Capitolo 4 - Angeli

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«Sei sicura di non voler venire con me?» mi aveva chiesto sulla soglia del Tardis.

Avevo sbirciato alle sue spalle e avevo immaginato tutte le avventure che avrebbe vissuto non appena avesse chiuso quelle porte.

C'era qualcosa di diverso nel modo in cui me lo aveva chiesto quella volta: nei suoi occhi tristi non si rifletteva più la solitudine; erano invece oscurati da un'ombra di apprensione, ma a chi fosse rivolta, se a me che rimanevo o a lei che partiva, era un mistero.

Non avevamo più parlato di ciò che era successo con Figlia, né con la creatura che tormentava le mie notti, ma non potevo ignorare l'evidenza: una volta poteva rappresentare un caso, ma imbattermi in due mostri no. Stavano cercavano me!

«Facciamo così.» mi porse un biglietto. «Questo è il numero del Tardis: se hai problemi, chiama.»

E, con queste parole, volò via.

Non credevo che, ad un solo giorno di distanza, mi sarebbe servito.

*

Il cielo era lattiginoso e minacciava neve da un momento all'altro. Per questo, a parte me, non c'era nessuno a girovagare tra le lapidi. Il silenzio era assoluto come se il tempo si fosse fermato.

Mi allontanai dalla zona centrale e mi diressi verso quella dov'erano seppelliti sia la nonna che papà. Come facevo sempre, mi sedetti sulla tomba di quest'ultimo e iniziai a parlargli.

In quelle occasioni ero solita chiudere gli occhi e immaginare di essergli seduta in braccio, come quando ero piccola, e gli parlavo di tutto: della scuola, della famiglia, ...

Quella volta decisi di metterlo al corrente delle ultime novità.

«So che probabilmente non la rivedrò mai più, ma credo che lei mi piaccia...» confessai alla sua foto. «E so che non avresti approvato, però scommetto che ti sarebbe piaciuta: è intelligente e gentile, e ...»

Il mio sguardo prese a vagare senza meta, poi qualcosa attirò la mia attenzione: era una semplice statua, un angelo come tanti in quel cimitero.

Distolsi lo sguardo, ma stavolta mi fu impossibile ignorarlo: qualcosa si stava muovendo al limite del mio campo visivo!

Tornai allora a guardare la statua e mi sentii morire.

Era a pochi metri da me.

Mi affrettai a cercare il telefono e a selezionare il numero del Tardis.

Alzai gli occhi per controllare che la statua fosse ancora lì e quasi feci cadere il cellulare per lo spavento: adesso mi era proprio davanti, solo la lapide di papà a dividerci.

Indietreggiai senza toglierle gli occhi di dosso, troppo terrorizzata all'idea che, se lo avessi fatto, stavolta non avrei avuto via di scampo.

I primi squilli suonarono a vuoto.

"Rispondi! Rispondi!" pensai irrefrenabilmente.

Continuarono così ancora per qualche secondo, poi, finalmente, Doc si decise a rispondere.

«Pronto?»

Ignorai l'agitazione che avevo percepito nella sua voce e dissi:

«Doc! Puoi venire a prendermi?»

«Sin?» il suo tono cambiò e si fece più attento. «Sono un po' impegnata... cosa succede?»

«Sono in cimitero...» iniziai. Il panico mi stava annebbiando i pensieri, non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto. «C'è una statua...»

Doctor Who: The girl who stayed | wlwDove le storie prendono vita. Scoprilo ora