E riempirei di mazzate quel tuo vecchio ragazzo

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 Il cielo su Roma inizia a cambiare colore quando il sole di quelle ultime giornate di febbraio si va a nascondere dietro i colli circostanti e il blu della notte comincia a prendere il dominio prima sul cielo, poi su tutte le ombre.

Simone è appena tornato a casa dopo un pomeriggio passato con Manuel a studiare. O meglio, lui studiava, il suo ragazzo gli era stato sempre accanto, anche se davanti a lui non c'era nessun libro; ogni tanto lo interrompeva per fargli vedere qualche video stupido o per commentare qualche meme che aveva trovato. 

Decide di lavarsi e poi di mettersi comodo in tuta ad aspettare l'ora di cena.

È ancora sotto la doccia quando il campanello di villa Balestra risuona al piano inferiore. Dante, che è rinchiuso nel suo studio dall'intero pomeriggio a preparare le varie lezioni per il giorno successivo, è un po' scocciato dall'interruzione, ma si alza lo stesso dalla sua poltroncina per andare a vedere chi possa essere.

La porta finestra d'ingresso della casa gli permette di vedere chi ci sia al di là della porta appena passa dallo studio al soggiorno.

"Daniele.", dice con un tono in cui non dissimula la sorpresa che ha nel vedere il ragazzo di nuovo all'entrata della sua casa.

"Professore, buonasera. Posso?", chiede Daniele, mostrando la scatola in cartone che ha tra le mani.

"Prego".

Dante si sposta quel tanto che basta per permettere al ragazzo di fare un paio di passi e trovarsi così di nuovo in quella casa che fino a poco tempo fa frequentava molto spesso.

"Ci metto solo un attimo. Ho riportato le cose che Simone ha lasciato a casa mia."

"Papà, ma dove hai messo il-"

Simone, si ferma in mezzo alle scale; ha indosso una maglia bianca e dei pantaloni della tuta di color grigio e stava scendendo al piano inferiore per chiedere al padre dove fosse finito il suo phon, visto che è sparito dal suo bagno, ed è sicuro che l'abbia preso il padre, che si ostina a non comprarsene uno da tenere nel proprio di bagno. La voce di Simone si è spenta non appena nel suo campo visivo era rientrata la figura di Daniele. Non sa perché sia lì, ma soprattutto non lo aveva avvisato del suo arrivo. Un po' si sente confuso, ma sa che l'altro ragazzo non gli deve spiegazioni sui suoi spostamenti – dopo tutto, probabilmente, sarà lì per parlare con suo padre, che è pur sempre il suo professore.

Decide di percorrere gli ultimi scalini che lo dividono dal piano terra, facendo attenzione a non scivolare dato che ai piedi ha solo dei calzini bianchi.

"Ciao.", dice, cercando di nascondere il disagio che lo ha accompagnato negli ultimi metri percorsi.

Daniele lo squadra dalla testa ai piedi, come se fosse la prima volta che lo vede dopo chissà quanto tempo.

"Ciao. Sono passato a riportarti questi."

Gentilmente gli passa quel parallelepipedo di cartone che ha tra le mani. Simone lancia un veloce sguardo verso il contenuto, riconoscendo alcuni degli oggetti che aveva lasciato a casa dell'altro ragazzo – un astuccio con penne extra nel caso si fosse fermato a fare i compiti da Daniele, un maglioncino azzurro che era a casa dell'altro se avessero deciso di uscire e non avesse avuto il tempo di tornare a casa; improvvisamente il viso di Simone si apre in un sorriso timido quando tra le varie cose custodite in quella scatola riconosce il libricino di Pavese che Manuel gli aveva rubato la prima volta che si erano incontrati.

"Grazie", dice, mentre ancora il sorriso gli è sulle labbra. "Ti posso offrire qualcosa?", si ritrova a dire, più per cortesia che con il reale intento di invitarlo a restare.

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