Nell'Ottobre del 1752, San Gerardo, trovandosi a passare per Rocchetta, era diretto a Lacedonia, e fermatosi alla taverna per rifocillarsi, trovò nei pressi un uomo che bestemmiava come un forsennato; una Sua benedizione lo trasformò in un fervente devoto.
Questo si dice sia stato il 23mo miracolo di San Gerardo, e difatti sul basamento è scolpito il numero ventitré.
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Un gioco semplice per un bambino di sette anni, e comunque innocuo e divertente; basta poco, per chi sa accontentarsi.
C'è movimento di persone adesso: quasi tutte in silenzio e prevalentemente donne che tornano dalla fontana, dove hanno fatto scorta di acqua.
Chi con l'asino carico di due barili pieni di acqua, attaccati al basto e ancora bagnati, e chi il barile, o un cesto pieno di biancheria appena lavata, l'ha in equilibrio sul capo.
Qualcuno invece, a cavallo di un asino torna dalla sua vigna: lo capisco vedendo la bisaccia gonfia.
Apparentemente sopra pensiero, e con un incedere lento, queste persone, evidentemente stanche, sono pronte, però, a fermarsi subito e scambiare due chiacchiere con qualche loro conoscente incrociato per caso.
La scena è sempre questa, e si ripete ogni santo giorno; è così che funziona, in un piccolo paese agricolo e collinare dell'Italia meridionale.
Scendo dalla croce: è ora di tornare a casa; sono fuori da tutto il primo pomeriggio, e il sole è appena tramontato.
Apro la vetrina e mi affaccio; vedo che all'interno c'è un gran da fare: dei grossi fagotti sono ammucchiati all'ingresso, e nonna va avanti e indietro prendendo e sistemando le ultime cose, e poi, stanca, si siede; ha finito.
Si scioglie, e, aggiustandolo, si riannoda il fazzoletto in testa; rivolgendosi a me dice: "Semp 'ngir, vaj tù!"(Sempre in giro, vai tu!)
Poi continua: "Abbiamo preparato tutto: se tuo zio viene con la macchina, a Valle Traversa andiamo stasera; altrimenti domani, ma con il trattore!".
"Uhm..., il trattore!" l'idea mi piace; non sono mai stato su un trattore, anche se qui ne vedo diversi, verniciati di rosso e marca OM, da 25-35 cavalli vapore; qualcuno l'ho visto trainare anche un rimorchio con della gente seduta sul pianale, che a ogni fosso o avvallamento preso, sobbalzava e sbatacchiava le persone, una contro l'altra.
Ho chiuso la vetrina e sono andato a sedermi al suo fianco; siamo rimasti così, in silenzio: non abbiamo niente da dirci.
Io, con le mani sotto le ginocchia faccio dondolare le gambe e sbattere le scarpe; nonna invece, il mento stretto tra le dita di una mano, è assorta nei suoi pensieri: chissà a cosa sta pensando.
Poi mi alzo e vado in cucina a prendere un po' d'acqua: ho sete; poco dopo nonna mi segue, e va ad aprire la matrella; taglia una fetta di pane e una di formaggio, e le mette in un piatto insieme con due pomodori.
"Mangia questo!" mi ordina, e aggiunge "Non c'è tempo per preparare la cena e mettersi a tavola: dobbiamo essere pronti per andare via!" mentre poggia il piatto sul tavolo.
"Va bene" dico, e prendo le posate e mi siedo.
Un certo languorino allo stomaco l'ho, adesso; questo pomeriggio, tra le scivolate e gli alti gradoni di energia devo averne consumata un bel po'.
Prendo i pomodori li taglio e li spremo sul pane, strofinandoli; tengo in una mano il formaggio e nell'altra il pane e tiro un morso, prima a uno e poi all'altro; masticando lentamente li gusto, assaporandoli pienamente.
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Serra delle Volpi
General FictionIn questo romanzo cerco di condurre il lettore in un coinvolgente racconto di vita vissuta, con una dovizia e precisione di episodi ed esperienze impressi nella mia memoria. Il mio è un viaggio in un paesaggio e ambiente bucolico, che mi hanno segna...