13C - Rugbista semi muto

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Sbadiglio. È quasi mezzanotte ma ho promesso a Natalie che l'avrei aspettata perché voleva sentirmi. In teoria, dovrebbe essersi svegliata da una decina di minuti, perciò non dovrebbe tardare.

Come se l'avessi evocata, ecco il suo nome sbucare sullo schermo. Accetto subito la chiamata. «Pronto?»

«Ehi. Buongiorno. O buonasera.» Sbadiglia anche lei.

Sorrido. «Qui è quasi mezzanotte. Tra poco vado a letto.»

«Sì, anche io ho massimo mezz'ora prima di scappare. Allora, ti sei sistemata? Com'è la casa? Aspettavo una foto della tua stanza ma non è mai arrivata. Anzi, sei proprio svanita.»

«Sì, be'... ho fatto il giro della casa ed è divina, Nat, giuro. Anche l'appartamento di papà è bellissimo, ma questo trasuda proprio ricchezza. Comunque, non credo ci viva da moltissimo perché le stanze degli ospiti sono vuote. Nel senso che c'è solo una pianta come decorazione ma nient'altro.»

Silenzio per qualche secondo. «Mi stai dicendo che dormirai nel letto di uno sconosciuto.»

«Praticamente.»

«Oddio, pagherei oro per essere lì con voi. È così imbarazzante e divertente.» Sghignazza.

«Mi ha anche detto di usare il suo bagno in camera e di lasciare intatto il secondo perché ogni tanto viene la sorella nei fine settimana. Deducono che dormano insieme.»

«Può darsi. Io adoro dormire con Luke quando torna a casa.»

«Lo capisco, non l'ho vista come una cosa stramba.»

«Perché non lo è. Molti pensano che quando si cresce non si possano condividere certe cose. Ma che c'è di male nel dormire col proprio fratello? È bello e pure divertente. Sai che goduria tormentarli?»

«Non ho un fratello ma a me piace tormentare te, quindi lo so.» Ridacchio. Sono figlia unica e non credo i miei genitori abbiano mai sentito il bisogno di avere un altro figlio. A me sarebbe piaciuto capire nel profondo cosa significa avere un legame di quel tipo, ma mi accontento. Natalie è davvero la figura più vicina ha una sorella che ho e ne sono felice.

«Vero. A proposito, spero di riuscire a fare una scappata il mese prossimo. Vediamo come si mettono le cose tra i biglietti e le lezioni, va bene?»

Il cuore si alleggerisce. Sono contenta delle conoscenze che sto facendo qui, ho persino scambiato qualche messaggio con Lisa e Jenna, ma Natalie è la mia metà e mi manca tantissimo. Rivederla sarà come tornare a casa. «Certo. Verrai qui, ti farò provare l'idromassaggio e ti farò conoscere la squadra, se possibile. Non conosco ancora il loro calendario ma posso farmelo mandare da papà.»

«Idromassaggio e rugbisti? Sono tua.» Sussulta, sicuramente portandosi una mano sul cuore. Non ho bisogno di vederla per sapere che l'ha fatto. «Comunque, che mi dici di quell'altra cosa?»

«Farò attenzione. Pensavo di dirglielo ma... anche se non me ne vergogno, mi sento in imbarazzo. Lo conosco da troppo poco tempo.» Ammetto.

«Non ti forzerei mai, lo sai, però riflettici su. Vivete insieme, prima o poi se ne renderà conto.»

Sospiro, consapevole. «Lo so. Vediamo... ci penso un po' e valuterò quando dirglielo.»

«D'accordo. Adesso vai a dormire, io devo scappare. Buonanotte, amica.»

«'Notte.» Un altro sbadiglio.

Attacco la chiamata e stiracchio le braccia. Fisso il laptop posto sul tavolino e reprimo un sorriso.

A cena mi sono sforzata di fare una minima conversazione con Jordan ma avevo la testa da tutt'altra parte. Sul mio computer, per essere precisi. Così, dopo aver concluso, Jordan mi ha detto che avremmo fatto a turno per le faccende e che avrebbe stilato un calendario, poi si è piazzato davanti al lavandino e ha iniziato a lavare quelle poche cose che abbiamo utilizzato.

Io ho acconsentito all'istante. Mi piace pulire, perciò non sarà un problema. Successivamente, se n'è andato di sopra e non l'ho più visto. Non che mi dispiaccia. Io mi sono sistemata sul divano e, dopo quattro mesi, ho aperto un nuovo documento. Ho buttato giù un paio di idee, una nuova trama e deciso che avrei optato per un altro sport: il rugby. Avrei dovuto pensarci prima e interrogare papà, ma pazienza. Qualcosina la so già, tuttavia, imparare nel dettaglio è un altro genere di lavoro. Uno in cui sono pronta a imbarcarmi.

Un barlume di speranza inizia a crepitarmi nel petto ed è assurdo che sia accaduto dopo aver conosciuto quel brontolone di Jordan Baxter.

Strofino gli occhi e decido di andarmene a letto. Controllo la sveglia e mi avvio di sopra. Prima di entrare nella camera da letto che condivido con il mio coinquilino/finto fidanzato faccio un bel respiro profondo. Non condivido il letto con un uomo da diversi mesi ormai, è strano farlo con uno sconosciuto, ma... devo abituarmi. Siamo solo due adulti – non proprio – consenzienti che divideranno un letto. Non russo, non dormo in posizioni strane ma mi viene detto che sembro morta perché mi piace addormentarmi sulla schiena, le mani incrociate sul petto, e questo a volte sembra parecchio inquietante. È colpa mia se è l'unico modo in cui riesco a prendere davvero sonno? Quando sono stanca non ci faccio caso.

Apro la porta della camera e individuo subito Jordan: è a letto, le AirPods alle orecchie e il cellulare in mano. Non mi rivolge mezzo sguardo; in realtà, credo non si sia nemmeno reso conto della mia presenza talmente assorto da qualsiasi cosa stia guardando. Probabilmente una partita dei Dolphins, giocheranno contro di loro venerdì.

Raggiungo la cabina armadio e recupero il pigiama, poi vado in bagno. Mi chiudo la porta alle spalle e fisso il mio riflesso allo specchio. Sono un po' pallida. Pazienza. Mi cambio in fretta, poi spazzolo i denti e metto un po' di crema idratante sul viso dopo aver fatto le ultime cose.

Una volta pronta esco dal bagno e raggiungo il letto. Ora sì che Jordan Baxter si è accorto della mia presenza. Lo sento persino tendersi quando scosto le coperte e mi siedo sul materasso. Metto in carica il cellulare e sistemo il cofanetto. Infine, mi stendo sul morbido letto già tiepido a causa della presenza del gigante al mio fianco. Phil era alto 1.75 e a me andava bene essendo già la lontana cugina degli elfi, ma Jordan? È alto precisamente 1.90, l'ho cercato online, e al suo fianco sembro sua figlia. Gli arrivo a malapena al petto, con i tacchi forse fino alle spalle, ma abbracciarlo senza risultare un'idiota sarà un'impresa.

Rilascio un altro sospiro e spengo la luce al mio fianco, quella del rugbista semi muto è già spenta.

«Buonanotte.»

Dice qualcosa che non afferro ma non importa. Mi stendo e chiudo gli occhi, le mani poste sul petto coperto dal piumino leggero.

Il mattino successivo vengo svegliata dalla vibrazione dell'orologio al polso.

Certo, questo seguito dal fatto di essere spalmata addosso al mio finto fidanzato che adesso mi scruta con sguardo omicida.

Io che non mi muovo mai.

Io che sembro un cadavere che respira.

Io poco incline agli atteggiamenti affettuosi a letto perché voglio il mio spazio.

Io, Calista Spencer, sono stretta a Jordan Baxter, una gamba attorno ai suoi fianchi e la mano sul suo petto ampio.

Inorridisco all'istante e rotolo via, scalciando le coperte con i piedi. Poi afferro le mie cose e filo dritta in bagno, chiudendomi la porta alle spalle con una mano.

Santo cielo, ma che diamine ho che non va?!

𝐓𝐇𝐄 𝐓𝐑𝐘 𝐙𝐎𝐍𝐄Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora