6. | NEVE |

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Lisa's POV:
Quegli occhi rossi che mi fissavano con aria misteriosa, mi invasero il cervello.
Mi vergognavo a parlarci, in un certo senso mi trasmetteva paura, paura ma mista alla sicurezza.

Mi avvicinai al tavolo in cui si era appoggiato.
Mi schiarii la voce e diedi fiato alla mia bocca.

L: «scusa...»
Finsi di non ricordarmi il nome.
L: «per caso hai visto Daniele e Flavia?»

Domandai con il cuore e l'agitazione in gola.

T: «no»

Non disse altro.
Emanò solo quella negazione.

Non staccò neanche gli occhi dal telefono per guardarmi in faccia, quando dopo ormai 5 secondi se ne uscì distratto.

T: «ti devo chiama Daniele
Sospirò alzando gli occhi per guardarmi nel profondo.
Non sapevo come rispondere: mi vergognai anche ad avergli fatto perdere tempo facendogli cercare il contatto sul telefono.

Era penetrante, profondo, il suo sguardo sembrava nascondere segreti insondabili.
Avevo paura a stargli vicino, sembrava che potesse prevedere qualsiasi mia mossa e scrutarmi l'anima leggendo i miei pensieri più profondi.
Sembrava potesse davvero riconoscere una persona a seconda del suo atteggiamento, del suo aspetto fisico e del suo sguardo.

T: «quindi?»
Mi disse tenendo il cellulare in mano.

Non accorgendomene lo stavo di nuovo fissando.
Solo io faccio queste figure di merda.

Sospirai per far uscire una frase dalla mia bocca ma, in quell'istante, sentii qualcun altro avvicinarsi da dietro.

X: «avemo spaccato cicci!»
Mi girai di scatto per vedere chi fosse la persona che aveva appena esordito quest'ultima frase.
Era il ragazzo riccio dai capelli blu.
Plant.

Dietro di lui l'altro ragazzo coi capelli rosa, Fiks, stava ridendo come un matto.
Mi sentivo un po' di troppo in quel momento, non sapevo che fare, sorrisi più e più volte cercando di non dare troppo all'occhio, mi vergognavo molto a stare in quel posto da sola, con persone che non conoscevo e anche abbastanza strane.

Vidi Theo ridere ignorando la mia richiesta. Questo un po' mi rassicurò, non mi sentivo già più tanto in imbarazzo ma restare zitta e immobile non mi faceva sicuramente piacere.

Ad un certo punto la mia attenzione si spostò completamente, Plant, che ai miei occhi sembrava al quanto brillo, tirò fuori dalla tasca una bustina molto familiare.

Non riuscivo a capire che cose stesse succedendo. Rimaneva il fatto che agli occhi dei tre ragazzi ero completamente invisibile.

P: «tiri?»
disse il ragazzo guardandomi negli occhi. Già abbastanza fatto, senza un minimo di attenzione, potevo essere chiunque.

Un brivido mi corse lungo la schiena.
L'aria sembrava improvvisamente più pesante, avevo paura di ricadere nella tentazione. Sentii il mio stomaco stringersi in una morsa di disgusto e preoccupazione.

Era come se il mondo intorno a me rallentasse, mentre cercavo di elaborare cosa stessi vedendo e cosa volessi fare. L'idea che qualcuno potesse immergersi in quel percorso così pericoloso mi riempiva di tristezza, sapevo benissimo come le dipendenze potessero prendere il controllo maggiore del proprio corpo rendendolo schiavo di sostanze che a lunga durata, sarebbero diventate essenziali per la salute.
Infatti era questo il mio problema più grande. Non riuscivo più a fare niente senza la droga, ero completamente distrutta, vuota. Mi sentivo intrappolata in una spirale senza fine, un qualcosa che non mi avrebbe più fatto provare emozioni come per la prima volta. Sapevo che l'effetto sarebbe stato temporaneo e che mi avrebbe fatto sentire di nuovo sola dopo la scadenza della sensazione.

Era un momento che avrei preferito non ricordare, ma mi sentii costretta a confrontarmi con la realtà di ciò che stava accadendo di fronte ai miei occhi.

