...per guardare questo cielo viola

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Simone e Manuel sono appena usciti dall'ufficio del fotografo presso cui lavora Matteo, che si trova vicino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. L'incontro con l'amico del più piccolo è stato più veloce del previsto: Matteo gli aveva assicurato che ci sarebbe stato un fotografo sia per la cerimonia che per la festa se si fossero accontentati di un ragazzo che stava facendo lo stage presso lo studio fotografico; lui sarebbe stato lì come assistente, quindi non avrebbero dovuto preoccuparsi della qualità delle foto o di altro.

A entrambi era sembrato un buon compromesso e, di certo, non avrebbero trovato niente di meglio a due settimane dalle nozze.

"Da quant'è che Matteo lavora qua?"

La domanda di Manuel arriva quando stanno passando nelle vicinanze dell'arco di Gallieno, uno dei posti in cui Simone lo aveva portato durante l'uscita che aveva vinto con lui all'asta degli appuntamenti. Sia lui che Simone hanno gettato un'occhiata veloce a quel monumento in pietra e la mente di tutti e due è volata a quel ricordo perso nel tempo.

"Un annetto ormai. Da quando ha capito che studiare Lettere per stare vicino a Laura non era la cosa giusta per lui."

Manuel soffia un sorriso.

"Incredibile che quei due stiano ancora insieme. Me ricordo ancora quanto te rompeva Matteo pe' convincette a fa' usci' Laura co' noi."

"Non ti preoccupare perché mi rompe ancora ogni tanto; mi chiama e mi chiede se, secondo me, Laura lo ama ancora. E comunque non mi sembra incredibile che la loro storia duri da tanto, quei due sono proprio destinati a stare insieme. E se il destino di due persone è quello di ritrovarsi sempre e comunque, non si può fermare. L'hai scritto anche tu nel tuo romanzo,no?"

Manuel dà un calcio a un sassolino che si ritrova davanti alla scarpa, sbuffa e alza le spalle.

"L'ho scritto nel romanzo proprio perché c'ho la sensazione che 'ste cose nun succedano nella vita vera."

Perché se succedessero, saremmo noi due quelli che stanno ancora insieme, pensa.

"Manuel Ferro e il cinismo."

"Io direi più Manuel Ferro e la realtà. Comunque la tipografia sta vicino a' scola nostra. Che strada dovemo fa' pe' arriva' prima?", chiede il maggiore, cercando di cambiare discorso rapidamente.

"Andiamo per di qua.", dice Simone, indicando una via in sampietrini proprio davanti a loro.

"Spero proprio che mia madre nun ce dia troppe cose da fa' nei prossimi giorni. Vorrei fa' 'n po' de giri pe' conto mio."

"Per?"

"Cerca' 'n locale abbastanza grande pe' fa degli uffici qua a Roma. Ormai trattiamo molti autori che vivono al Sud e me piacerebbe ave' 'n luogo de lavoro serio pe' parla co' loro."

"Quindi vuoi aprire una sede anche qui a Roma?"

"Seh.", risponde Manuel, mentre mette entrambe le mani in tasca, rallentando così il passo e costringendo anche l'altro a seguirlo. "Poi stavo pensando che potevo torna' a sta' qua in pianta stabile, senza dove' fa sempre su e giù; ma de questo ne devo parla' ancora co' gli altri."

"Bello", dice Simone, ma il tono della sua voce non è entusiasta.

"Che c'è?"

"Niente, è tutt'apposto."

"Nun me sembra. T'ho detto una cosa positiva pe' me, ma sembra che t'ho appena confessato che te devono taja' 'na gamba."

Simone sbuffa, prima di fermarsi. Davanti a loro c'è un muro giallo, e per proseguire dovrebbero girare a sinistra; entrambi, però, sono immobili vicino all'angolo della strada.

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