Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche. -Jean-Paul Sartre
I miei occhi era fissi sui documenti, ed ormai erano ore che leggevo e rileggevo la stessa frase, senza però porvi la giusta attenzione. Le parole risultavano essere solo fiumi di inchiostro che, senza un motivo, se ne stavano sparsi su fogli di carta bianca. La mia mente ancora rivangava i ricordi della sera precedente, cercando di dare un motivo a quella nostra conversazione. Quelle parole mi rimbombavano nelle mente come eco tra le montagne, e mi laceravano le viscere scorrendo nel mio sangue.
Erano passati due giorni da quella litigata, che aveva messo fine a qualcosa che non era ancora cominciato. Non sentivo la mora da quella sera, mentre il mio stomaco non ne voleva sapere di liberarsi da quella morsa di tristezza. Al solo pensiero lacrime inondavano i miei occhi, non permettendomi di vedere chiaramente.
Un leggero bussare mi distrasse dai miei pensieri, ed io fui costretta a raccogliere tutte le mie forza per potermi alzare dalla mia comoda seduta. Raggiunsi a grandi falcate quella barriera e, spingendo lentamente la maniglia verso il basso, rivelai la figura di Alessandra che se ne stava in piedi, le braccia conserte e lo sguardo corrucciato.
"Ciao Ale" le dissi semplicemente io, mentre mi stringevo nella mia giacca alla ricerca di calore, che tanto desideravo fosse umano. Mi rivolse uno sguardo truce e, spingendo una mia spalla con la punta delle dita, si fece spazio per entrare in quella grande stanza. Si lanciò sgraziatamente sul divano ed incrocio le gambe, mettendosi comoda. Sapevo che voleva parlarmi, perchè erano giorni che vagava tra gli studi alla mia ricerca, sbraitando a destra e a manca quando le dicevano che non ero disponibile o, addirittura, che ero già andata via.
"Finalmente ti trovo Maria, stavo per chiamare Chi L'ha Visto" mi disse lei mentre io me ne stavo ancora imbambolata sull'uscio della porta, lo sguardo che vagava sul corpo tonico della professoressa. Mi avvicinai alla sua figura a passo famelico, e mi lanciai anch'io sul divano poggiando una delle mie mani sulla cosca della donna dai capelli grigi.
"Casualità" le risposi io ammiccante, lasciando scorrere i miei occhi dai suoi occhi alle sue labbra. Tra me e la Celentano era sempre persistita una chimica vagante, che si concretizzava in insulsi flirt. Mai eravamo andate oltre, sia per la mia mente impegnata sia per la sua specie di voto di castità. Il suo viso si avvicino al mio, mentre lei poggiava une delle sue mani ad accarezzarmi la guancia. Mi lanciai su di lei, senza pensarci una seconda volta, stingendo le sue labbra con le mie. Le nostre bocche si lasciavano e si riprendevano, mentre le nostre lingue compivano una danza sensuale.
Il volto di Sabrina apparve tra i miei pensieri, ed una lacrima solitaria scivolò dai miei occhi. Mi staccai piano da Alessandra, mentre i sensi di colpa attanagliavano il mio stomaco. Sentivo il tradimento scorrere nelle mie vene, ed una rabbia incontrollata verso me stessa cresceva in me. Mi alzai lesta dal divano, mettendo così più distanza possibile tra di noi. Non incrociavo mai lo sguardo della donna dai capelli grigi.
"Vai via, per favore" le dissi io, voltandole le spalle. La sua presenza nella stanza mi ricordava il mio errore che, non poi così grave come appariva ai miei occhi, mi scuoteva l'anima. Avevo come la sensazione di aver perso un pezzettino, come se baciando altre labbra avessi inconsapevolmente accantonato il sapore di quelle di Sabrina. Ma lei non viveva solo come DNA nel mio corpo, lei viveva come un fantasma nella mia mente e, talvolta, si divertiva a infestare anche il mio cuore.
La sentì avvicinarsi, il rumore dei tacchi si faceva sempre più vicino mentre del ribrezzo cresceva in me. Non potevo tollerare un comportamento simile, non sopportavo chi non era in grado di risiedere alle mia richieste.
"Ti ho detto di uscire, Alessandra" sibilai io, il tono di voce crudo. Non mi voltai quando la sentì dirigersi verso quella barriera bianca, e nemmeno quando mi fece un breve saluto, evidentemente, già sull'uscio della porta. Fui in grado di girarmi solo quanto sentì un tonfo, che sanciva la chiusura della porta. Pesanti lacrime velavano i mici occhi, e minacciavano di travolgermi come mare in tempesta.
Mi accasciai a terra, tenendo le gambe strette al petto e poggiando il capo sulle mie ginocchia. Tentavo di realizzare i momenti che si erano appena trascorsi, la mia mente analizzava ogni secondo tentando di dare un senso alle mie azioni. Senso però che pareva non esserci, e che mi causava valanghe di sensi di colpa.
Il mio dolore venne interrotto dallo squillare del mio telefono ed io, riconoscendo la suoneria personalizzata, tentennai sulla risposta. Decisi però di non voler mettere a dura prova quella situazione già delicata, ed allungai così una mano sulla scrivania, tastando alla ricerca di quel dispositivo.
Lessi ancora una volta il suo nome sulle schermo, per accertami fosse lei e, prendendo tutto il mio coraggio, spinsi il tasto verde sullo schermo.
"Ciao Sabri" le dissi semplicemente io, kilo tono di voce simile ad un elettrocardiogramma piatto. Il mio cuore batteva, alla sola idea della sua presenza al di la di quello schermo.
"Ciao Marì" mi rispose lei, la voce flebile e quasi retta. Nella mia mente mille domande si susseguivano, ma la sua voce era in grado di calmarmi, d'infondermi calore anche se distante.
"Dimmi Sabri, come mai mi hai chiamata?" le chiesi io, la curiosità percorreva ogni cellula del mio corpo. I suoi soffici sospiri mi giungevano dall'altro capo del telefono, ed un silenzio permeava l'aria già carica di aspettative. Mi passai un dito sulle labbra cercando di cancella i segni di quel bacio inaspettato, temevo quasi che lei potesse accorgersene.
"Volevo chiederti se potevamo vederci, ti vorrei parlare" mi chiese lei, sembrava traballare. Sapevo quanto le fosse costato a causa del suo orgoglio, ed ero contemporaneamente felice e spaventata per quell'incontro.
"Si certo Sabri, sta sera?" le chiesi io, mentre un mix di emozioni mi assaliva. Sapevo di aver sbagliato, ma di più sapevo di non poterle resistere. Tutto mi attraeva verso di lei e, sopratutto, dopo quel bacio temevo di non riuscire a trattenermi.
"Si va bene, ci vediamo da me così stamo tranquille" mi disse lei, e a me parve stesse accennando una flebile risata. Mi persi nei miei pensieri lasciando cadere tra di noi un silenzio, che poteva essere tagliato con un coltello.
"Va bene, mi manchi" le dissi io, il tono di voce malinconico. Mi mancava il tocco delle sue mani sulla mia pelle, il suo respiro che si univa con il mio e il dolce sapore delle sue labbra. Era un incantatrice, Sabrina, in grado di ammaliarmi anche con un battito di ciglia.
"Anche tu, a sta sera Marí" mi rispose, ed a me parve di vederla sorridere. Un energia nuova nacque in me, spinta dal mio cuore attraverso le mie vene. Quella sua affermazione mi aveva catapultata in un nuovo universo, fatto da noi e solo per noi. Ma, nonostante tutto, non riuscivo a togliermi da dosso quella sensazione di peccato. Mi sentivo macchiata, sentivo di averla tradita. E non sapevo se confessarglielo.
Ciao girls, grazie per tutti i commenti sotto gli scorsi capitoli. Spero vi piaccia anche questo, fatemelo sapere. Vostra, Lady <333

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Amanti e Regine
FanfictionFRUTTO DELLA MIA FANTASIA Due Regine, una delle televisione e una del cinema, amiche da tempo ormai immemore. Legate profondamente l'una all'altra da un filo rosso e da un sentimento destinato a rimanere nascosto, almeno agli occhi degli altri.