Capitolo 12 - Ninfee

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Partimmo immediatamente. Doc sfrecciò da una parte all'altra dei comandi e, in un istante, giungemmo a destinazione.

Scattai verso la porta, ma poi mi bloccai.

«Vuoi... vuoi fare tu gli onori?» balbettai per l'eccitazione.

Doc mi sorrise radiante e, con un semplice cenno della testa, m'invitò a proseguire.

Non mi trattenni oltre: spalancai la porta del Tardis e saltai fuori con un solo balzo. Atterrai su un soffice manto erboso che sembrava essersi appena ridestato dal gelo dell'inverno. La primavera, infatti, si respirava già nella dolcezza dell'aria e la si sentiva nel canto degli uccelli.

Una calda brezza mi scompigliò i capelli e mi lasciai andare in una risatina spensierata.

Eravamo atterrate su una piccola collinetta e più in là, ai suoi piedi, riuscii a scorgere una pozza d'acqua brillare sotto i raggi del sole come un laghetto fatto di diamanti. Una parte era rimasta riparata dalla luce grazie ad un imponente salice piangente che vi si stagliava sopra come un gigante che si stava specchiando. I suoi rami danzarono nell'aria, rivelando dei fiori che galleggiavano protetti dalla sua ombra.

«Siamo finite in un quadro, Doc! Letteralmente!» esclamai senza nascondere il mio entusiasmo.

Doc, che nel frattempo mi aveva raggiunta, si guardò attorno, le mani affondate nelle tasche e la posa rilassata.

L'avevo vista così in pace solo mentre dormiva.

«È così, infatti.» replicò accennando con il mento un punto poco più avanti.

Mi voltai a guardare in quella direzione e lo vidi: un uomo che si affannava davanti ad una tela, il cavalletto sistemato proprio davanti al colosso verde.

Monet.

Senza ulteriori indugi, Doc si diresse in quella direzione, probabilmente con l'obiettivo di infastidire il povero artista, perciò decisi che io, invece, mi sarei occupata di analizzare l'albero.

Sbirciai la tela, poi proseguii verso il salice e presi ad esaminare le radici alla ricerca di un punto cavo o una buca che potesse indicare che qualcosa vi fosse stato nascosto.

Niente.

Il tronco e la terra tutt'attorno erano immacolati.

Sconsolata, tornai dai due interlocutori.

«Io e la mia amica Cindy ci stavamo chiedendo se sapesse qualcosa a proposito di una fonte della giovinezza in questa zona...» stava dicendo Doc.

«No, niente del genere.» rispose educatamente, continuando però a fare il suo lavoro. Non sembrava infastidito dalla nostra presenza, anzi, sembrava quasi contento che qualcuno apprezzasse quel luogo paradisiaco tanto quanto lui. «Però girano delle voci su questo posto: si dice sia un punto in cui i poteri della natura si riuniscono.»

«Come le ley lines?» m'intromisi. Poi, accorgendomi che quel termine non esisteva ancora, mi corressi: «Cioè...Come... come delle linee di energia?»

Lui annuì vistosamente.

«Molto potenti.» borbottò tornando al suo lavoro.

In quel momento mi accorsi di riuscire a capirlo.

«Il suo inglese è notevole, signore.»

Lui, evidentemente sorpreso, non ebbe il tempo di rispondere perché Doc mi spinse in disparte.

«Lui non sta parlando in inglese, Sin.» mi confidò. «È il Tardis che sta traducendo per noi.»

«Quindi lui sta parlando in francese... Aspetta... questo significa che io sto parlando in francese!» conclusi estasiata. «In tutta la mia vita non sono mai riuscita a spiccicare una parola in francese ed eccomi qui, a conversare col mio pittore preferito e proprio in francese!»

Doctor Who: The girl who stayed | wlwDove le storie prendono vita. Scoprilo ora