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Una volta arrivato al piazzale dell'edificio 1, scorsi in lontananza dei miei compagni di classe e li raggiunsi. Non erano miei amici, ma fu piacevole vederli. Si congratularono con me, domandandomi se i prof mi avessero fatto pure l'applauso finale. Mentii: volevo tutto meno che l'invidia degli dei, in quel momento. Ma la cosa più sorprendente di tutte fu l'arrivo di un'altra mia compagna, con un pacco regalo per me.

<<Ti ricordi di quando ti avevo promesso un pensierino alla fine dell'anno? Ecco, sono stata di parola! E tu mica mi credevi!>>

Era una sorta di omaggio per lavarsi la coscienza da tutte le volte che in tre anni l'avevo aiutata a scuola, tra interrogazioni, compiti in classe e ripetizioni. Facendo tutti i conti, con un dono da 1000 euro forse si sarebbe ripagata tutte le ore che le avevo dedicato, ma dubitavo fosse andata al di sopra dei 20. Comunque, fu una bellissima sorpresa, non me l'aspettavo. Peccato avesse tutto l'aspetto di essere uno schifo totale. Aprii il pacco: dentro c'era anche un biglietto.

<<Un piccolo ricordo di questi 5 anni. GRAZIE DI TUTTO. Martina.>>

Non eravamo amici, anzi, non andavamo nemmeno particolarmente d'accordo, a dir la verità, ma non potei trattenermi da darle un abbraccio. Scartai poi il regalo vero e proprio: un bracciale che non mi sarei mai messo in vita mia, visto che non indosso bracciali. Ero alquanto imbarazzato e non volevo farglielo notare, ma allo stesso tempo odiavo fingere che fosse il miglior regalo del mondo. Mi uscì dalla bocca un pessimo "L'importante è il pensiero", seguito da un gelido commento di un mio compagno di classe:

<<Significa che gli fa schifo!>>

Accidenti, perché aveva voluto dare voce ai miei reali sentimenti? L'imbarazzo crebbe ulteriormente, ma venne stemperato un po' dal secondo abbraccio. Dopodiché, se ne andò e non la vidi mai più. Meglio così, era stata una vera sanguisuga per 5 anni, altro che Aurora! Come pretendeva di sdebitarsi con quello stupido bracciale da 10 euro? Considerate che sbuffava come una bambina, se per sbaglio le dicevo che quel giorno non potevo darle una mano coi compiti o in una verifica! Una sanguisuga ingrata! E quando io non potevo aiutarla, subito si metteva in cerca di Luigi, che, col tempo, era diventato il suo secondo schiavo ufficiale. A seguito di quel discutibile pacco, che prontamente nascosi nel mio zaino per evitare gossip, corsi dai miei genitori, che mi stavano aspettando al parcheggio, per annunciare loro la fine di quei terribili 5 anni. Il momento delle foto era arrivato, mia madre ne scattò almeno una decina, non prima di avermi ammonito con un "Te l'avevo detto!", alludendo alla mia sfuriata di quella mattina. Mai avevo sorriso così tanto. Le foto non rendevano l'idea, eppure sentivo di aver la bocca che mi occupava tutta la faccia. Dopodiché, loro se ne andarono, mentre io rimasi a scuola a godermi quella giornata irripetibile. In verità, la mia permanenza aveva una ragione ben specifica: volevo aspettare l'orale di Aurora, l'ultimo della giornata, che era stato programmato per mezzogiorno. Passai il tempo a chiacchierare con i miei compagni e parlare al telefono con mio nonno e mio fratello di quella grandissima esperienza. Verso le 11, il gufaccio maledetto si presentò in modalità virtuale: non poteva non chiedermi come fosse andato l'orale.

<<Com'è andato il SUDICIO momento dell'esame?>>

<<Bene.>>

<<Nice, ora è finita davvero la scuola!>>

Ogni anno, almeno una volta al mese, poco importava se fosse ottobre o maggio, Luigi era solito dirmi che ormai era fatta, che mancava un passo alle vacanze estive, e io puntualmente me la prendevo come non mai, abboccando alla sua provocazione. Ma quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe detto. Mi fece provare un po' di nostalgia sulle prime, ma subito la malinconia venne soppiantata dalla gioia di essere finalmente evaso da quella prigione. Una volta terminato l'orale di Aurora, chissà quando avrei mai rivisto quel lurido posto! A Milano, Londra o altrove, mi sarei fatto una nuova vita. Era esattamente quello che avevo pensato una volta uscito dall'orale di terza media, ma quella volta sentivo che ce l'avrei fatta per davvero, che sarei stato felice. Potevo dire di aver mai raggiunto la felicità in quei 5 anni al liceo? Al biennio dicevo sempre "che giornata orribile" qualsiasi cosa mi capitasse, in terzo ero caduto in depressione per colpa di Serena, nei primi mesi del quarto ero stato bullizzato psicologicamente da Luigi. Solo nel primo lockdown mi ero sentito veramente felice: vacanze inaspettate, video a manetta, allontanamento istantaneo dal mio nemico, nessuna ragazza per la testa. Sì, la fase marzo-giugno 2020 fu il periodo migliore del liceo, senza ombra di dubbio. Il quinto, invece, lasciamo stare. Delusione con Aurora e Gaia, migliaia di combattimenti con Luigi, lacrime a non finire. Certo, me l'ero spassata con le robe di Maurizio, ma, in una visione di insieme, fu un anno scolastico piuttosto duro, soprattutto gli ultimi mesi, quando eravamo tornati in presenza. Ma finalmente, da quel momento in avanti avrei studiato solo roba interessante: le mie amate discipline matematiche. Non avrei più vomitato di fronte a un capitolo di latino in vita mia. E Aurora, invece, che fine avrebbe fatto? Quel dubbio mi martellava la testa. Nel profondo avevo paura che mi avesse solo usato come uno zerbino e che, una volta lontani, non mi avrebbe più scritto nemmeno un messaggio. Il motivo di quei pensieri? Lo ripeto per l'ennesima volta: non avevamo argomenti di conversazione. Come diavolo facevo a considerarla un'amica? Infatti, sarebbe dovuta essere la mia ragazza, se solo quella sera di dicembre non mi avesse respinto in modo ufficiale, più o meno. Provai a scacciare via quegli spettri: come facevo a non fidarmi della persona che, al di là della mia famiglia, mi era stata più vicina negli ultimi tempi? Mi sentii un po' ingrato nei suoi confronti, povera Aury. Le volevo un bene dell'anima, ecco perché sarei stato lì, per lei, anche quel giorno. Arrivò poco prima di mezzogiorno con i suoi genitori, che ormai conoscevo più che bene: avevamo cenato insieme almeno cinque volte da quando avevo iniziato ad andare a casa di Aurora. La madre ricalcava esattamente come la figlia sarebbe diventata da adulta, mentre il padre sembrava non avesse nulla a che vedere con lei. Era un tipo sveglio, interessante, faceva un sacco di cose. D'altra parte, Aury era la classica ragazza tutta brillantini e luccichini, superficiale a dir poco, però le volevo bene. Ma non a tal punto da farmi morire di fame davanti all'edificio 1 e, di conseguenza, farmi subire un danno irreparabile alla mia intelligenza. Gli esami stavano andando per le lunghe. Serena, dopo la quale sarebbe toccato ad Aurora, non era ancora uscita ed erano già le 13:30. No, non potevo privare il mio cervello del giusto nutrimento. Salutai la mia amica, promettendole che sarei tornato prima della fine del suo orale, e me ne andai al parcheggio. Feci una ragionevole stima: due ore, tenendo conto della pausa di mezz'ora per far arieggiare l'aula (meglio conosciuta come pausa caffè, banchetto o qualsiasi altra cosa). Con tutto quel tempo a disposizione, avrei pranzato 54 volte, anche andando alla mia classica velocità. Non avendo voglia di mangiare per strada e spendere soldi, optai per casa di nonno: vicina, gratis e soprattutto piacevole. Mi presentai lì di botto, chiedendogli se mi avesse potuto preparare un piatto di pasta al volo. Impossibile dire di no. Mangiai di gusto il mio primo piatto da maturo, mi diedi una sistematina in bagno e subito tornai a scuola, con ovviamente un botto di anticipo. Nel frattempo, Aurora era entrata e il piazzale si era svuotato del tutto: rimanevamo io, i suoi genitori e un mucchio di coriandoli lasciati dai precedenti. Di tanto in tanto la prof di arte si affacciava dalla finestra dell'aula, facendoci "ok" con il pollice. Era così annoiata che ci fece quel gesto una decina di volte, a intervalli più o meno regolari. Tutti quanti non vedevano l'ora di andarsene a casa. Purtroppo, dal piano terra continuavamo a sentire la voce di Aury e pregavamo che finisse il prima possibile. Io in primis. Non è mai bello stare con i genitori di una tua amica, secondo me. E soprattutto se a loro figlia hai regalato fiori, una cornice con una foto di voi due e tante altre belle cose. Alla madre stavo molto simpatico, aveva pure il mio numero. Dubitavo che non le avesse mai chiesto se provasse qualcosa nei miei confronti.

