Capitolo 10

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E la morte vinse,

la luce si spense.

Chi tu sia per volare,

se non un angelo,

o una farfalla,

io non so.

Abbracciami con le tue ali,

portami fra le nuvole,

amami per un istante.

Sandro – due settimane prima

Il mio studio era disordinato, più del dovuto considerando la crisi che ebbi ieri sera, completamente ubriaco. Non sarebbe venuta da me, nemmeno lontanamente, e non avrebbe mai scelto la mia persona per continuare la sua vita. Lei ora era via con Giuliano, a godersi quella felicità che tanto agognava e che si meritava, forse più di tutti in questa città. E io ero qui, ad attendere un loro ritorno.

Ma cos'è l'amore? Che sia attesa o, forse, lotta? Effettivamente si lotta per ciò che si ama, come sta facendo Lorenzo per Firenze, come sta facendo Isadora per Giuliano e io, invece, che sto facendo? Io non lotto, forse per accidia o forse perché dovrei ricorrere a inganni che, alla fine, non sarei in grado neppure di inventarmi. O forse era il momento opportuno, dopotutto un po' di amor proprio non fa mai male.

Corsi al primo piano di Palazzo Medici, facendo le scale a due a due. Ero cosciente e consapevole che avrei mentito, su di me, su Giuliano, ma altro non potevo fare per soddisfare i miei sentimenti: dovevo mentire. Anche di questo è capace la mente umana, di ragionare solo per proprio tornaconto personale? Evidentemente sì, ma non è di certo un vanto, o forse è solo utile alla sopravvivenza senza sprofondare nel dolore.

Gli arazzi purpurei e dorati contornavano la porta dello studio, anche se questa era chiusa: probabilmente Lorenzo stava discutendo con Bianca e Guglielmo Pazzi del loro futuro, assieme alla bambina. Oppure era in consulto con Andrea Foscari, il padre di Novella nonché importante mercante veneziano, dato che Francesco Pazzi aveva buttato fuori di casa la moglie. Alla fine, uscì Clarice, accompagnata da una serva, e Lorenzo mi fece entrare con un semplice gesto di mano.

Per quanto lo studio pareva accogliente, l'atmosfera sarebbe cambiata di lì a poco, considerando l'inganno che avevo creato per sposare Isadora, nell'eventualità, e per aggirare le decisioni strategiche di Lorenzo per salvaguardare il potere mediceo. Pregai brevemente per la mia anima, chiedendo perdono, così da risparmiarmi i sensi di colpa almeno verso Dio.

Osservai il biondo, quegli occhi azzurri scrutavano dentro i miei per capire cosa volessi da lui o, forse, per leggere le mie cattive intenzioni. Dovevo farlo, per me. Dovevo portarla via dalle grinfie di Giuliano e risparmiarle della sofferenza. Dovevo farla mia senza che i due innamorati – che ribrezzo che mi faceva questa parola – lo sapessero. Presi un profondo respiro.

"Devo parlarti di un accordo che feci con Giuliano, prima che partisse," iniziai questa bugia, nella speranza che lui ci credesse e che i due non lo scoprisse, "riguarda Isadora."

"Sandro, ti prego," Lorenzo sorrise, "non occorre mentirmi." Mi aveva colto con le mani nel sacco, e non avevo nemmeno finito di raccontare il resto. Sapevo benissimo che parlare di Isadora, ora che stava con suo fratello, era come parlare della Luna e di sognare di prenderla, ma io dovevo averla. "Cosa vorresti sapere?"

"Qualora Giuliano... morisse," iniziai, "è possibile averla in moglie?" bloccai il respiro con le goti arrossate. Lorenzo avrebbe potuto reagire in ogni modo possibile, non potevo prevederlo, e questa cosa era a dir poco terribile. Chi ero io per fare una richiesta del genere? Soprattutto in questo momento che, tra tutto, lei era moglie di suo fratello minore.

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