Serra delle Volpi Parte 6

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"È tardi, e fra non molto si pranza!" mi dice passandomelo.

Il pranzo è pronto e zia Paola è tornata da scuola: lei è ancora impegnata col lavoro, perché ci sono gli esami di licenza elementare.

Siamo in tre a tavola e mi dicono che nonna è andata alla vigna e zio Ferdinando a Foggia, per sbrigare alcune faccende.

Guardo zia Paola: è veramente una bella donna, molto fine ed elegante, una donna di classe; con me parla sempre in italiano, con atteggiamenti e linguaggio da vera educatrice.

Niente pennichella oggi: sono libero di uscire, con la raccomandazione di non allontanarmi troppo.

È pomeriggio presto, saranno le due, due e mezzo; è la controra, come si dice da noi in Puglia; il sole è alto e fa caldo; capisco il perché della pennichella: con questo... caldo, dove vai?

A me, ragazzino, non interessa ed esco.

Non c'è nessuno per strada, e il salone di mastro Paolo è chiuso; sono indeciso: mi guardo intorno, e non so', dove andare.

Allora mi avvio verso il campo sportivo, e penso che da lì potrei andare alla vigna, a trovare nonna.

Anche lì sul campo non c'è nessuno; lo spazio è grande e adesso c'è un leggero venticello; guardo in direzione di Monte Calvario e vedo alcune mucche pascolare a mezza collina; quasi tutte portano al collo i tipici campanacci, dei quali ogni tanto mi giunge il suono.

In lontananza, in cima al monte, vedo la grande croce di ferro; ho deciso, andrò lassù.

Do' un'occhiata in direzione e cerco di capire come fare, quale strada prendere.

La strada che sulla destra costeggia il campo sportivo è breve, e alla fine c'è una croce in pietra, una sorta di croce celtica; girandoci intorno vedo, in alto, all'intersezione del lato orizzontale della croce, scolpita la figura di Cristo che guarda verso la Puglia.

Dopo inizia un sentiero che penso debba essere la strada giusta per andare in cima; lo prendo, e mi avvio verso la meta.

Il sentiero è per un breve tratto in leggera discesa, per cui lo percorro piano e agevolmente, sino a giungere a un fontanile: la funtana r moccia (la fontana di Moccio); qui, un tubo di ferro esce dalla roccia e da questo l'acqua, fresca e abbondante.

Afferrandolo e sporgendomi in avanti, bevo con piacere; non si può non bere quest'acqua: anche se non hai sete, devi farlo.

Più che fresca l'acqua è proprio fredda, e così mi sono bagnato le braccia e anche il viso.

Un'enorme vasca di pietra la raccoglie prima che finisca nel terreno, per poi scorrere a valle e disperdersi.

Lì l'erba è più verde e più alta, e ondeggia al vento come il grano.

Mentre con le mani schiaffeggio la superficie, schizzando acqua dappertutto, sul fondo ho visto degli animaletti, come dei vermi, neri.

Incuriosito cerco di prenderne uno, ma la vasca però è troppo profonda per il mio braccio: non ci arrivo.

Non insisto, corro il rischio di caderci dentro, e per un attimo desisto; non ci rinuncio però, non è da me; mi metto alla ricerca: devo cercare qualcosa che mi agevoli.

Girando intorno alla vasca trovo un rametto abbastanza lungo; e manco a farlo apposta, su una punta ha come una specie di uncino; è perfetto, e con questo sono riuscito a prendere uno di quei piccoli vermi.

L'ho poggiato sul bordo della vasca e ho preso a osservarlo attentamente da vicino; muovendolo prima con la punta del rametto e poi col dito, alla fine l'ho toccato: è molle e viscido; l'animaletto sarà lungo almeno cinque centimetri, e spesso quasi uno.

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