<<Ma guarda che Maurizio è una persona bravissima...>> mi immaginavo che le dicesse.

Frottole. Ero troppo brutto per una come lei. Non che Aury fosse spettacolare in quell'ultimo periodo: i chili di troppo si vedevano, pure il suo volto sembrava un po' cicciotello, seppur ancora adorabile. Ma niente da fare, mi aveva scartato. Almeno eravamo rimasti amici. Se non le avessi voluto bene, avrei per caso aspettato le 15 prima che uscisse da quella dannata scuola? Alla faccia della puntualità, complimenti al Presidente&Company. Eravamo in 3 ad aspettarla: i genitori e...io. Mi sentivo importante. Evitammo baci (sulla guancia) e abbracci di fronte a loro, ma facemmo una bella foto tutti e quattro insieme. Guardandola di sfuggita, sarei potuto essere il fratello, dato il contesto, o magari il fidanzato. E invece no, ero solo un suo amico. Il suo migliore amico. Aggiungendo un pizzico di ironia, il suo scudo contro i mali delle verifiche e interrogazioni. Il mio compito era ufficialmente terminato, speravo solo che non sarei stato gettato via come un ferro vecchio nella pila degli scarti. No, non poteva farlo, ero troppo importante per lei. La accompagnai alla macchina e, insieme alla sua vera famiglia, se ne tornò a casa, direzione letto per recuperare tutte le ore di sonno perdute in quei giorni. Sarebbe stato memorabile se fosse rimasta a passeggiare per la città con me (anzi, romantico), ma purtroppo il sonno la chiamava. Non la biasimavo, capivo la situazione e poi avremmo avuto tutta l'estate per vederci! Magari saremmo pure andati al mare insieme, chissà! Ma la mia inquietudine più grande era settembre, o meglio l'anno a venire...e se il nostro rapporto fosse collassato? Volevo evitare quell'argomento taboo, soprattutto in una giornata meravigliosa come quel 18 giugno, ma nella mia mente si iniziò a disegnare proprio quel terribile scenario a seguito di un vocale che Aurora mi mandò quella sera.

<<Amore, grazie infinite per avermi aspettato fino alle 3 di pomeriggio, ti adoro. Io...non te lo so spiegare esattamente ma...ti voglio troppo bene...sei un tassello fondamentale della mia vita...non so come farò d'ora in poi, senza poterti vedere ogni giorno...>>

Sdolcinato, strappalacrime, toccante. Chi non sarebbe stato contento di udire simili dolcezze? Io. Perché quelle parole, alle mie orecchie, suonavano come un addio. 

Solo nella mia testaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora