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C.v.d. è una dicitura che viene posta, in matematica, al termine di una dimostrazione, per indicarne la fine e il conseguimento del risultato. Quelle tre lettere stanno per "Come volevasi dimostrare" e mai sarebbero state più appropriate se non sotto il messaggio che Luigi inviò sul gruppo classe una volta finito il suo esame.

<<Comunque è stato piacevole, ti lasciano parlare e le domande che fanno sono molto semplici. Come immagine mi è capitata la seconda rivoluzione industriale e come testo "L'infinito".>>
Mafia capitale, fin troppo scontato. Andatevi a rileggere cosa mi aveva scritto il giorno prima. Qual era l'unico argomento di storia che sapeva? La seconda rivoluzione industriale. Ah, poi non vi ho detto che la poesia era proprio quella che l'insegnante di italiano gli aveva chiesto a maggio. Anziché fare una normale interrogazione, il prof finalmente aveva avuto la sua prima idea buona in tutto il triennio: fare una simulazione dell'orale per la parte di italiano. Luigi era andato piuttosto bene sull'Infinito, quel giorno. Vi pare dunque un caso che gli fosse uscita proprio quella poesia? Inoltre, immaginate un po' cosa gli chiese la prof di arte? L'Impressionismo. E a latino di cosa mai avrà parlato? Seneca. C'erano due logiche alternative per spiegare quanto accaduto. O era riuscito davvero a manipolare l'intero orale e tutti i docenti, grazie alle sue presunte abilità da oratore delle quali si vantava da almeno quattro anni, oppure, come era più probabile, la Mafia scolastica aveva colpito di nuovo, ovvero gli erano stati rivelati in anticipo il testo di italiano e la foto. Tranquilli, non ero così folle da pensare che solo a lui fosse stato riservato quello speciale trattamento, sarebbe stata l'ennesima coincidenza! Evidentemente, anche tutti gli altri, quel giorno, erano stati aiutati sottobanco. Non mi fu molto difficile scoprirlo, almeno per quanto riguardava la parte di letteratura. Infatti, a quattro dei cinque studenti era stato chiesto lo stesso identico testo su cui erano stati interrogati a maggio. Insomma, c'era l'80% di probabilità che a me uscisse il XVII canto del Paradiso. Il prof non stava quindi agendo nell'illecito, era solo una sorta di tacito accordo tra lui e la classe. Ma la foto, invece? Chi era l'autore della soffiata lì dentro? Mi misi a pensare a coloro che avrebbero potuto decidere l'immagine. Quella di arte? Probabile. Barbara? Considerando lo strafalcione che aveva fatto, non era da escludere. Marta, la terribile prof di storia? No, impossibile. Ero proprio curioso di sapere come si sarebbe comportata con me, se me l'avesse fatta pagare una volta per tutte. In terzo e in quarto ero solito sbuffare ogni volta impiegasse tra i 5 e i 10 secondi prima di riaprire bocca dopo una pausa. Fidatevi, erano terribili. Oltre a essere lezioni ultra-noiose, parlava pure come una tartaruga, il che non facilitava la mia mente a rimanere concentrato. Come prevedibile, me l'aveva fatta pagare. 8. A fine anno, mi ero ritrovato quel dannato otto, nonostante meritassi 9. Le mie interrogazioni erano sempre uguali alle mie orecchie, eppure un giorno aveva voglia di darmi di meno, altre volte di più. Ma a giugno, puntualmente 8. Non le stavo simpatico, era scontato. E nemmeno lei a me, ragion per cui, in quinto, decisi di non partecipare nemmeno una volta al suo famoso "sportello di storia". In che cosa consisteva, esattamente? Marta, di punto in bianco, aveva deciso di aggiungersi un'ora in più alla settimana per dare sfogo alla sua passione repressa: insegnare filosofia a una classe che non fosse lo sportivo. In ogni sua lezione sentiva l'impulso irrefrenabile di parlare di filosofia e fare il nome della Zavvi. Un giorno, ci aveva pure confessato di averla sognata mentre le concedeva l'onore di spiegarci Marx. Iniziai quasi a pensare che fosse proprio attratta carnalmente dalla mia prof preferita, visto che non riusciva a non nominarla per una settimana intera. O magari era solo invidiosa perché la Zavvi era amata, seppur fosse l'insegnante più dura, mentre lei talmente tanto odiata che l'avrebbero presa a sprangate per tutta l'ora? Quella era la spiegazione più logica. Aveva pure tentato di copiare le sue due caratteristiche principali, che la facevano distinguere da tutti gli altri docenti: l'accettazione di un solo volontario e le "domandine". La prima mi pare alquanto esplicita. Mentre i prof, di norma, accettavano chiunque all'interrogazione, fosse pure Gino il gelataio sulla strada, la Zavvi aveva posto quella limitazione sul numero di volontari: uno e uno solo tra i cinque malcapitati. In tutti e tre gli anni con lei, io mi ero fatto interrogare sempre in quel modo, intrufolandomi in quel posto disponibile che i miei conigli compagni di classe, invece, scacciavano come la peste. Era comprensibile, perché a prima vista la prof faceva un po' paura, ma nel profondo era buona e simpatica. D'altro canto, che dire a proposito delle "domandine"? Affinché tutti gli studenti studiassero di volta in volta, la Zavvi aveva avuto la brillante idea di fare un paio di domande sulla lezione precedente (con valutazione, seppur con peso minore rispetto alla classica verifica orale) a qualcuno della classe, a caso, prima dell'inizio di ogni spiegazione. Risultato: filosofia era la materia più studiata. Marta aveva provato a copiare entrambe quelle due peculiarità, ma senza successo. La regola del volontario spariva e tornava, così come le domandine. Insomma, si divertiva solo ad annebbiarci le idee e soprattutto a farci indemoniare con quel presunto sportello di storia pomeridiano, che nei fatti o era una lettura di un documento noiosissimo o una vera e propria discussione filosofica, da quanto mi raccontavano i miei compagni. Sì, perché loro ci andavano tutti, per paura di subire qualche torto da parte della prof, malgrado si lamentassero dalla mattina alla sera di quell'ora pomeridiana che, in teoria, era totalmente opzionale. Ragion per cui, io, ben vedendomi dallo sprecare il mio prezioso tempo con Marta, non partecipai mai a quelle sue lezioni extrascolastiche, nemmeno una volta. Ero solo scocciato che fossi letteralmente l'unico della classe, il che non faceva altro che acuire il velato disprezzo della prof nei miei confronti.

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