Parte 1 senza titolo

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Serra delle Volpi

(..., il figlio di Gina)

Sono le tre del pomeriggio, e siamo a metà del mese di Giugno del 1955.

La scuola è finita da appena due giorni e io parto per una vacanza, che prevedo molto lunga: tutta l'estate.

Vado a Rocchetta da mia nonna materna Filomena; babbo mi ha accompagnato con la Topolino, a Trani: alla fermata dell'autobus per Cerignola, in piazza Bisceglie.

Fa caldo, e dove siamo in attesa non c'è un'ombra sotto la quale ripararci, non c'è neanche una tenda di un negozio abbassata.

Siamo in Puglia, e in questo periodo qui da noi non può essere diversamente.

Nel frattempo che aspettiamo l'autobus babbo, continua con i suoi consigli e raccomandazioni, come del resto aveva già fatto lungo tutto il tragitto da Corato.

Mia madre invece, quando sono uscito da casa, mi ha abbracciato e baciato più volte: qualche lacrima le ha solcato il viso.

È la prima volta che viaggio da solo: non ho che sette anni solamente e neanche compiuti.

Mio padre, Antonio, è proprio una brava persona; non è ingenuo e neanche uno sprovveduto, capisco però che è un po' preoccupato: sa che di me si può fidare, sa benissimo che avrei ascoltato e seguito i suoi consigli.

Lo capisco: del resto sono ancora un bambino, e non è usuale far viaggiare i bambini da soli.

******

Il viaggio, forse per quei tempi e per i mezzi allora in circolazione, era abbastanza lungo anche se appena di un centinaio di chilometri.

Era comunque un viaggio con troppe fermate, troppi cambi di autobus e soprattutto troppi autisti ai quali raccomandarmi.Ho la sensazione, che all'ultimo momento possa cambiare idea e non farmi più partire.

Il viaggio è lungo, e questo me l'aveva spiegato già in precedenza.

È una vacanza che loro mi hanno promesso da qualche tempo e gli accordi con nonna erano già stati presi.

Quante notti l'ho sognato questo viaggio!

In principio, come lo scorso anno, avevano deciso che mi avrebbero accompagnato loro, ma qualche giorno prima della partenza mia madre mi ha detto che, forse, non sarei andato a Rocchetta perché babbo non poteva più accompagnarmi: avrebbe avuto da fare più del solito.

Lo guardo dritto negli occhi mostrandogli tutto il mio timore, lui però intuisce e mi guarda: ha capito che forse sto per piangere, e subito mi rassicura accarezzandomi i capelli.

Comunque, aspettiamo; babbo perciò continua a darmi indicazioni: "Stai attento che a Cerignola, alla fermata del Duomo, devi scendere dall'autobus e aspettare quello per Candela, che arriverà dopo un po'".

"Quando poi sei arrivato alla stazione di Candela, scendi e aspetta l'autobus della ditta Lapalorcia, che ti porterà a Rocchetta; lì, vai subito a casa di nonna".

"Stai attento alla valigia, non fare arrabbiare nonna; fai il bravo, mi raccomando!", continua, mentre io annuisco vivacemente, volendo fargli capire che può stare tranquillo.

Arriva l'autobus: uno stridore di freni, uno sbuffo d'aria compressa ed è fermo; le porte si aprono e l'autista scende.

Fine dei consigli e delle raccomandazioni, ancora una carezza e salgo.

Sono l'unico, non c'è nessun altro che sale.

Mentre decido dove sedermi, sento babbo parlottare con l'uomo: evidentemente mi sta affidando a lui.

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