Serra delle Volpi 2

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Belli i campi di grano, biondi a Giugno, ondeggianti, cullati dal vento; uno spettacolo che ancora oggi mi affascina.

È lunga la strada per Candela, e anche deserta; le donne intanto, dietro, iniziano a cantare: canti popolari della tradizione contadina.

Cantano anche gli uomini, autista compreso, ma non il mio vicino.

Uno tira fuori l'armonica e prende a suonare; è bravo credo, e per me comunque quel suono è piacevole.

Attratto, mi giro, e poggiando le ginocchia sul sedile, mi sollevo, guardo e sorrido.

Gente allegra e spensierata, e si vede; eppure sono braccianti; gente costretta e abituata a duri lavori, e forse a scarsi salari.

Vanno al lavoro, chissà dove, a mietere il grano; lavoro duro, da fare sotto il sole cocente, eppure cantano; maschi e femmine, almeno su quest'autobus sono allegri.

Sembra, specie le donne, che non abbiano pensieri o preoccupazioni.

Sicuramente vedo che sono contenti di andare a guadagnarsi il pane, sia pure con un duro lavoro, comunque un lavoro, come quello del mietitore.

Ho pensato in questo frangente, che anche gli operai della falegnameria, che sta sotto casa, mentre lavorano con la pialla, cantano spesso.

Canzoni, inventate al momento, parafrasando vecchi motivi, famosi anche in epoca fascista, così come del resto canticchia con piacere anche mio padre.

Continuo ad ammirare i campi, e l'orizzonte adesso non è più piatto; cominciano a disegnarsi alte colline dove, per la maggiore forza del vento, il grano ondeggia di più: come un mare in tempesta.

Arriviamo a Borgo Libertà-Torre Alemanna, un piccolo borgo abitato da contadini e piccoli proprietari terrieri, con un bar, una scuola elementare, un negozio di generi alimentari, una chiesetta e un'antica torre quadrata, costruita da tedeschi secoli addietro.

Qui, scende il mio vicino; istintivamente mi sposto di lato per fargli spazio e lui, non senza fatica, si alza e mi porge la mano stringendo forte la mia.

Mi saluta con un sorriso: "Arrivederci" mi dice; "Arrivederci", rispondo; piano, aiutato dall'autista, scende e si allontana.

Non ho mai più incontrato quell'uomo, però ogni volta che passo di lì anche in autostrada, mi ricordo di lui.

L'autobus riparte e le donne riprendono a chiacchierare.

Due di esse, giovani, vedo che mi stanno osservando, e dopo essersi scambiate qualche parola, mi fanno cenno di avvicinarmi a loro.

Una mi chiama per nome: "Franco!"

Mi alzo chiedendomi come fa questa a conoscere il mio nome.

"Sii!" fa lei: "Tu sei Franco il nipote di padrona Filomena!"; annuisco e riconoscendo quasi subito la sua voce grido il suo nome: "Rosetta?" "Tu sei Rosetta!"

"Sii...: sono io!" mi risponde.

Lei si alza ed io le corro incontro; mi abbraccia e mi dà un bacio in fronte e uno sulla guancia, stringendomi di più a sé.

"Sei diventato grande, sei un giovanotto adesso; ti ricordi di me?" "Lo scorso anno alla masseria di Valle Traversa, ad Ascoli Satriano, c'ero anch'io per la mietitura!" mi dice guardando le sue compagne, che anch'esse sembrano sorprese.

"Torno di nuovo là con le mie compagne, domani inizieremo a mietere l'avena" continua baciandomi ancora.

"Io vado a Rocchetta a stare tutta l'estate con nonna, e può darsi che più in là veniamo anche noi alla masseria!", concludo.

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