Capitolo 10

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Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. -Blaise Pascal

Il suono del mio cellulare ruppe l'idillio che tra noi s'era creato, costringendomi a spostarmi da quella comoda posizione per allungarmi a recuperare quel dispositivo elettronico, che non pareva volersi fermare. Mi affrettai a leggere le decine di messaggi che mi erano arrivati, volgendo lo sguardo verso Sabrina, scusandomi anticipatamente per le parole successive. Come al solito, i miei collaboratori necessitavano della mia assoluta presenza.

"Sabri, scusa ma devo andare agli studi" le dissi io con voce scusante e delusa, non volendomi allontanare da quella donna che per me rappresentava ossigeno. Al mio richiamo, lei alzò il suo sguardo su di me, mentre sul suo viso compariva un'espressione di dispiacere. Fu allora che decisi di allungarmi su di lei, lasciandole un dolce bacio sulle labbra, per poi premere la mia fronte contro la sua.

"Se...se ti va puoi venire con me" le chiesi io tenendo ancora gli occhi chiusi e la voce mi tremava leggermente. Lei poggiò le sue mani sulle mie spalle, ed io feci appena in tempo ad aprire le palpebre notando il sorriso che le comparve sul volto facendo, di rimando, sorridere anche me. Fece un breve accenno con il capo e, usando il mio corpo come appiglio, si alzò lesta dal divano per poi catturare la mia mano tra le sue. Mi trascinò con se, guidando entrambe nella sua camera da letto.

"Su vestiamoci Marì" disse lei con voce tuonante, aprendo di slancio le porte della sua cabina armadio. La persi di vista, ed allora mi affrettai a recuperare le mie cose, sparse per la grande stanza. La vidi uscire poco dopo, mentre tra le mani stringeva una pila di vestiti.

"Viè qua Marì, non te puoi presentare vestita come ieri a lavoro" mi disse lei, porgendomi dei vestiti mentre lei si affrettava a togliere la mia camicia per poi lanciarla nel cesto della biancheria sporca. Mi persi nella visione del suo corpo nudo, coperto solo da un paio di slip che lasciavano ben poco all'immaginazione. La pelle color cappuccino rifletteva i pochi raggi del sole che filtravano dalle tende, attraendomi verso di lei.

Mi sporsi verso la sua figura, catturandola da dietro e poggiandole un dolce bacio sulla spalla, inebriandomi del contatto con la sua pelle nuda. Un mugolio di approvazione si liberò dalla sua gola, spingendomi a stringere ancora di più la presa sui suoi fianchi.

"Marì...Marì ci dobbiamo vestire" mi rispose lei con voce flebile e tremante di eccitazione, ed io per tutta risposta le lasciai un'altro bacio sulla pelle olivastra. Lei poggiò le sue mani sulle mie, stringendole, quasi a volermi invitare a smetterla. O a continuare.

Mi staccai, anche se mal volentieri, dal corpo caldo della mora, spostandomi così dall'altro lato della stanza. Cominciai a vestirmi, indossando una semplice t-shirt grigia e un paio di jeans, giusto per stare comoda. Notavo, con la coda dell'occhio, i movimenti di Sabrina che, sinuosa, stava indossando un abito leggero, che le fasciava perfettamente quel corpo da dea, che la mora aveva avuto come regalo direttamente da Madre Natura.

"Io sono pronta, tu a che punto sei" le dissi, avvicinandomi nuovamente a lei, in modo felino. Studiai interamente il suo corpo, mentre mi infervoravo alla vista delle sue forme sinuose. La feci voltare lentamente, mentre lei cercava di sistemare meglio quel vestito sul suo corpo lamentandosi per la mia interruzione, e catturai le sue labbra in un bacio. Il desiderio di possederla cresceva in me, abbattendo il muro della mia disciplina lavorativa. Per quanto amassi il mio lavoro, e per quanto fossi dedita ad esso, Sabrina era sempre uno scalino sopra tutto e tutti, portandomi a fare follie per lei.

"Dai amore, andiamo" mi disse lei e a sentire quel soprannome, anche se non per la prima volta, un brivido mi percorse la schiena. Feci un breve accenno con il capo e, dopo aver recuperato le nostre cose, la condussi fuori dalla sua abitazione.

Il viaggio in macchia fu silenzioso, a tenerci compagnia solo le canzoni che distrattamente passavano alla radio. Mentre io, di tanto in tanto, la osservano di nascosto ammirando i suoi lineamenti perfetti. 

Poggiai una delle mie mani sulla sua coscia e lei, d'istinto, appoggiò la sua sulla mia. Il contatto con la sua pelle mi inebriava, e la voglia di lei cresceva in me momento dopo momento. Solo il cancello degli studi fu in grado di distrarmi, riportando alla realtà come uno schiaffo in pieno viso. Mi ero persa nel mondo che avevamo costruito, dimenticandomi quanto i nostri lavori pesassero sulle nostre spalle. 

"Senti Sabri, comportiamoci come al solito va bene?" le dissi io, la voce tremava dalla paura di essere scoperte. Non avrei nemmeno osato immaginare il polverone che si sarebbe creato se, anche solo qualcuno, avesse sospettato di una nostra plausibile relazione. 

"Si..si, non credevo di metterti in difficoltà. Se vuoi prendo un taxi e torno a casa" mi rispose lei, e dal suo tono traspariva tutto il peso che il mondo dello spettacolo portava con se. 

"No" dissi io rapidamente, e solo a causa di un suo tremore mi accorsi di aver alzato, forse un po' troppo, il tono di voce. 

"No Sabri, solo stiamo attente" proseguì io allora il tono calmo ma fermo al contempo, poggiando nuovamente la mia mano sulla sua coscia, come una carezza confortevole. La sentì rilassarsi sotto al mio tocco e, grazie ad un breve cenno del suo capo, anche la mia ansia scemò quel tanto che bastava. 

Uscimmo entrambe dall'auto e, in un silenzio tombale e carico di angoscia, ci dirigemmo verso l'entrata degli studi. Il rumore dei tacchi della mora scandiva i nostri passi, mentre il timore di essere scoperte aleggiava come un fantasma sulle nostre teste. 

I miei collaboratori, che mai prima di quel momento si erano mostrati così cortesi, ci fermavano tra i corridoio indugiando, secondo me troppo, sulla figura di Sabrina. La gelosia cresceva in me, per ogni sguardo che, uomo o donna che fosse, posava su di lei studiandone le forme sinuose. 

All'ennesima persona che le rivolse un saluto di cortesia, e un sorriso un po' troppo ammiccante, catturai una delle sue mani tra le mie, mentre lei mi rivolse uno sguardo interrogativo. La mora era una delle donne più belle che avessi mai visto, ed era normale che tutti volessero godere di una parte della sua immensa bellezza. 

"Sono gelosa, ti guardano tutti troppo" le risposi io allungandomi verso il suo orecchio per non permettere ad altri di sentire quelle mie affermazioni, causando un increspatura delle sue labbra e permettendo ad una calda risata di liberarsi dalla sua gola. 

Accennò un breve dissenso con il capo, in segno di divertimento e riprese a camminare trascinandomi con se. Io la seguivo senza fiatare perdendomi nei ricordi dei nostri momenti insieme, e ricordandomi che, nonostante gli sguardi e le effusioni, lei aveva scelto me. Mi crogiolavo nel pensiero di possederla, anche se lei teneva tra le mani il mio cuore, e io non avevo intenzione di lasciarla andare via. 


Non sono molto convinta di questo capitolo, fatemi sapere voi cosa ne pensate. Ho deciso di lasciarvi ancora un po' di calma, ma aprite gli ombrelli un acquazzone sta per giungere sopra le nostre teste. Alla prossima, Lady<33

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