Capitolo 4 Una passeggiata

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"Bene, iniziamo le presentazioni, io mi chiamo Jasmine, qual è il tuo nome invece?"
"Io sono James, lavoravo all A54 ... tu?"
"Io invece lavoravo nel esercito, fino a quando non è cominciato tutto questo casino"
"Hai qualche hobby?"
"Si, nel tempo libero andavo in palestra oppure al poligono di tiro, tu non sembri un tipo che ha qualche hobby vero?"
"Ah-ah-ah molto divertente, in realtà degli hobby c'è lì ho anch'io ... A me piace dipingere, osservare gli animali e la natura che ci circonda ... Era un modo per evadere dal estenuante lavoro dell A54"
"Hai una famiglia James?"
"No ... Invece immagino che una come te ne abbia una per forza "
"Nemmeno io, l'unico con cui mi trovavo bene è saltato in aria a causa di una mina antiuomo" da lì il tono della sua voce si fece freddo e abbassò lo sguardo
" Oh, mi dispiace "
Ci fu un lungo momento di silenzio fino a quando non si levò un venticello freddo, entrammo in auto e tornammo alla fattoria. Era una serata ventilata, ma pur sempre una bella serata. Jasmine andò al piano di sopra e io le dissi "Jasmine, io rimango sveglio ancora un po'" lei mi rispose in tono secco "Fa quello che ti pare!" E sbatté la porta della camera. Capì che era meglio lasciarla stare e decisi di andare a fare una passeggiata nel piccolo boschetto che circondava la fattoria. Raccolsi il mio camice visto che in parte poteva coprirmi dal vento e uscì silenziosamente. C'era odore di autunno, le foglie iniziavano a diventare gialle e a cadere. Feci una lunga passeggiata, mi rilassò molto. Ero a circa un chilometro quando vidi una roccia abbastanza grande per potersi sdraiare e iniziai a guardare il cielo, le stelle e la luna. Sopra di me si reggevano i grandi rami di una quercia e il fruscio delle foglie mi rilasso molto.Rimasi lì qualche ora o poco più, quando mi rialzai stava sorgendo il sole e decisi di tornare indietro. Ripercorrevo le impronte per non perdermi, il cielo iniziava a tingersi di arancione e notai che uno stormo di uccelli stava volando nella direzione opposta alla mia. Non era uno stormo ordinato, sembravano per lo più distratti, confusi, spaventati. E non erano gli unici, piccoli ricci e alcuni daini correvano via, non riuscivo a capire. Ma qualche metro più avanti tutto mi appari più chiaro, infetti! Stavano smembrando un piccolo cervo, forse cucciolo. Il sangue schizzava dappertutto impregnano l'aria, le poche foglie cadute, i vestiti degli infetti e il cervo stesso travolgendo il profumo di autunno e portandosi via tutto, la pace del bosco, gli animali docili e timidi. Alzarono lo sguardo e mi guardarono, quei volti avevano tutto meno che l'aria da esseri umani. Il corpo in decomposizione, la bocca da cui il sangue scorreva ancora caldo e gli occhi. Non erano occhi da umani, erano occhi non di persone normali ma di animali, selvaggi e affamati. Si alzarono e mi corsero addosso, protendevano le braccia nella mia direzione come se fossi un hot dog, anche queste piene zeppe di sangue. Delle mani vi era ancora sangue fresco, mentre sugli avambracci il sangue era secco. Inciamparono sulla carcassa ma si rialzarono immediatamente, il pensiero del cibo era più forte di qualsiasi altra cosa. Corsero, corsero e corsero nella mia direzione, avevano una velocità impressionante. Non so se il siero oltre a trasformarli in una sottospecie di animali cannibali aumentasse anche le loro capacità motorie. Non feci tempo a reagire che me li trovai a un metro di distanza, presi d'istinto delle siringhe nella tasca del camice e le impiantai negli occhi degli infetti. Guadagnai una decina di secondi e li sfruttai per correre via e tornare alla roccia, non ero bravo ad arrampicarmi ma era l'unica via d'uscita. Corsi sopra alla roccia e mi lanciai sulla quercia, ero a due o tre metri da terra ma non bastavano se oltre a correre così veloce saltavano anche così tanto ... Riuscì ad arrivare agli ultimi rami della quercia e gli infetti raggiunsero la quercia proprio in quel istante. MERDA! Si stavano arrampicando, impiantavano le dita nel albero e salivano, questa era la fine.
"Mi sta bene, li ho creati io e ora mi uccideranno senza neanche preoccuparsi troppo ... No aspetta, non li ho creati io! Cioè forse si, ma è stato quel bastardo di Brandon a portarlo al ospedale. Non posso morire senza averlo come minimo gonfiato di botte" pensai.
La rabbia iniziò a prendere il sopravvento, quando succede divento una cosa incontrollabile, danneggio chiunque nei paraggi, solo Richard riusciva a controllarmi. Questi attacchi di rabbia accadevano raramente ma quando accadevano era meglio starmi lontano. L'infetto era proprio sotto il mio piede e ne approfittai. Gli sferrai un calcio sulla faccia e lui cadde portandosi l'altro appresso. Scesi dal albero e atterrai sopra uno di loro, lo presi per il colletto della maglia e iniziai a riempirlo di pugni in faccia fino a quando l'altro non si alzò, in piedi. A quel punto lo scaraventai per terra e presi un sasso con cui dilaniai la tesa a entrambi. Mi lasciai cadere a terra, in ginocchio, ancora ansimante e con il sasso nella mano destra, ormai rosso. I due erano a terra, morti definitivamente. Inutile dire che a tutti e due mancava una parte di testa. Guardai le mie mani e poi il mio camice, ero sporco di sangue ... Guardai in direzione della strada per tornare in dietro e c'era Jasmine che mi fissava, spaventata ma compiaciuta allo stesso tempo, aveva visto tutto.

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