XVIII

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Prima di arrivare da me, io e Nicola ci fermammo in un parco. Ci sedemmo su una panchina e lui accese una sigaretta. Non gli dissi nulla, avevo ormai capito che era inutile provarci e lui sembrava esserne grato, almeno credo.
«Sai...» Disse facendo un tiro dalla sigaretta. «A volte vorrei essere una farfalla.» Continuò, guardando la farfalla che, in quell'esatto momento, ci passò davanti.
«In che senso?» Gli chiesi.
«Le farfalle sono perfette. Poi possono volare. Sono libere di fare ciò che vogliono e di scegliere.» Mi rispose e poi, di nuovo, un altro tiro dalla sigaretta. Fuoriuscì del fumo dalle sue labbra, che gli ricoprì per un attimo il volto. «Poi però, mi accorgo di essere soltanto un bruco. Anzi no, un verme, perché il bruco dopo un po' fa il bozzolo e diventa una farfalla. Io, invece, sono soltanto un verme.» Concluse lui.
«Beh, meglio così, no?» Mi guardò abbastanza stupito dalle mie parole, così continuai. «Le farfalle muoiono dopo poche ore. I vermi no.»
«Motivo in più per essere una farfalla.» Gli lanciai un'occhiataccia e lui ridacchiò. «I vermi sono brutti, strisciano per terra, non piacciono a nessuno e non servono a nulla.» Riprese lui, tornando a parlare del perché lui sia un verme.
«Ma tu non sei brutto e né servi a nulla. Poi piaci a tutti, per esempio: piaci alle vecchiette del bar, piaci ai bambini che ti vengono a trovare lì, piaci ad Alex, a Giorgio e soprattutto piaci a me.» Dopo questo mio breve discorso ci fu un lungo silenzio. Era abbastanza imbarazzante e, anche se non li vedevo, potevo sentire i suoi occhi fissi su di me. «E comunque, sai perché non sei un verme?» Gli domandai e lui scosse la testa in segno di negazione. «Perché non strisci.» Rimase immobile per qualche istante e, in quegli attimi di silenzio, io pensai che forse la battuta fosse stata inopportuna, invece no. Nicola scoppiò a ridere e io subito dopo di lui. Sembrava davvero felice, non era un risata delle sue, dove non si poteva capire se fosse felice oppure no.
«Fede...» Prese parola lui, dopo un po'.
«Si?»
«Grazie... Per prima, ecco. Sei il primo che riesce a consolarmi.» Gli sorrisi e lo abbracciai.
«Non devi ringraziarmi, sono tuo amico ed è questo ciò che si fa tra amici.» Odiavo in realtà quella parola. Non volevo che descrivesse me e Nicola, volevo che tra noi ci fosse più di una semplice amicizia. E poi, dopo altri minuti di silenzio, che però non erano più imbarazzanti, lui disse qualcosa che mi stupì.
«Ti piaccio?» Non sapevo bene come rispondergli, perché si, mi piaceva, da morire mi piaceva.
«Si, ovvio che mi piaci. Come amico... Ovviamente.» Il suo volto, che si era da poco illuminato, si rabbuiò di nuovo. «Perché?»
«Perché avrei tanto voluto fare una cosa... Ma lasciamo perdere.»
«Falla.» Gli dissi, curioso da cosa volesse fare. Nicola era alquanto stupito da quell'ordine -se proprio si può chiamare così- quindi lo ripetei. «Fallo, su, forza.» Buttò a terra la sigaretta ormai finita, la spense col piede e poi arrivò un momento che non mi sarei mai aspettato se non nei sogni. Nicola mi aveva baciato e io, senza nemmeno esitare, ricambiai quel bacio che sembravo aspettare da una vita intera. Nicola sapeva di sigaretta ma poco mi importava. Solitamente, odiavo il sapore e l'odore delle sigarette, ma se si tratta di Nicola la situazione cambia drasticamente. In poco tempo mi ritrovai con la sua lingua che rincorreva la mia, e la mia che rincorreva la sua in maniera non-stop. Ci staccamo dopo qualche minuto soltanto per riprendere fiato, poi ci baciammo ancora, ancora e ancora.
«Non ti piaccio quindi, eh?» Mi disse, quando ci staccammo definitivamente, con un sorrisetto malizioso.
«Ok, forse un pochino mi piaci.» Nicola ridacchiò e io insieme a lui. Era così bello quando rideva, anzi, era bello e lo era sempre.

𝒕𝒉𝒐𝒔𝒆 𝒐𝒄𝒆𝒂𝒏 𝒆𝒚𝒆𝒔 ~strecico~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora