Gelo

103 7 1
                                    

16 gennaio 1941

La neve aveva coperto le colline di Castello e la notte aveva steso le sue braccia sulla casa del dottor Ferrari.

Era da poco passata la mezzanotte e l'edificio era buio, solo nel camino ardevano tronchi di legno ormai quasi del tutto consumati. Nonostante l'apparenza, però, la casa era piena di persone.

Dalila si era trasferita nella camera dei bambini, dove avevano unito i letti per permettere a quattro persone di dormirci. La sorella del dottor Carlo, vedova di guerra da poco e con quattro figli da sfamare, si era trasferita da loro e la terza figlia, di tre anni, dormiva con loro.

I due figli maggiori, un maschio di dodici e una femmina di otto anni, dormivano con la madre nella stanza che prima era di Dalila. Ci avevano anche portato una culla per il fagottino di pochi mesi che ormai non piangeva nemmeno più nel bel mezzo della notte svegliando tutta la casa.

Marta dormiva in una camera destinata al personale di servizio, accanto a quella della domestica, mentre la sua camera era occupata da una vecchia zia e dai suoi tre nipoti, orfani da anni di madre e con il padre in chissà quale parte della penisola balcanica.

Una sagoma alta e scura si alzò dal divano in soggiorno. Si avvicinò al camino e attizzò il fuoco perché nessuno quella notte prendesse freddo. Prese un tronco a lato del camino e lo buttò tra la cenere. Prese fuoco in fretta e le fiamme illuminarono il volto lungo e stanco di Mauro. Durante le prime nevicate era scivolato con la sua vecchia bici per colpa, a detta sua, di un veicolo militare che aveva rischiato di investirlo. Quel colpo di fortuna gli aveva regalato l'esonero dalla leva e lui sperava che nessuno se ne ricordasse. Era guarito in fretta e aveva chiesto a Marta se poteva vivere con loro, per proteggerle e aiutarle in cambio di un tetto sotto cui dormire. Così, anche lui era entrato a far parte di quella rumorosa famiglia.

Quindici anime, tutte sotto lo stesso tetto. Tutte che respiravano la stessa aria, che mangiavano lo stesso pane e che combattevano insieme per poter dare a tutti quei bambini abbastanza cibo per sopravvivere quel freddo inverno.

Il sonno delle donne era calmo e regolare, perché non rimanevano loro tante forze dopo una giornata passata in fabbrica a spaccarsi le ossa per uno stipendio da fame.

Quando il sole spuntò, Dalila e Rita aprirono tutte le tende e gli infissi del piano terra per permettere a più luce possibile di entrare in quella casa. Aprirono qualche finestra qualche minuto, per cambiare aria, e passando accanto al divano tirarono la coperta che il ragazzo addormentato si era arrotolato intorno al corpo. Quest'ultimo reagì d'istinto e afferrò la coperta, ma le ragazze non si arresero e riuscirono a rubargliela facendolo al contempo cadere per terra.

Le imprecazioni soffocate di Mauro le seguirono fino in cucina dove accesero la stufa per poter scaldare il pane del giorno prima. Un lieve bussare alla porta posteriore le informò che era appena arrivato il latte.

Con gli stipendi di Marta e della cugina del dottore, la pensione della zia e ciò che Mauro guadagnava facendo solo lui sapeva cosa, non rimanevano mai a bocca asciutta, anche se a volte il cibo era poco.

La vecchia domestica era senza famiglia, e aveva deciso di rimanere insieme a loro. Si sarebbe alzata pochi minuti dopo le ragazze e avrebbe iniziato a preparare il pranzo e pulire le camere mentre le ragazze andavano in città cercando buone occasioni per sfamare tutte quelle bocche.

Le conserve di Dalila stavano finendo e sperava che l'inverno finisse il prima possibile per poter ricominciare a curare il suo orto.

"Oggi non tornerò in tempo per il pranzo. Devo andare lontano questa volta.", biascicò Mauro entrando in cucina.

"Ti teniamo da parte qualcosa?"

"In realtà non so nemmeno se tornerò in tempo per cena, ma questo lavoro mi frutterà abbastanza soldi..."

"Allora di preparo un panino.", si offrì Dalila. Prese il pane più fresco che riuscì a trovare e lo farcì con del tonno. "Ne vuoi uno anche con la marmellata?"

"Se hai voglia di prepararmelo, sì."

"Ecco a te!", la ragazza arrotolò il pranzo in uno straccio pulito e lo passò a Mauro.

"Grazie Dalila. Se vedo qualcosa di bello nella città in cui vado, te lo comprerò."

La ragazza sorrise. Mauro poteva permettersi di vivere da solo, ma si era trasferito in quella casa perché non voleva stare da solo. Aveva un debito di riconoscenza con il dottore, a cui ogni tanto accennava, e a Marta era sembrata una buona idea avere un uomo in casa, per scoraggiare eventuali malintenzionati.

"Se si tratta di dolci, accetto più che volentieri...", si intromise Rita.

"Ehi, peste! Ho detto che li compravo a lei, non a te..."

"Beh, allora domani ti preparerò io il pranzo!"

"Non vale, questa non è gentilezza..."

"Sei un'ingrato!"

"E tu un'opportunista."

"Bambini basta!", li fermò Dalila ridendo.

"Io vado. Prima parto, prima ritorno. Ci vediamo stasera...", il ragazzo uscì dalla porta posteriore e si diresse verso la bici zoppicando leggermente.

"Stai attento!", gli gridò Rita. "Se ti rompi di nuovo qualcosa come farai?"

"Questa volta ci sarai tu a prenderti cura di me..."

"Scordatelo!"

Dalila rise di gusto all'ennesimo bisticcio di quei due. Aprì una mensola e prese piatti e bicchieri per tutti. Presto la casa non sarebbe stata silenziosa. Mentre la domestica, vestita di tutto punto con la sua solita divisa pulita e stirata, preparava la colazione e apparecchiava la tavola, le ragazze uscirono nel cortile e portarono da mangiare alle poche galline che erano riuscite a procurarsi prima dell'inverno.

"Dalila, secondo me non è una buona idea lasciar covare quella gallina. Su quante uova è distesa?"

"Non ti preoccupare. Mancano due settimane alla schiusa, non avrebbe senso muoverla adesso. Accontentiamoci di dividerla dalle altre galline. Così avremo almeno qualche uovo ogni tanto."

"Ma è fuori stagione!"

"Che importa se la teniamo al caldo?"

"Ho capito."

Rita si avvicinò alla chioccia che già guardava storto le altre galline e spostò la rete che le avevano disposto intorno per evitare che le altre galline covassero accanto a lei. Le versò dell'acqua e riempì la ciotola con le sementi.

"Come faremo con i pulcini?"

"Qualcosa ci verrà in mente... Possiamo provare a chiedere a Mauro. Lui ne sa una più del diavolo... Sono certa che troverà la soluzione anche a questo."

"A proposito di Mauro...", cominciò Rita, ma si bloccò a metà della frase e si guardò i piedi. Dalila aprì bocca per parlare ma nella stalla entrò Marta e le chiamò per fare colazione.

"Sbrigatevi, oggi sarà un'altra lunga giornata."

Memento moriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora