Capitolo 5

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Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. -Seneca

Tentai di muovermi ma un peso mi bloccava il braccio, mentre una fitta mia attraversava lampante la schiena. Mi girai cautamente, notando un'assopita Sabrina che se ne stava accoccolata sulla mia spalla. La sua bocca era schiusa, e i suoi capelli ricadevano disordinati sul cuscino. Una leggera coperta copriva i nostri corpi, che si riscaldavano abbastanza a vicenda. Liberai il mio arto dalla sua presa, muovendomi piano per non destarla dalle braccia di Morfeo. Mi allungai verso il tavolo che dominava in quella stanza, recuperando così il mio telefono, dall'angolo in cui era stata abbandonato la sera precedente. Mi accorsi di essere mostruosamente in ritardo e così, più di quanto fosse umanamente possibile, mi vestì tendando poi di recuperare tutte le mie cose. La salutai con un tenero bacio sulla fronte, promettendo a me stessa che, una volta arrivata in ufficio, le avrei mandato un messaggio. 

Scesi i gradini a due a due, cercando di recuperare più tempo possibile, mentre tra le mie mani stringevo il telefono e tentavo di rispondere alla decine di chiamate ricevute dai miei collaboratori. Mi precipitai fuori dal portone, correndo verso la macchina, mentre il viso della mora mi inondava i pensieri. Non avrei voluto lasciarla, non così almeno, avrei voluto fare colazione, darci il bacio del buongiorno e quello di buona giornata. Ma la sera prima, perse nei nostri discori, avevamo fatto le ore piccole e, conoscendola, non si sarebbe svegliata prima di mezzogiorno. Il suo sorriso apparve davanti ai miei occhi, mentre la voglia di assaporare le sue dolci labbra cresceva in me. 

Andavo a tutta velocità, il mio piede premeva sull'acceleratore mentre io sorpassavo le auto che intralciavano la mia strada. Se la romana fosse stata con me, niente o nessuno mi avrebbe salvata da una sfuriata, ma fortunatamente lei in ora con me ed io non potevo permettermi una velocità moderata. Arrivai in poco tempo agli studi, ed attraversai grandi falcate quel labirinto di corridoi alla, ormai disperata, ricerca del mio studio. Aprì con veemenza la porta, trovandomi davanti una mezza dozzina di persone che, almeno a detta loro, necessitavano il mio aiuto. Trascorsi la mattinata a stilare scalette, contattare ospiti, ed organizzare le successive registrazioni, dimenticandomi completamente della mia vita privata. 

Riuscì ad avere un attimo di pausa prima della registrazione di quel pomeriggio, e cercai di mettere qualcosa sotto i denti, vista anche la mancata colazione di quella mattina. Ma anche quel momento di pausa fu interrotto da un susseguirsi di richieste, e messe a punto. Il pomeriggio fu piuttosto monotono, e spesso mi perdevo tra i miei pensieri mentre guardavo i ragazzi esibirsi. Le urla degli insegnanti mi destavano di tanto intanto, richiedendo disperatamente il mio intervento. Si era ormai fatta sera e mentre, a passo stanco e trascinante, mi dirigevo verso il mio ufficio, sentì il mio cellulare vibrare tra le mie mani. Volevo ignorarlo, temendo degli ennesimi problemi, ma qualcosa mi spinse almeno a vedere chi mi stesse chiamando. 

Il suo nome compariva sullo schermo, mentre io lasciavo che un sorriso si facesse spazio sul mio volto. Solo il suo pensiero mi mandava in agitazione, facendomi battere il cuore a mille, manco avessi corso una maratona. Percorsi a grandi falcate i pochi metri che mi separavano dal mio studio dovrei sarei stata al sicuro da orecchie indiscrete, e, dopo essermi assicurata di aver chiuso la porta alle mie spalle, spinsi quel tasto verde. 

"Hei Bri" le dissi io, il mio tono di voce trasudava felicità. Mi lasciai cadere sgraziatamente sul divano e, tenendo il telefono in una presa tra la mia spalla e il mio collo, mi allungai a slacciare le scarpe. Un silenzio assordante proveniva dall'altro capo, ed io lasciai che il mio sorriso si spegnesse leggermente. "Sabri" la chiamai ancora, cercando di smorzare l'ansia nel mio corpo. 

"Ti sei pentita?" mi chiese lei ad un tratto, il tono di voce spezzato causò in me un dolore fisico. Sentì il mio cuore stretto in una morsa, mentre i miei occhi si velavano di lacrime. Persi l'abilità di parola, a causa di un nodo che mi si era formato in gola. Una singola lacrima minacciò di liberarsi dalla stretta presa delle mie ciglia, ed io tentai con tutta me stessa di ricacciare quel mare salato nel mio dotto lacrimale. 

"No...non mi sono pentita di nulla. Perchè...perchè lo pensi?" riuscì finalmente a parlare io, sforzandomi di stemperare l'ansia che, come un parassita, mi mangiava da dentro. La lacrima salata riuscì a liberarsi scorrendo, contro ogni mia volontà, libera sulla mia pelle. 

"Te ne sei andata, m'hai lasciata sul divano sen...senza manco na parola" mi rispose lei, e solo allora mi ricordai di non averle più mandato quel messaggio, che tanto mi ero ripromessa. Mi maledì mentalmente per quella mia dimenticanza, vedendo sopratutto che piega aveva preso quel mio errore. 

"Mi sono solamente dimenticata di scriverti, ma ci ho pensato...sta mattina. Non volevo lasciarti, e ho avuto una terribile giornata...mi dispiace" le dissi io, tutto d'un fiato cercando contemporaneamente di difendere me stessa, e di farle capire che mai mi sarei pentita. Come potevo tornare indietro dopo che lei era ciò che sognavo da una vita, niente o nessuno sarebbe mai stato in grado di farmi pentire di quello che avevo fatto. Ancora mi portavo dietro il dolce sapore delle sue labbra sulle mie, ed ancora sentivo la sua pelle calda sotto il tocco dei miei polpastrelli. 

"Non puoi fare così, come se poi io non esistessi. Ti sei dimenticata de me, me potevi svegliare almeno" mi disse lei, la sua voce era molto scossa ed io già me la immaginavo a tremare tutta. Mi rannicchiai in una angolo del divano rosso, unica nota di colore di quello studio dall'atmosfera asettica, dove solitamente, prima o dopo una registrazione, passavamo il tempo a raccontarci aneddoti o a prenderci in giro. Quante volte avevo sognato di baciarla e farla mia, proprio nel punto in cui io ora me ne stavo raggomitolata, con le braccia al petto e il capo chino sulle ginocchia. 

"Mi dispiace, è stata una giornata frenetica. Ho sbagliato lo so" le sussurrai flebile io, la mia voce minacciava di spezzarsi mentre salate lacrime avevano preso a solcare copiosamente le mie guance, che ormai erano il letto del fiume del mio dolore.

"Io...io credevo ti fossi pentita. Ho aspettato a chiamarti, non volevo sapere la verità." mi disse lei, la voce continuamente interrotta da singhiozzi. Io sapevo che anche le sue guance, così come le mie, erano solcate da pesanti lacrime, mentre i suoi occhi arrosavano man mano a causa della rottura dei capillari. 

"Non mi pentirei mai Sabri, è solo stata una brutta giornata. Puoi perdonarmi?" le chiesi io con tono speranzoso, volevo davvero tanto che lei mi perdonasse. Sapevo che, anche se inconsapevolmente, l'avevo ferita, specialmente dopo le confessioni che mi aveva fatto la sera precedente. Mi sentivo terribilmente in colpa, e un dolore mi lacerava lo stomaco al solo pensiero di averla fatta soffrire. 

"Ho bisogno di un po' di tempo, devo smaltire la rabbia. Forse...forse è meglio se non ci sentiamo per un po'" mi disse lei poi, e quelle parole mi ferirono come lame infilate nella carne. Ogni respiro mi lacerava l'anima e lacrime, ormai incontrollate, solcavano la mia pelle e, per quanto era il dolore, mi pareva la incidessero. 


Ciao a tutti, è ufficialmente la settimana santa di Sanremo ed io sono super emozionata per Sabrina. Spero che questo capitolo vi piaccia, lo so c'è un po' di drama ma purtroppo io sono il mezzo per l'espressione di una storia che vive da se. Spero possiate perdonare questo dolore che vi do. Alla prossima, Lady <33

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