L: «non più»
Non volevo sembrare un'innocente ma neanche una tossica.
Ero a conoscenza che a loro non sarebbe cambiato nulla, lo avrebbero fatto lo stesso, ma volevo almeno la mia coscienza pulita. Per la prima volta volevo decidere per me.

Come non mi aspettavo, subito plant si fermò e si avvicinò verso di me.
P: «non più? Come mai?»
Disse sedendosi proprio davanti ala mia faccia.

Probabilmente era strafatto e non si stava accorgendo di star parlando con una sconosciuta e io, tutta questa voglia di parlare dei miei traumi ad una persona che non conoscevo, non l'avevo, soprattutto in quelle condizioni.

F: «fra' lasciala stare un po' dai»
Disse fiks, aprendo la bustina e prendendo due carte d'identità, iniziando a smistare la bianca su uno dei telefoni dei tre.

Vidi il più silenzioso prendere una banconota da 10 euro, sapevo quali fossero le sue intenzioni e la cosa mi creò ansia.

Avevo tanti deja vu per la testa, non volevo ricaderci per una stupidaggine così, anche se come ho già detto, il pensiero c'è sempre e, probabilmente, la me del passato, non si sarebbe fatta scappare una situazione simile. Gratis e con persone piuttosto conosciute.

Chiusi gli occhi per qualche secondo, mi concentrai sulle voci dei ragazzi e realizzai che potevo uscire da quella stanza in qualsiasi momento ne avessi più bisogno, ciò che cercavo era solo la mia migliore amica, volevo passare una serata serena insieme a lei, senza droghe, risse e quant'altro.

Riaprii subito le palpebre, sentendomi al quanto stupida, e mi ritrovai davanti una bottiglia di vodka liscia con accanto delle redbull.

P: «guarda che la puoi bere eh, sennò perché te l'ho messa davanti»
Disse il ragazzo barcollando da una parte all'altra.
Ridacchiai in preda all'imbarazzo, versai un po' di alcool nel bicchiere per non farmi notare troppo, per non sentirmi diversa dagli altri, anche se oramai ero abituata a quella sensazione.
Mi sentivo come se dovessi seguire il ritmo del gruppo, anche se dentro di me sentivo un senso di disagio.
Non accorgendomene avevo gli occhi puntati addosso, non mi stavo rendendo conto di quanta vodka stessi versando senza fermarmi.

Mi iniziò a girare la testa, non riuscivo a capire dove mi trovassi e con chi fossi.
Chiusi gli occhi di nuovo per concentrarmi ma quando li riaprii, mi ritrovai una striscia di cocaina sotto il naso.

Il mio cervello iniziò ad andare in tilt.
Finché ce l'avevo vicino, non avevo così tanta paura di sbagliare, ma dal momento che ce l'avevo sotto il naso, per me dire di no era impossibile.

Le voci dei tre ragazzi erano indistinguibili, non riuscivo a capire chi stesse parlando e di cosa. Ero certa che se avessi avuto ancora quella merda sotto gli occhi, non mi sarei controllata.

Feci un grande sospiro, ma inutilmente. Non sarei riuscita a dire di no, soprattutto in quelle condizioni.

Feci cenno al ragazzo verde di passarmi la banconota arrotolata e sentii un ululato di sfida dagli altri.

Non avevo neanche la forza di emettere sillabe, tutto ciò che volevo era servito su un piatto d'argento e non dovevo fare nulla se non tirare dal naso quella polverina che tanto mi fissava.

Appena incastrai quei 10 euro nella punta del setto, qualcosa dietro di me, attirò la mia attenzione.
Sentii un movimento furtivo, un sussurro di passi avvicinarsi sempre di più.

X: «regà casino! Venite imme...»
Mi girai di scatto.

D: «Lisa che cazzo stai facendo...»

⚠️Spazio Autrice⚠️
Eccomi con un nuovo capitolo per voi! Scusate la lunga assenza ma frequentando un liceo linguistico, verifiche e interrogazioni sono sempre più costanti!😭🙏🏻
Perdonatemi ancora, cercherò di recuperare capitoli su capitoli, sfrutterò la febbre a 38 per scrivere un po' di più! Detto questo, al prossimo capitoloo!💗

(Ricordo a tutti che per qualsiasi cosa potete scrivermi su insta: meedicjne💘)

Pepsi & Coca // TheøDove le storie prendono vita. Scoprilo ora