16

5 3 0
                                    

La prova avvenne in modalità ibrida. Io, Luigi e gli altri tre ragazzi fummo tutti messi in un'aula munita di lim, sorvegliati sia dalla Fassi sia dai prof delle altre scuole della regione, che ci scrutavano attentamente attraverso la webcam della lavagna interattiva per evitare che ci fossero irregolarità. La nostra insegnante, chiaramente, faceva lo stesso.

<<Scusatemi tanto, ma io non vedo correttamente quei ragazzi in fondo, potete farli spostare più avanti?>> disse una decina di volta la Fassi.

Mancavano solo due ore alla fine del supplizio. Eravamo sui nostri banchi, dopo pochi minuti la gara sarebbe cominciata. Io, come sempre, mi ero posizionato in modo tale che Luigi fosse fuori dal mio campo visivo. Pregai che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Tre dimostrazioni, solo tre dimostrazioni. Dall'aula virtuale, venne mandato il via e la nostra prof ci consegnò i testi della gara. Chiusi gli occhi, pensando alle centinaia di esercizi che avevo fatto da aprile ad agosto 2020, pregando che l'interruzione dell'allenamento non mi sarebbe costata cara. Presi la penna e lessi la prima dimostrazione. Geometria.

Era la prima volta, fra tutte le edizioni recenti delle Olimpiadi, che il primo esercizio fosse di geometria: di solito, lo buttavano lì come secondo o terzo. Beh, in fondo quell'anno era tutto anomalo, quindi forse quell'imprevisto non era altro che la ciliegina sulla torta. La tecnica, comunque, era sempre la stessa: fare il disegno e pregare di azzeccare il prima possibile la strada giusta. Fin troppe volte mi era capitato di girare a zonzo, per ore intere, senza venire a capo della faccenda. Ecco, non mi sarei mai voluto trovare in una situazione del genere, durante la gara. Presi matita, riga, compasso e colori e mi misi a fare il disegno in modo così preciso che avrebbero potuto scambiarmi per un architetto.

<<Dimostrare che K giace sulla circonferenza circoscritta ad ABCD e che il quadrilatero CKEH è ciclico, cioè inscrivibile in una circonferenza.>>

Avevo già visto decine di volte simili richieste, infatti non impiegai molto tempo per accaparrarmi il primo punto del problema. Dopo un paio di tentativi, già avevo trovato la strada giusta. Un ottimo inizio, ma non solo per me. Non riuscivo a non ignorare la matita di Luigi che scriveva come un ossesso, mi stavo già innervosendo. E continuava, col suo incessante scrib scrib, come se stesse già stendendo le ultime parole della terza dimostrazione.

<<Ma non si ferma mai a pensare un secondo?>> mi domandavo, confuso.

Ero distratto, angosciato dal rumore della grafite sul foglio, a tal punto che, dopo aver risolto il secondo punto, mi bloccai sul terzo, girando a vuoto per una buona mezz'ora, proprio come mi ero augurato di non fare. Intanto, lui continuava a scribacchiare come un forsennato. Mi stava per battere, ufficialmente. Mancavano solo venti minuti al termine della gara e io non ero riuscito a risolvere nemmeno una dimostrazione intera. Pensavo, scrivevo, disegnavo, ma niente. Già meditavo su cosa avrei fatto alla fine della prova. Probabilmente, avrei preso la mia roba e me ne sarei andato via, senza nemmeno fotografare il compito e inviare il poco che avevo fatto, anzi, distruggendolo per evitare che lo facesse la Fassi, magari commentando in modo ironico la mia pessima prestazione per diminuire il drammaticità. Quelli erano i pensieri vaganti nella mia mente, finché, a quindici minuti dalla fine, trovai il modo per risolvere il terzo punto.

<<Ma è facilissimo, come ho fatto a non accorgermene prima? Beh, meglio tardi che mai!>> sbuffai, seccatissimo.

Con poco meno di un quarto d'ora all'attivo e una dimostrazione in tasca, girai pagina e lessi il secondo problema.

<<Ambra costruisce una sequenza di numeri, a partire da un numero reale positivo x, nel seguente modo: dato l'n–esimo termine...>>

Mi sarebbero serviti dieci minuti solo per capire cosa diavolo stesse chiedendo. Girai nuovamente pagina e mi fiondai sull'ultima dimostrazione. Sebbene il testo fosse più lungo, almeno era più comprensibile. Iniziai a scrivere qualche boiata direttamente in bella copia, sperando di ottenere almeno un paio di punti grazie a osservazioni banali, ma corrette. Una volta scaduto il tempo, avevo ormai quasi riempito la pagina: mica male, in soli dieci giri di lancetta, anche se ero sicuro che quelle semplici parole non mi avrebbero fruttato più di un punto sui dieci disponibili. Abbandonai l'idea di lasciare la classe senza nemmeno inviare il mio lavoro, visto che, tutto sommato, alla fine ero riuscito a riprendere quota. Peccato aver impiegato così tanto tempo solo per la prima dimostrazione. Mi alzai dalla sedia, presi il telefono e fotografai i fogli. Dopodiché, li inviai a chi di dovere e riposizionai tutta la roba nel mio zaino, sperando di non incrociare lo sguardo di Luigi.

Solo nella mia testaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora