Capitolo 13 Fuoco

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Mi lanciai ad occhi chiusi, non volendo vedere dove poi sarei caduto.
Il tonfo dell'impatto con l'acqua e poi nulla.
Mi svegliai nel mezzo di un lago, guardai rapidamente oltre la riva e vidi come tutto era ormai carbonizzato. La foresta sembrava ormai morta, priva dei colori vivaci, priva del cinguettio degli uccellini, priva dei piccoli animaletti che scorrazzavano qua e là nella foresta...
Nuotai fino a raggiungere la riva. Mi spogliai e misi i miei vestiti ad asciugarsi, rimasi in mutande appollaiato vicino a ciò che rimaneva di un tronco di un albero. In un certo senso l'incendio, delle cose buone le aveva fatte, bruciando la vegetazione risultava molto più semplice vedere più lontano, questo mi avrebbe fornito migliori capacità per trovare un rifugio e del cibo.
Passarono diverse ore ma la temperatura era sempre mite, quasi piacevole.
Era tutto bruciato, carbonizzato, gli alberi neri e spogli, quelli caduti e quelli che per miracolo erano ancora li.
Riuscivo a vedere in lontananza, riuscivo a scorgere la città, in particolare un grosso edificio grigio e alto. Le finestre erano rotte e quelle poche che ne rimanevano avevano assunto un colore verdognolo,l'edera ricopriva buona parte della facciata e sembrava che da lì a poco avrebbe potuto cedere tutto. Mi vestii e corsi più velocemente che potevo verso quelle enormi mura che circondavano la città. Mi ritrovai dopo poco tempo di fronte a quelle mura che vedevo da lontano... "mura"... Erano perlopiù alcuni camion accatastati e diverse macchine. Scavalcai il camion più vicino ed in poco tempo ebbi l'intera visuale della città. Una città deserta, si articolava in lunghezza più che in larghezza. Il silenzio regnava sovrano in quella che ormai sembrava una città fantasma. C'erano giornali e cartacce a terra e pensando che potessero tornarmi utili scesi dal camion e ne raccolsi uno per leggerlo, diceva:
"Il chimico di fama mondiale James King fallisce, crea un farmaco mortale!"
Ne presi un altro dalla datazione diversa:
"C'è una taglia sulla testa del famoso chimico James King, chi riuscirà a portarlo al sindaco o ad una stazione di polizia riceverà vitto e alloggio fino al termine dello stato di allerta" con in allegato una mia descrizione e la mia fototessera.
Ne presi un altro e un altro ancora:
"Stare lontano dai soggetti a cui è stato somministrato il farmaco o da chiunque sia stato a contatto con essi"
"I pazienti e le vittime si sono evolute" quel giornale mi prese particolarmente e cominciai a leggerlo
"Oggi data 25/09/2105 si è notato come i pazienti e chiunque sia stato infettato da essi abbia subito una trasformazione fisica e mentale, essi non ragionano più e tendono ad azzannare ogni cosa che sia viva a eccezione dei propri simili. Inoltre essi sono in grado di saltare altezze dal metro ai tre/cinque metri d'altezza, correre al doppio della velocità di una persona comune e di come essi siano immuni a qualsiasi danno se non provocato al cervello. Ovviamente se privati degli arti inferiori non possono né correre ne saltare, ma si trascinano in ogni modo possibile alla preda. L'unica cosa che possiamo dirvi e di stare in gruppo, stare al sicuro e muovervi silenziosamente."
Questo non lo sapevo, avrei voluto continuare a leggere ma il resto era sbiadito. Voleva dire che ero doppiamente fottuto, senza armi e stanco morto.
Volevo solo trovarmi un posto in cui riflettere, e quella città sembrava il posto più adeguato. Entrai in un edificio di circa tre o quattro piani alla mia destra e cercai di barricare l'ingresso con un tavolino all'entrata.Poi, esaminai piano per piano, risorse,via di fuga ed eventuali infetti.
Piano Terra, nulla di che. C'era un corridoio stretto e abbastanza corto, alla fine del corridoio vi era una rampa di scale ed un seminterrato. Provai ad esaminare il seminterrato, ma era troppo buio per scendere.
Primo piano. Un appartamento, il 4A. Misi l'orecchio alla porta per ascoltare. Rimasi ad ascoltare, ma non sembrava esserci qualcuno. Provai ad aprire la porta. Un cigolio susseguì quell'atto, guardai l'appartamento. Un appartamentino di classe, un tavolo di legno, delle sedie marroni e quadri dovunque. Entrai per fare una rapida ispezione, dalla sala alla cucina. Trovai un coltello in cucina e uno zaino vuoto vicino al divano nero in pelle. Passò poco tempo prima che riuscissi a dare un occhiata veloce e generale a tutto l'appartamento, in cucina presi qualche coltello e un contenitore, in sala lo zaino e qualche pila e in bagno qualche medicina. Mancava solo una stanza, la camera. Era chiusa, ma non a chiave. La aprii brandendo il coltello nella mano destra e un tanfo orrendo di sangue e decomposizione finì per infilarsi nelle mie narici e farmi venire i brividi a quella visione orribile.
Un uomo, di circa una quarantina d'anni, impiccato. Aveva il ventre aperto, di cui mancavano la maggior parte degli organi.
Aveva un biglietto attaccato alla camicia blu a quadri che indossava, era sbiadito ma riuscivo a distinguere delle singole parole.
"Stacy...morso...forte...pericolo"
Non capii,ma presi il biglietto e lo misi in tasca.Il corpo oscillo lievemente, mi chinai per guardare ciò che apparentemente sembrava il suo addome, vuoto, quasi totalmente. Invece a terra giacevano buona parte degli organi che dovevano trovarsi all'interno dell'uomo, pochi erano intatti, il resto era rosicchiato. Il tutto in una pozza di sangue apparentemente fresca. Sembrava particolarmente strano, un corpo impiccato vuoto, degli organi rosicati e una pozza di sangue fresca... Ragionando per esclusione, il corpo sventrato non poteva essere opera di un animale di piccole dimensioni, guardando meglio notai che non vi erano nemmeno delle orme... Quel fatto mi preoccupò e decisi di uscire da quella stanza e far finta di nulla, ma era tutto troppo semplice per filare così lisciò. Feci in tempo solo a pensare che lo squarcio sul corpo dell'uomo fosse opera di un infetto che mi trovai disteso per terra con un infetto che mi premeva alla gola.
Riuscii a tirargli un pugno che lo stordì per qualche secondo e ne approfittai per tirargli un calcio. Riuscii così a scansarlo, e notai che il coltello era qualche metro più avanti. Cercai di alzarmi per corrergli incontro ma appena in piedi lui mi afferrò la caviglia facendomi cadere. Era troppo forte, non riuscivo a liberarmi. Avvicinò la bocca alla caviglia e spalancò gli occhi, emise un gemito e poi un suono forte e improvviso mi fece perdere l'udito per qualche minuto, ero stordito e vedevo tutto offuscato, l'infetto si girò verso la porta e gli esplose la testa. Il sangue schizzò su tutta la mia tuta e sulle pareti.Qualcuno disse delle parole e mi prese per le braccia trascinandomi fuori dalla stanza, riuscivo a vedere la stanza impregnata di sangue e dei pezzi di carne sparsi qua e là.

Mi risvegliai su un divano ammaccato, mi alzai in piedi e mi guardai attorno. Dovevo essere ancora in città, visto che dalle finestre intravedevo la barricata dell'entrata.

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