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C'è silenzio intorno a noi: solo il lieve rumore degli zoccoli ferrati di Cerasella che, lenta, cammina al passo.
Guardo il paese; adesso qualche luce vi si accende, e la strada intanto diventa sempre più ripida e faticosa: comincio a respirare più veloce; allora prendo la coda e mi attacco, avvolgendone la punta intorno alla mano: mi lascio tirare.
Il sole, nel frattempo è tramontato dietro una collina; c'è ancora abbastanza luce: non siamo proprio al crepuscolo.
In lontananza si sente il suono di una campana, è l'ora dei Vespri.
Nonna, da una tasca della lunga gonna, prende la coroncina e incomincia a recitare il Santo Rosario.
Io, sempre attaccato alla coda, continuo a guardare il paese; molte più luci si sono accese; da lontano, adesso il paese sembra un presepe.
Stiamo per abbandonare la strada sterrata, quando a un tratto sento che l'asina tira su con forza la coda e comincia a spernacchiare.
Mi giro, e vedo che questa sta defecando; rapido mi sposto di lato per non essere investito dai suoi escrementi; un fetore m'investe; istintivamente giro la testa, e con l'altra mano mi turo il naso.
Cerasella continua a camminare flemmatica e costante nel suo passo; siamo adesso sulla provinciale: è asfaltata di recente, bella, larga e quasi pianeggiante.
Poco prima nonna mi ha fatto salire davanti a lei, sul garrese dell'asino.
Adesso sono più in alto; non sono mai salito prima dall'ora in groppa a un quadrupede, sia pure di un'asina; le gambe scoperte, per via dei pantaloncini corti, a contatto diretto col corpo dell'animale mi permettono di sentire i movimenti della sua muscolatura.
Non so perché, ma a un certo punto, e mi coglie alla sprovvista, l'asina abbassa velocemente il collo fino quasi a toccare l'asfalto col muso.
Starnutisce fortemente, il suo corpo vibra tutto ed io le sto scivolando sulla testa; nonna rapidamente mi trattiene cingendomi alla vita.
Ho avuto paura, a un tratto davanti a me ho visto il vuoto.
Entriamo in paese, e già dalle prime case vedo la gente seduta sull'uscio; nonna saluta tutti e tutti rispondono al saluto; mentre alcuni fanno seguire un loro commento, a me indirizzato, vedendomi in quella posizione alquanto precaria.
A questi, nonna fa seguire diplomaticamente secchi rimproveri e un diverso saluto.
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A nonna non si potevano fare battute e commenti a lei poco gradevoli, non li accettava mai; ti mandava a quel paese senza pensarci due volte, e valeva per tutti.
Ovviamente solo in stretto dialetto rocchettano, la sua lingua.
Il bello di un piccolo paese, tra l'altro, è proprio questo: tutti si conoscono e tutti si salutano, perché spesso sono anche lontani parenti.
Qui, cugini di quarto o quinto grado si considerano ancora parenti; difatti ho notato, che, specie gli uomini, si salutano apostrofandosi confidenzialmente con questa espressione: uè parè! - oh...parente!
Le giovani donne tra loro si chiamano per nome; quando invece si rivolgono a donne anziane e così come tra anziane, usano sempre, confidenzialmente, il sostantivo zà: zia.
Da noi a Corato, tra uomini si usa il sostantivo cumpà: compare; come detto prima, tra donne il sostantivo cummà: commara.
Tutto ciò io lo considero un vivere più a misura d'uomo; ed ecco perché, specie oggi, sono convinto che questi piccoli paesi disseminati lungo tutto l'Appennino italiano debbano essere visitati e valorizzati; lì, nonostante tutto, si vive ancora come una volta: come ho già detto.
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Serra delle Volpi
General FictionIn questo romanzo cerco di condurre il lettore in un coinvolgente racconto di vita vissuta, con una dovizia e precisione di episodi ed esperienze impressi nella mia memoria. Il mio è un viaggio in un paesaggio e ambiente bucolico, che mi hanno segna...