Caos

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Quando arrivano a casa di Matteo, la festa deve ancora cominciare.

Matteo è in salotto, intento a togliere di mezzo tutte le cose che potrebbero essere rotte accidentalmente dai suoi invitati: ripone in una scatola quel vaso in cristallo, rigorosamente senza fiori dentro, che è stata la bomboniera dei suoi genitori al loro matrimonio; quel piattino in ceramica color ocra con un gallo disegnato al centro, ricordo d' infanzia della madre di quando passava l'estate in Puglia; e tutta la collezione, appartenente al padre, di soldatini, dipinti a mano, che, di solito, fanno bella mostra su un mobiletto in legno, vicino alla porta d'ingresso del salotto.

"Oh, regà, siete già arrivati.", dice quando nota la presenza di Simone e Manuel, entrati dalla porta principale lasciata aperta dal proprietario di casa perché sta aspettando l'arrivo del catering.

"Lo sai che Simone se nun arriva in orario, poi se sente male.", risponde Manuel, in tono scherzoso; il più piccolo gli dà una spallata, mentre sorride al fatto che l'altro ha ragione – lui deve necessariamente arrivare all'orario prestabilito, altrimenti inizia a sentirsi in colpa.

"Sì, lo so. Pensa che 'na volta ha voluto esse' accompagnato alle poste pe' ritirare 'n pacco, e siccome sul foglietto che gli avevano lasciato c'era scritto che il ritiro era disponibile dalle 14 e 30, nun m'ha fatto neanche fini' de magna' ché m'ha trascinato all'ufficio postale. Manco se poi glielo facevano sarta' in aria. il pacco se nun se presentava a quell'orario."

"La volete finire di prendermi in giro?", chiede Simone, fintamente irritato da quell'alleanza.

"Vabbè, io devo fini' de prepara'. Voi mettetevi comodi, tanto Simone sta di casa qua."

Matteo si allontana verso quella che Simone sa essere la cucina, mentre Manuel inizia a guardarsi attorno, notando qualcosa di strano che normalmente non è solito vedere nei salotti delle case.

"Ma che è quel marchingegno là?"

Slaccia la mano da quella di Simone per dirigersi verso una cabina posta all'angolo più lontano rispetto a dove stanno loro; sa benissimo cos'è; la domanda che ha fatto al suo ragazzo è una domanda retorica. Il suo dubbio riguarda la presenza di un oggetto del genere all'interno di quell'ambiente.

Anche Simone sembra confuso: ricorda bene che quell'angolo della casa di Matteo è occupato da una sedia di quelle di legno, con i manici intarsiati e il sedile e lo schienale imbottiti, ricoperti da un tessuto pregiato; una di quelle poltroncine che sono difficili da spostare senza riuscire a non far stridere le gambe con il pavimento sottostante.

"Ti posso assicurare che non fa parte dell'arredamento abituale di casa di Matteo."

Bastano pochi passi a Simone per raggiungere il suo ragazzo, che nel frattempo ha iniziato a esaminare quello che ha davanti, spostando la tendina che separa l'interno di quella cabina dal resto della stanza.

"Oh, ma se possono fa' le foto gratis."

Un attimo dopo, sono entrambi già seduti in quel posto troppo stretto per due, tanto che Manuel è costretto a stare con una gamba su quelle di Simone, e la tendina rosso carminio segna il confine tra il mondo esterno e quel micromondo che si è appena creato all'interno di quella cabina.

Simone è sconcertato da due cose: la prima è la presenza del photo booth nel salotto del suo amico – anche se Matteo gli aveva detto che ci sarebbe stata una sorpresa, ma non immaginava che avesse preso a noleggio un macchinario del genere; la seconda è la voglia di Manuel di farsi una foto – visto quanto l'altro è restio a farsi immortalare.

"Che ci facciamo qua dentro?", chiede ingenuamente, mentre osserva l'accenno di un sorriso che si fa strada sulle labbra di Manuel, cosa che non accade spesso negli ultimi giorni.

Love is paranoidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora