Alex, dopo quel dolce momento fraterno, andò alla festa. Enea era a casa di Riccardo e i miei avevano deciso di fare una cenetta romantica soltanto tra di loro. Io ero rimasto solo, letteralmente. Non avevo nessuno da cui andare e nessuno da far venire da me, ero solo e basta. In realtà qualcuno lo avevo: Nicola, ma non volevo parlargli, ero ancora incazzato con lui. Ok, forse in realtà sarei voluto andare da lui, però il cervello doveva predominare sul cuore.
Verso le venti cenai, cucinai una frittata e la mangiai. Faceva schifo ed era brutta. Finita la mia "cena", decisi di andare a mangiare qualcosa di migliore. E, se vi state chiedendo dove, albardovelavoraNicola. Sono un sottone? Si. Gli terrò lo stesso il broncio? Si. Indossai le scarpe e mi diressi al bar. Lo incontrai davanti all'entrata e, proprio come mi aspettavo, stava fumando. Sbuffai e, dopo essermi avvicinato abbastanza senza che mi essere notato, gli presi la sigaretta dalle labbra e la gettai per terra.
«Porca putt- Oh, ciao Fede.» Alzò velocemente lo sguardo su di me e ridacchiò in maniera nervosa.
«Dovevi smettere ma non ci hai nemmeno provato. Perché?» Sbuffò e cercò di superarmi per rientrare nel bar, ma gli tagliai la strada. «Rispondimi.»
«Non puoi capire.» Rispose, freddo.
«Forse se provassi a spiegare il perché potrei capire.» Continuai, fissando gli occhi nei suoi. Era il suo punto debole, infatti abbassò subito lo sguardo verso il basso.
«Fumare per me è liberatorio. Ci sono persone che per sfogarsi si tagliano, altri che piangono e poi ci sono quelli come me che fumano.» Mi rispose, cercò di scansarmi per andarsene ma mi piazzai di nuovo davanti a lui.
«Poi, invece, c'è gente più intelligente che chiede aiuto e parla dei suoi problemi.» Sospirò e, capendo che non l'avrei lasciato andare così facilmente, si appoggiò al muro e si lasciò scivolare per terra. Feci lo stesso anch'io e mi lasciai scivolare accanto a lui.
«Mia madre è una puttana.» Se ne uscì poco dopo. Lo guardai con gli occhi sgranati, cosa intendeva con quella frase? «No, non sto scherzando. Mia madre è seriamente una prostituta. Volevo studiare lettere all'università, avevo già fatto la domanda mi avevano pure ammesso, ma lei, non avendo abbastanza soldi, mi fece ritirare dal liceo e mi costrinse a lavorare in questo bar.» Lo guardai, si voltò verso di me e abbassò subito lo sguardo. Senza perdere altro tempo lo strinsi a me e lo abbracciai forte. Pensavo scoppiasse a piangere, solitamente le persona dopo essersi sfogate lo facevano, ma lui non lo fece, anzi, scoppiò a ridere. Una risata abbastanza rumorosa ma amara e triste. «Non so nemmeno perché te lo sto dicendo. Non lo faccio con nessuno.»
«C'è sempre una prima volta, no?» Mi guardò fece spallucce. Gli sorrisi e lui ricambiò. In quel sorriso c'era qualcosa di differente dal solito. Aveva qualcosa di triste. Mi alzai e gli porsi la mano, la afferrò e si alzò anche lui. Entrammo entrambi nel bar.
«Vuoi qualcosa?»
«Ho provato a cucinare un uovo ma ha fatto schifo, quindi se vuoi si.» Ridacchiò e andò a prendere un toast con il prosciutto e la provola. Era il mio preferito e lo sapeva. Gli sorrisi e subito lui ricambiò. Era così carino quando sorrideva.
Dopo aver cenato, lui finì il suo turno e io, da bravo ragazzo qual ero, gli chiesi di venire da me, per guardare un film, giocare a qualcosa, baciarci- Ok, no, quello forse no. Fatto sta che lo invitai da me e lui, senza nemmeno pensarci, accettò la proposta.
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𝒕𝒉𝒐𝒔𝒆 𝒐𝒄𝒆𝒂𝒏 𝒆𝒚𝒆𝒔 ~strecico~
Fanfiction"Lo guardai negli occhi e tutto il mondo attorno sembrò svanire. Quei fottutissimi occhi azzurri mi mandavano in tilt ogni volta. Erano come magnetici e appena il mio sguardo ricadeva su essi non riusciva più a staccarsi."