Capitolo 41 : La svolta

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Mentre ero nel camerino, i miei due migliori amici entrarono silenziosamente. Il cuore mi si sciolse in un misto di gratitudine e nervosismo al vederli lì, pronti a sostenermi in qualsiasi momento. Con un sorriso, mi avvicinai e ci abbracciammo, stringendoci con forza come se volessimo trattenere l'ansia che incombeva nell'aria.

Sherlock, con voce pacata ma carica di determinazione, mi disse

"Irene, se succede qualcosa, abbiamo delle pistole. E non preoccuparti, saremo lì a sorvegliare da lontano. Tu fai ciò che devi fare, noi ci assicureremo che tu sia al sicuro."

Arséne annuii alle parole di Sherlock .

Le loro parole mi riempirono di conforto e forza. Nonostante la situazione incerta, sapevo di poter contare sul loro sostegno incondizionato. Con un nodo in gola, annuii con gratitudine, sapendo che non ero sola in questa missione.

Dopo un ultimo abbraccio carico di significato, si salutarono e lasciarono il camerino, lasciandomi con una sensazione di calma e determinazione. Con il cuore gonfio di gratitudine, mi preparai a uscire, pronta ad affrontare qualsiasi cosa mi aspettasse all'incontro imminente.

Quando fui pronta, lasciai il camerino con passo sicuro, determinata ad affrontare qualsiasi cosa mi attendesse. Arrivai abbastanza in fretta davanti alle porte dei camerini maschili e dietro essa si celavano misteri e segreti che dovevo svelare, e nulla e nessuno avrebbe potuto fermarmi nel mio intento.

Il cuore mi batteva all'impazzata mentre mi trovavo davanti alle porte dei camerini maschili. Sentivo l'incertezza stringermi lo stomaco, il timore di ciò che avrei potuto trovare al di là di quella soglia.

Eppure, non potevo esitare, dovevo farlo, era importante, vitale, con una risoluta inspirazione, spinsi la porta e varcai la soglia, immergendomi nell'oscurità dei camerini.

L'ambiente era oppressivo, avvolto da un silenzio tetragono rotto solo dal mio respiro affannoso. Le pareti, adornate da specchi sporchi e mobili antichi, emanavano un'aria di desolazione e mistero.

La luce fioca proveniente da una vecchia lampada a sospensione creava ombre spettrali che danzavano lungo le pareti, aggiungendo un'atmosfera ancora più tetra all'ambiente.

Camminai con passo incerto, lasciando che le ombre mi avvolgessero mentre mi avventuravo sempre più in profondità.

Sentii un rumore provenire da una stanza remota e, nonostante l'ansia mi attanagliasse, mi avvicinai con determinazione dopo aver preso in mano una lantera.

Arrivata davanti alla porta socchiusa, la curiosità prense il sopravvento sulla paura. Con mano tremante, spinsi la porta e mi ritrovai in una stanza buia e deserta. La mia lanterna illuminava debolmente l'ambiente, rivelando vecchi armadietti e sgabelli polverosi.

All'improvviso, un rumore proveniente dal fondo della stanza catturó la mia attenzione.

Mi voltai di scatto e scorsi una figura avvolta nell'ombra, di spalle, con un cappuccio tirato giù che nascondeva parzialmente la faccia. Il cuore mi balzò in gola mentre mi avvicinavo, tremante, la mano che stringeva la lampada.

"Sei stato tu a chiamarmi?" chiesi, la voce appena più di un sussurro, mentre l'emozione mi bloccava la gola.

La figura si mosse lentamente, rivelando un volto giovane e conosciuto, era lo stesso ragazzo che mi avevi visto più volte durante i miei soggiorni in Europa, era la persona che credeva di conoscere ma di cui ricordavo poco.

I suoi occhi verdi brillavano dietro il cappuccio e le sue labbra si curvarono in sorriso quando io lo fissai con uno sguardo scioccata che lui probabilmente interpretó come il mio capire chi fosse lui; il ragazzo

si sedette lentamente di fronte a me, togliendosi il cappuccio e rivelando un volto giovane dai capelli neri come la pece ma segnato da una determinazione che traspariva nei suoi occhi, mi fissava con intensità mentre iniziava a parlare

"Cara Rachel, anzi cara Irene o meglio cara principessa Maria non temere, non sono qui per farti del male. Al contrario, sono qui per proteggerti."

Il mio cuore batteva forte nel petto mentre lo ascolto, cercando di afferrare il senso delle sue parole.

"Proteggermi? Ma chi sei tu?" chiesi, con l'ansia palpabile nella mia voce.

"Mi chiamo Mark," rispose, con un sorriso enigmatico. "E sono il nipote del braccio destro di tuo padre. Mio nonno, su richiesta di tuo padre, ti ha sorvegliato mentre eri piccola ma adesso non ha più l'età ed ha affidato a me il compito di vegliare su di te, di proteggerti da qualsiasi minaccia che possa osare avvicinarsi a te."

Le sue parole risuonavano nella stanza, avvolgendomi in un senso di confusione e incertezza.

"Il nipote del braccio destro di mio padre biologico di cui non ricordavo nulla? Cosa significava tutto questo? E perché mio padre avrebbe incaricato qualcuno di vegliare su di me?" pensai confusa da quelle informazioni.

Mark continuava a parlare, come se leggesse i miei pensieri.

"Da quando sei tornata in Europa, ma anche in America, ho vegliato su di te, standoti sempre alle spalle, osservando da lontano. Ero incaricato di proteggerti in silenzio, senza farti notare la mia presenza."

La sua rassicurazione mi riempiii di un senso di vulnerabilità e gratitudine.

"Grazie," sussurrai, la voce strozzata dall'emozione.

Mark annuii con un sorriso comprensivo. "Tuo padre voleva che tu fossi indipendente," continua, "voleva che tu imparassi a cavartela da sola, senza dipendere da nessuno. Ecco perché non posso darti la soluzione completa al mistero che ti circonda. Voglio proteggerti, sì, ma anche permetterti di crescere e di affrontare le sfide con coraggio .... anche se so che sei una spia e che quindi te la cavi bene "

Le sue parole mi fecero riflettere sulle scelte che avevo fatto fino a quel momento, sulle sfide che avevo affrontato e su quelle che dovevo ancora affrontare.

"Alcune cose però te le posso dire ... Sherlock e Arséne ... di loro ti puoi fidare ciecamente mentre non fidarti di George," mi avvertii Mark "È una persona ambigua,  corrotta e falsa. Fai attenzione a lui, Irene."

Le sue parole risuonavano nella stanza, confermando i miei stessi dubbi e sospetti.

"Ma... cosa c'entra tutto questo con i rivoluzionari boemi e con il rapimento di mia madre?" chiesi, la voce impregnata di ansia e confusione.

Mark si prese un istante prima di rispondere, come se scegliesse con cura le parole da dire.

"I rivoluzionari boemi non c'entrano nulla," affermó, la sua voce ora seria e concentrata. "Ma c'è qualcuno, di cui non posso ancora dirti il nome, che sta tramando con inganni per costringerti a fare qualcosa che non vuoi fare. Stai attenta. Questo qualcosa  potrebbe mettere a rischio la tua stessa vita, in un certo senso ..."

Le sue parole erano come un fiume che scorreva, portandomi con sé in un vortice di misteri e segreti.

Sherlock, Lupin & Io, Ancora InsiemeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora