Capitolo 12

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Servirebbe avere occhi profondi

Per imprigionare la tua assenza

Non lasciarla mai venire fuori

Perché non diventi dipendenza 

-Occhi profondi, Emma


Sabrina's POV:

L'odore di disinfettante mi invadeva le narici, mentre io camminavo avanti e dietro per i corridoi di quell'ospedale, in attesa di notizie. Maria era stata male, e la causa era da attribuire a me, e me soltanto. Se solo fossi stata più indulgente, più propensa alla comprensione forse ora non saremmo qui, all'oscuro dei danni causati alla sua salute. 

Raffaella se ne sta seduta sgraziatamente su una delle sedie presenti in sala d'aspetto, mentre Alessandra ha preferito rimanere agli studi non volendo causare ulteriori danni, di quelli già fatti. L'angoscia mi invadeva le cellule del corpo, e a me quasi pareva di star vivendo uno stato di apnea. Sapevo di aver esagerato, ma la realtà mi aveva colpita in pieno di petto togliendomi la razionalità e oscurando l'amore che provavo per quella biondina. 

Sussultavo ogni qualvolta quella porta bianca si apriva, spesso rivelando medici in camice bianco o infermieri che camminavano frettolosi. Avevo sempre avuto un'ammirazione per costoro, salvare vite umane doveva certamente essere un lavoro stressante. Altro che il peso delle menzogne che noi del mondo dello spettacolo eravamo costretti a portare sulle spalle. Esseri umani che curano esseri umani, o che talvolta li accompagnano nel dolce dolore della morte. 

"Chi sono i parenti della signora De Filippi" sentì io ad un certo punto, e la voce mi destò dai miei pensieri. Mi affrettai a raggiungere la figura di una donna dai capelli d'oro, ed intuì dal suo camice e dalla cartella che stringeva tra le mani che fosse la dottoressa di Maria. Se non fossi stata distratta dalla mia preoccupazione per la biondina, avrei sicuramente notato la bellezza prorompente della donna che ora si stanziava di fronte a me. Anche Raffaella mi aveva raggiunta, ed entrambe eravamo in trepidante attesa di notizie. 

"Salve, sono la dottoressa Isles. La signora De Filippi ha richiesto espressamente la presenza della signora Ferilli, cosicché io possa darvi notizie sul suo stato di salute" disse allora la donna, il tono di voce fermo ma che traspariva dolcezza ed empatia nei confronti del prossimo. Feci istintivamente un passo avanti, e lei mi invitò a seguirla lungo quei corridoi, che mi sembravano ancora più intricati rispetto a quelli degli studi. 

Arrivammo in una piccola stanzetta e, mentre l'altra donna chiudeva la porta alle nostre spalle, potei notare la figura di Maria seduta compostamente su una sedia di fronte a quella che, dedussi, potesse essere la scrivania della dottoressa. Mi fece cenno di accomodarmi ed io, se pur riluttante, presi posto al fianco della biondina, ma non senza prima rivolgerle uno sguardo truce. 

La figura della dottoressa se ne stava davanti a noi, la schiena dritta, mentre aveva preso a trafficare con i vari plichi di fogli presenti su quella affollata lastra di legno. I miei occhi si persero ad analizzare i lineamenti della sua figura. Il suo viso era dolce, sormontato da un sincero sorriso mentre due occhi verdi smeraldo spiccavano sulla sua pelle candida. 

"Allora signore, niente di cui preoccuparsi. Ci ha fatto prendere un bello spavento signora De Filippi ma si tratta della sindrome di Takotsubo" disse la dottoressa, causando in entrambe un sentimento di confusione. 

"Dottoressa, per esperienza, tutto quello che comincia con sindrome non è mai una cosa positiva" dissi io allora di getto, causando l'ilarità delle due donne presenti nella stanza. Non riuscivo a spiegarmi come la donna dai capelli ambrati potesse dirci di stare tranquille, e poi aggiungere che si trattasse di una sindrome. 

