In pratica non c'è nessuno in giro, e non c'è traffico: non ci sono quasi autovetture in quest'epoca.
Sulla sinistra c'è il negozio del signor Capaldo: vende elettrodomestici e fornisce bombole di gas.
Il figlio Michele e mio zio Ferdinando sono molto amici.
Quasi di fronte c'è il tabacchino, dove mio zio, con tre uova, mi manda a prendere cinque sigarette; qui, per i piccoli scambi, c'è ancora il baratto.
È anche bello il baratto; tu vai, prendi le sigarette, e paghi con tre uova: niente soldi; la prima volta però, per me è stato imbarazzante.
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Oggi si potrebbe anche ritornare a praticarlo, almeno per le piccole cose, ma penso che lo stato non lo permetterebbe.
Il tabaccaio, non può segnare tre uova come incasso e versarne due allo stato sotto forma di tasse; alla burocrazia, verrebbe da ridere.
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Arrivo in piazza e qualcuno c'è: più che altro vecchi; coppola, bastone, sigaro o pipa: sono proprio vecchi.
Qui gli anziani lavorano ancora, la campagna ha bisogno di braccia e le pensioni sono solo privilegio di pochi, di chi è stato dipendente pubblico principalmente.
C'è un bar in piazza, proprio sotto il palazzo del mio bisnonno materno, dove nel 1920 era nata mia madre; incuriosito, mi affaccio all'interno, e vedo poggiato al bancone il vigile urbano Arduino che sorseggia un caffè, forse offertogli da uno dei due con cui sta parlando.
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Difficile anche a quei tempi che uno in divisa non trovasse in un bar qualcuno che gli offrisse almeno un caffè.
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Mi vede e mi dice: "Uagliò che faj qua!" "Niente, passeggio!" rispondo; e lui di rimando: "Z-ja-n-ta Frdnand, quann ven a la Rocca?" (Tuo zio Ferdinando, quando ritorna a Rocchetta?) - "Non lo so!" torno a rispondere.
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"Caspita, pure questo sa chi sono!" penso e ne ho conferma; in un piccolo paese tutti sanno tutto di tutti; non si scappa.
Credo che non fosse un fatto negativo; piuttosto era proprio questa condizione che permetteva, e permette, rapporti più umani: senza essere egoisti o sentirsi addirittura superiori agli altri, come invece avviene oggi.
L'Italia è un paese strano; siamo forse passati troppo velocemente dal carro agricolo all'automobile e poi all'aereo, e questo senza aver evoluto anche la nostra cultura, intesa come senso civico, educazione, rispetto delle regole, delle cose e della persona; eppure, prima, la gran parte della gente era analfabeta.
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Saluto ed esco dal bar; ho deciso di salire sino al castello: vedendolo dal balcone di casa, mi ha incuriosito.
I castelli incuriosiscono sempre, perché hanno una storia alle spalle; è questa, oltre all'architettura, che m'incuriosisce ancora oggi; essere curiosi, con questo tipo di curiosità, sinonimo di voglia di sapere, imparare e aggiornarsi, serve per migliorare la propria cultura: e vale per tutti.
Questa manca, a noi Italiani di oggi: la cultura, che è cosa ben diversa dall'istruzione.
Tutti, oggi, con l'obbligo scolastico, siamo in parte istruiti, ma è la cultura, con l'educazione civica, a doverci rendere un popolo civile; ma non ci sono né l'una né l'altra.
Proseguo; la piazza è piccola e finisce presto e inizia il corso, in salita.
Sulla sinistra c'è la chiesa della Maddalena, la chiesa di nonna, sulla cui facciata prospiciente il corso ha il monumento ai caduti, con tutti i nomi dei giovani di Rocchetta caduti in guerra, che, alzando lo sguardo, mi sono fermato a leggere.
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Serra delle Volpi
General FictionIn questo romanzo cerco di condurre il lettore in un coinvolgente racconto di vita vissuta, con una dovizia e precisione di episodi ed esperienze impressi nella mia memoria. Il mio è un viaggio in un paesaggio e ambiente bucolico, che mi hanno segna...