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Uscii da scuola alle 12:30. Non sapevo che fare e non avevo neanche voaglia di tornare a casa. Giorgio era dovuto scappare per motivi a me sconosciuti, Alex era ancora a scuola e tutti i miei amici non volevano fare nulla, quindi decisi di andare dal mio barista preferito.
Andai al bar. Lì trovai Nicola all'entrata, aveva una sigaretta fra le labbra e stava vedendo qualcosa sul suo telefono. Indosso aveva i vestiti tipici di un barista: una camicia bianca con un grembiule di tela. Portava dei jeans baggy e neri, che gli davano un tocco di stile magnifico. Non potevano mancare, poi, tutti gli anelli che gli riempivano le mani. Non sono mai stato un fan delle mani, quelle con le vene non mi facevano impazzire -a differenza di metà mondo- come quelle piene di anelli. Però le mani di Nicola, da quelle mi sarei fatto toccare ovunque, e quando dico ovunque intendo OVUNQUE. Ma dettagli.
«Hey.» Lo salutai, il ragazzo alzò gli occhi dal telefono e mi guardò.
«Oh, ciao.» Mi sorrise e subito ricambiai il sorriso.
«Come va?» Continuò, posando il telefono nella tasca del grembiule.
«Tutto bene, tu?»
«Bene. Che ci fai qua? Non dovresti essere a scuola?»
«Si, ma sono uscito prima e siccome non avevo nulla da fare, eccomi qua.»
«Vuoi qualcosa?» "Te, dentro di me, ovviamente se non ti dispiace." Pensai.
«No, no. Grazie.»
«Va bene... Io tra poco stacco, puoi aspettarmi, così facciamo un giro insieme. Sempre se non hai altro da fare.»
«Mi va benissimo.» Gli sorrisi. Passarono circa dieci minuti, il ragazzo entrò nel bar, si tolse  grembiule e uscì di nuovo. Era meraviglioso.
Per chi se lo stesse chiedendo, no, non mi piaceva Nicola, ero soltanto curioso di conoscerlo, ma niente di che.
Mentre passeggiavamo attraverso i vicoli della città, ebbi l'opportunità di conoscere Nicola a un livello più profondo. Cioè, lui ebbe l'opportunità di conoscere me. Sono un logorroico del cazzo, fin da piccolo, e infatti parlai non stop, ma a lui sembrava non dispiacere questo mio tratto. Parlai di molte cose, di come legai con Giorgio, del suo rapporto con Alex, di Enea e Riccardo... Insomma, gli parlai di tutto ciò che mi passava per la testa. Solitamente, ad un certo punto, dopo aver parlato per un'intera mezz'ora, mi sentivo in colpa, e rimanevo zitto per far parlare chiunque fosse con me. Ma con Nicola fu molto diverso. Sentivo di poter parlare con lui, e quando mi fermavo per paura di dargli fastidio, lui stesso mi diceva di continuare. Entrammo al parco, dove ci sedemmo su una panchina in mezzo a degli alberi. C'erano dei bambini che si rincorrevano da una parte all'altra, giocavano e si divertivano, nonostante facessero chiasso, in quel caos avevo trovato pace e tranquillità. Mi faceva sentire bene vedere i bambini giocare, ridere e godersi la vita senza preoccupazioni. Era come se quella scena mi riportasse a quando ero bambino, quando le responsabilità erano poche e i pensieri erano innocenti e casti.
Mentre osservavo quella scena, Nicola si accese una sigaretta.
«Ti fa male.» Gli dissi osservandolo.
«Lo so.» Rispose, con un sospiro. La sua voce era calma, ma riuscivo a percepire tristezza nelle sue parole. Il fumo uscì dalle sue labbra e avvolse il suo volto. Era sbagliato e gli faceva male, ma nonostante ciò, lo trovavo dannatamente affascinante.
Ok, so che prima ho detto che non provavo nulla per lui, ma quando realizzai che quel ragazzo era l'unico che ascoltava davvero ciò che dicevo -anche se metà erano minchiate- capii che forse non era poi così male, sentii una piccola scintilla dentro di me e realizzai che forse Nicola non era solo un amico per me, anche se non lo conoscevo affatto. Ma a questo avrei potuto rimediare facilmente.

𝒕𝒉𝒐𝒔𝒆 𝒐𝒄𝒆𝒂𝒏 𝒆𝒚𝒆𝒔 ~strecico~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora