsi del Duce, in parte per poter provare a prevedere le sorti della guerra che infuriava in Europa. Molti si chiedevano come mai l'Italia non fosse ancora intervenuta e alcuni cominciavano a dare segni di impazienza. Bisognava difendere l'onore della razza anche nella penisola e riconquistare Istria e la Dalmazia.

La guerra stava volgendo al termine a favore dei Tedeschi. Bisognava intervenire per dividere con loro la gloria e i territori.
Le radio, tra una canzone e l'altra, smuovevano le coscienze e risvegliavano nell'italiano quell'innato patriottismo che lo avrebbe portato, per l'ennesima volta, a combattere una guerra non sua.

I ragazzi non si interessavano di politica. Giorgio ascoltava i discorsi degli adulti e li ripeteva, senza capirne del tutto il significato, mentre Carletto era occupato a studiare sempre nuovi modi per attirare l'attenzione di Maria.

Le ragazze preferivano non pensarci. Sapevano che la guerra portava via gli uomini dalle città, sapevano che in quei tempi la politica vera non esisteva. Non c'erano partiti e non c'erano rappresentanti in grado di prendere decisioni. Tutto il Paese era in mano ad un solo uomo e loro speravano semplicemente che prendesse la strada più cauta. Ma quando un essere umano dispone di milioni di vite, queste ai suoi occhi perdono significato e si ritrova a cercare qualcosa di più importante che solo lui sembra vedere.

Non comprarono niente. Tornarono a casa appena prima dell'ora di cena e Marta li invitò a rimanere.

"Buon compleanno, Dalila!"

Erano tutti seduti intorno al tavolo e chiacchieravano, quando Marta entrò con una torta.

"Ve lo siete ricordati...", Dalila guardò i presenti stupita.
"Io mi ricordo ogni singolo anniversario, vuoi che mi scordi proprio del tuo compleanno?"

"Non dovevi disturbarti così tanto... Hai pure fatto una torta! E voi mi avete tenuta occupata tutto il pomeriggio!"

"Se c'è una cosa che sappiamo fare, è tenere occupata la gente!", sentenziò Carletto e tutti scoppiarono a ridere.

"Marta, come hai fatto a trovare della cioccolata?", Dalila guardò la cugina sospettosa.

"Non è cioccolata. C'è un cucchiaio di cacao e basta."

"Non è possibile!"

"Sono nocciole...", le interruppe il dottor Carlo.

"La ricetta me l'ha passata la madre di un paziente di Carlo. Così è addirittura meglio del cioccolato..."

"Hai ragione, mamma! Me ne dai un'altra fetta?", esclamò Rita, la figlia maggiore.

"Adesso hai diciotto anni, Dalila.", disse Giorgio.

"Sì...", gli occhi della ragazza si intristirono per qualche secondo ripensando a tutte le cose che aveva perso in quei due anni. Poi tornò a sorridere ai suoi amici e alla famiglia di Marta, alla sua famiglia.

"Dovresti iniziare a comportarti come una vera signorina.", iniziò Maria raddrizzando la schiena. "Sorridere ai ragazzi, ma non troppo. Truccarti, ma non troppo. Camminare con la schiena diritta, ma..."

"La vita di voi ragazze è tutta un ma non troppo. Deve essere proprio noiosa...", biascicò Carletto non appena ebbe spazzolato via la sua fetta di torta.

"Ne vuoi un altro pezzo, Carletto?", domandò Marta e glielo mise nel piatto non appena il ragazzo annuì con gratitudine.

"Dalila non guarda nemmeno i ragazzi.", disse Rita. "È una cosa sconvolgente. Secondo me ha già qualcuno in Germania!"

"Ma no, cosa dici...", la ragazza arrossì.

"Ragazzi, basta. Non mi pare il caso di parlare di certe cose...", la difese Marta mentre suo marito rideva sotto ai baffi.

"Io devo andare, è tardi.", disse Maria guardando preoccupata l'orologio.

"Vuoi che ti accompagni, per rassicurare i tuoi genitori?", le chiese Marta.

"Non ce n'è bisogno. Se mi sbrigo, arriverò in tempo per il coprifuoco."

"Ti accompagno!", saltò Carletto. "Una signorina non può fare tutta quella strada da sola."

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