"Immagino Signora Ferilli..." proseguì lei, venendo interrotta nuovamente dalla sottoscritta in quanto stanca dell'appellativo "signora". 

"Signora anche no dottoressa, mi chiami Sabrina non sono ancora così vecchia" le dissi io, ed avendo in risposta un dolce sorriso  che si increspò sulle labbra della donna seduta dietro la grande scrivania. 

"Va bene Sabrina, e voi potete chiamarmi Maura" mi rispose allora lei. "Come dicevo, tale sindrome viene definita anche Sindrome del cuore infranto, e non porta con se conseguenze gravi. Deriva da un forte stress emotivo che, innalzando i livelli di adrenalina e noradrenalina, indebolisce il muscolo cardiaco. Non ce nulla di cui preoccuparsi la signora De Filippi ha bisogno solo di un po' di riposo" proseguì allora lei, ed io tirai immediatamente un sospiro di sollievo nell'udire quelle parole. Il mio sguardo si rivolse nuovamente alla donna che mi sedeva di fianco, sapendo che questa non fosse in grado di abbandonare il suo lavoro ne le sue quotidiane attività, nemmeno sotto tortura. 

"Hai sentito Marì, te devi riposa" dissi allora io, incalzando la dose di ciò che la dottoressa aveva appena detto. Lei mi rivolse uno sguardo divertito, ma io non ero ancora in grado di perdonarla nonostante le mie preoccupazioni nei suoi confronti. 

Le mie parole causarono un sorriso anche nella donna dai capelli come l'oro, che ora si rivolgeva a Maria per congedare entrambe appurandosi di stabilire il giorno per la visita di controllo. La salutai con una stretta di mano, mimandole un grazie con le labbra. Seguì la biondina del mio cuore fuori da quella grande stanza, ma tentavo sempre di evadere alle sue carezze o strette di mano mentre la preoccupazione scemava, e la rabbia rimontava dentro di me. 

"A Marì e basta, ero solo preoccupata ma visto che mo stai bene vale quello che t'ho detto prima"  le dissi io dura, la delusione dovuta alle sue azioni mi aveva colpita in pieno petto e quel senso di tradimento, che sempre avevo cercato di evitare, mi mangiava viva. Lei mi rivolse uno sguardo triste, che pareva tanto quello di un bambino a cui non compri un giocattolo. 

I nostri occhi si incatenarono tra loro, mentre io tentavo di recuperare il coraggio necessario per allontanarmi da lei. Le sue mani si poggiarono sui miei sui miei fianchi e mi attirarono a se, quel contato mi bruciava come fuoco sulla pelle. I nostri guardi si studiavano, analizzando ogni espressione sul volto dell'altra. I nostri visi erano separati solo da un soffio, e fu necessario solo un minimo movimento del capo perchè le nostre bocche si scontrassero. Il suo sapore inondò le mie pupille gustative, mentre una lacrima salata mi bagnava la guancia e si fondeva con le nostre labbra. 

Mi staccai piano da lei e, rivolgendole un semplice sguardo, mi divincolai dalla sua presa salda mettendo tra i nostri corpi più spazio possibile. Le parole mi rimasero bloccate in gola a causa di un nodo che impediva il funzionamento delle corde vocali. Fui in grado di rivolgerle soltanto un'ultima occhiata, che era un mix tra scuse e delusione, prima di voltarmi per scappare da lei, che era il magnete della mia vita. 



Non sono solita mettere delle foto, ma vista la presenza di un personaggio non appartenente alla vitta di queste due donne lo ritenevo necessario in modo da farvi capire come fosse fatta. Spero che questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere. E grazie per tutti i commenti sotto i capitoli precedenti, vi leggo tutti e vi amo. Vostra, Lady <33 

PS: non so se ci siano fan di Rizzoli&Isles qua, ma vi dico che la sto rivedendo (é tipo la 20esima volta) e mi mancano così tanto le mie cacciatrici di serial killer.

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