Ma il momento per fermare il tempo non è mai

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 Sei mesi dopo


Manuel si ferma ad osservare l'ambiente che lo circonda: una grande sala arredata con mobili sui toni del marrone, per dare quell'illusione di trovarsi in qualche biblioteca d'altri tempi – un po' come quella de "La Bella e la Bestia" – con le pareti piene di librerie ancora vuote, intervallate da piante ornamentali o da quadri con vecchie stampe incorniciate. Tutto quello che c'era all'interno di quell'enorme stanza era stato recuperato da qualche mercatino dell'usato nei dintorni di Milano, ed era stato scelto principalmente dalla sua amica Francesca, l'unica che sarebbe riuscita a non farsi fregare dai venditori.

Si avvicina a un tavolino color mogano, messo al centro della sala provvisoriamente; sopra ci sono le brochure, impilate in ordine da un lato, e dall'altro stese come se facessero parte di un ventaglio. Manuel ne prende una e ne accarezza le pagine come se fosse la cosa più preziosa che possiede al momento. E forse un po' così lo è.

Sospira profondamente.

Domani, quel posto che ora è completamente vuoto sarà pieno di gente – o almeno, lo spera – pronti a celebrare l'inizio di un suo nuovo percorso di vita.

Anzi, meglio dire il loro.

Dopo che il suo romanzo aveva trovato posto nelle librerie indipendenti, ed era piaciuto così tanto che ne era stata chiesta una ristampa, e poi ancora un'altra, a Manuel era venuta in mente l'idea di fondare una piccola casa editrice. Certo non poteva fare tutto da solo e aveva esposto il suo progetto a Carlo, Alberto e Francesca. I tre amici si erano mostrati subito entusiasti; ma all'idea dovevano seguire anche dei fatti concreti. Non era stato facile in quei mesi trovare un locale adatto che potesse contenere una parte dedicata agli uffici, in cui incontrare autori o fornitori, e una parte dedicata alla tipografia. Non era stato facile convincere alcuni scrittori, che si rivolgevano alla tipografia in cui Manuel lavorava, a fare il salto nel vuoto e ad affidarsi a una nascente casa editrice – e Manuel pensava di essere anche stato scorretto nel togliere, così, dei clienti al suo ex – capo.

Alla fine delle dieci persone che aveva contattato, e che Manuel aveva scelto perché era rimasto intrigato dai loro libri mentre correggeva le bozze, erano tre quelli che avevano accettato. Avere la responsabilità del futuro editoriale di tre giovani scrittori era una grande responsabilità per Manuel e i suoi colleghi, ma si sarebbero impegnati al massimo pur di riuscire a far funzionare il tutto.

Ovviamente c'era stato anche il problema economico: pur mettendo insieme tutti i risparmi delle loro vite, e prendendo a noleggio l'attrezzatura necessaria per stampare e rilegare un libro, senza doverla comprare, i quattro amici non riuscivano a far quadrare i conti. Il locale che avevano trovato era nella periferia di Milano, ma, nonostante questo, l'affitto costava un occhio della testa. Quindi, pur avendo il luogo adatto per far iniziare il loro sogno, pur avendo la materia prima alla base di un progetto editoriale, mancavano gli strumenti necessari per trasformare tutte le loro ambizioni in libri veri e propri.

Manuel aveva parlato di questi problemi con sua sorella Viola una sera a cena; e, casualmente, il giorno dopo, Nicola lo aveva chiamato per dirgli che aveva voglia di fare un investimento e gli aveva chiesto se poteva entrare a far parte della società, almeno fino a quando la casa editrice non sarebbe arrivata al punto di break even. Manuel aveva provato a desistere, ma sentendosi con i suoi colleghi, si era deciso ad accettare l'offerta.

Far entrare in società il padre, alla fine, si era rivelato un'ottima scelta, non solo dal punto di vista finanziario, ma anche dal punto di vista organizzativo, visto che sapeva come meglio muoversi nella gestione delle risorse. Era stato lui che gli aveva convinti a comprare tutti i macchinari che sarebbero stati necessari al corretto svolgimento della loro professione – senza dover aspettare che arrivassero momenti migliori per fare quegli acquisti.

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