η αρχή

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L'Archè (in greco antico αρχή, ''principio'', ''origine'') rappresenta per gli antichi greci la forza primogenita che domina il mondo, da cui tutto proviene e a cui tutto tornerà.




Lo stanno fissando. Lo stanno fissando tutte e tre, o forse solo una, non sa quale sia la differenza. L'aria è elettrica, satura di zolfo e di fumo, e la montagna desolata, inospitale, sembra rifiutarlo come il ventre di una madre che non è la sua. Il cielo è gonfio di nuvole, così vicino da poterlo toccare. Suo fratello crede che possano costruire lì la loro casa, dove ne hanno appena distrutta un'altra. Lui non è d'accordo: non gli piace, lì. ''Certo, tranne'' suo fratello aveva fatto una pausa, gli occhi incatenati alla terra spoglia, in osservazione ''Tranne chiunque di noi tre dovrà amministrare... Quel posto.''

''Non capisco perché le nostre sorelle non siano state chiamate a deciderne quanto noi. Sono più anziane'', era stata la sua risposta, ignorando l'inflessione sul resto. Non aveva voglia di parlarne. Poseidone era rimasto in silenzio, Zeus aveva risposto seccamente:

''Perché è la nostra battaglia, Hades. Non la loro.''

Eppure, adesso può intuire che lo stato d'animo del suo fratellino non è tanto diverso dal suo. Ha un'ambizione, e lo sa molto bene: vuole quel posto per sé. Il cielo, il monte, il tempio che ci costruiranno sopra, tutto, se possibile. E vede loro due, più vecchi, come una minaccia. E' per questo che è molto meglio che la decisione sia presa dalle donne davanti a loro, piuttosto che in qualsiasi altro modo. Nessuno può opporsi al Fato, nemmeno Zeus, con la sua giovane e infantile voglia di cambiare le cose. Quando lo vedeva animato da quell'ambizione, da quell'ombra scura di potere che piegava i suoi occhi, si ricordava perché non poteva lasciare che se lo prendesse e basta, il mondo. Aveva troppa fame di potere per poterlo governare tutto, e forse è scritto da qualche parte, nel loro sangue che riluce come il sole, o nelle loro ossa, che le cose devono andare in maniera diversa. Diverso non vuol dire migliore. E' un monito molto importante.

Spera solo di avere la terra, in realtà. Chi si prenda il cielo, chi si prenda il mare, non gli importa. E per quanto riguarda ciò che riposa sotto il cielo, il mare e la terra, dove il sole non arriva, dove la vita si ferma, dove l'aria si appiccica alle pareti umide di catrame, spera non sarà mai un problema suo. Mentre suo fratello Zeus troneggiava sui nemici e Poseidone proteggeva le loro sorelle, ha girato tutto il mondo, ogni campo, bosco, valle, montagna, da solo. Saranno spesso condannati ad essere soli, è vero, ma spera di poterlo essere lì, all'ombra di una felce, sempre a contatto con Poseidone, a un passo un po' più lungo del solito da suo fratello.

Ma, di nuovo, le Moire lo stanno fissando. Come se conoscessero i suoi timidi desideri, e forse è così. Probabilmente. Sedute sulle loro piccole nicchie, filano lentamente del raso da un lato all'altro delle loro mani: vecchie canute, piegate, con lunghi capelli bianchi e occhi vitrei, il viso disteso, inespressivo. Non può fare a meno di posare gli occhi, più volte di quanto vorrebbe, su Làchesi, che sfiorando il filo decreta la sorte. E' già scritto, già intrecciato, già tagliato. Ciò che è andato via ritornerà.

Quietamente, iniziano a mormorare insieme. All'inizio è impercettibile, le loro parole incomprensibili. ''Che la Terra sia dominio di nessuno, terreno comune, valle di pace'', è il primo rantolo che riescono a cogliere. Il suo cuore fischia, indurisce la mascella. Ha perfettamente senso, ma non se l'aspettava. Le isole emerse sono terreno neutrale. Intonando, le Moire continuano: ''Che l'assassino del padre sia il Re dei Cieli, la sua mano crolli sulle nuvole, i suoi occhi sui fulmini'' Zeus emette qualcosa di molto simile a un rantolo di gratitudine ''Che il primo figlio maschio discenda nelle ombre scure dove riposano le anime, che sia lui a controllare la Morte. Che rimangano al dio di mezzo gli Oceani.''

Bring The Spring Down My Bones ||L.S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora