Capitolo 26

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Rachel's pov

Ero in salotto, mi stavo guardando un film prima di ritornare a lavoro quel giorno.

Sentii una melodia provenire dalla stanza del pianoforte.
Misi in pausa il film e mi accostai davanti a quella porta.

"So che non dovresti sentirti distrutta, fa male vederti rassegnata e sconfitta."
Niccolò iniziò a cantare, stava quasi sussurrando quelle parole.
Sorrisi leggermente a quella frase.

"Il rischio era questo, vederci annientati, dal tempo e dai sogni che tanto volevi."
Continuò a sussurrare.

Come era successo la sera prima, distrutta da un sogno impossibile da realizzare.

"Io non ho principi non ho religione, a volte mi pento ma non cerco ragione." Continuò.

Io entrai nella stanza e silenziosamente mi sedetti accanto a lui.

"Le storie hanno un senso, finché non ti siedi." Disse girando la testa verso di me e guardandomi negli occhi.

"Ed occhi negli occhi ti guardi e non vedi."

Lui sorrise leggermente e io posai la testa sulla sua spalla guardando le sue dita che accarezzavano i tasti del pianoforte con la delicatezza più assoluta.

"Voglio starmene fermo.
Fermo.
Ti prego lasciami fermo.
Fermo.
Come il cielo che è fermo, fermo."

Continuò ad accarezzare i tasti componendo una melodia dolce e rilassante.

"Non hai sentimenti mi accusi di questo, ma io non sono quello che scrivo in un testo. La musica esce ma non mi descrive, io creo una canzone ma lei è vita che vive.
Non siamo più sogno e nemmeno passione
Ci siamo poggiati come sul prato le rose.
Io resto sconfitto, fa niente per questo ma ho solo bisogno di starmene fermo..."

Continuò a cantare ed io ero rimasta incantata.

Quando finì la canzone mi guardò.

"Sono riuscita a finirla questa notte." Disse sorridendo.
"Ho iniziato a scriverla qualche mese fa, ma non sapevo come farla iniziare."
"Sono la tua musa quindi?" Chiesi io divertita.
"Probabilmente." Disse.

Sorrisi e lo baciai.

[...]

"Ciao Rachel! Sei tornata, ti senti meglio?" Mi chiese una mia collega.
"Si, molto meglio."
"Bene, ti abbiamo assegnato una nuova ragazza da seguire, le abbiamo assegnato la lezione dalle 17 alle 18."
"Bene, grazie Anna."
Entrai nella mia aula, tolsi la custodia dal pianoforte e per riscaldarmi suonai qualche scala.
Pochi minuti dopo Alessandro entrò dalla porta e mi salutò con un abbraccio.
"Sei tornata!" Esclamò lui felice.
"Si, sono tornata, e visto che abbiamo saltato tante lezioni mettiamoci a suonare." Dissi io sorridendogli a mia volta.

Arrivai all'ultima lezione della giornata, e appena scoccate le 17 qualcuno bussò alla porta.

"Avanti." Dissi gentilmente.

"Devi essere Beatrice, giusto?"
Dissi appena vidi la minuta ragazza entrare nella stanza.
"Si." Disse timidamente.
"Bene. Vieni pure, non ho mai mangiato nessuno." Dissi ironicamente.

Prima di tutto mi presentai e lei fece lo stesso e poi ci sedemmo al pianoforte. 

"Allora, quali sono le ultime cose che hai fatto?" Chiesi.

Cercai di capire a che livello fosse visto che non aveva libri o spartiti con se.

Gli misi uno spartito abbastanza facile da suonare davanti e lei iniziò.

Quel che resta intatto lo dedico a te/ UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora