8. MATTEO

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Inspiro lentamente godendomi la brezza fresca che ci avvolge. Ci siamo sistemati sotto a una quercia e abbiamo steso la coperta in modo che lei possa appoggiare la schiena su una parte del tronco abbastanza uniforme. Lei legge io ascolto la musica come avevamo pensato. Mi piace tutto questo, mi ci potrei pure abituare.
«Certo che non è cambiato proprio niente» dice lei con gli occhi socchiusi e la testa all'insù che guarda le foglie dell'albero.
«Ci venivo spesso sai, con i miei genitori, prima che riprendessero a viaggiare tanto, ho tanti bei ricordi»
Inclino la testa nella sua direzione e mi accorgo che una lacrima le riga la guancia. Lei si accorge che la sto guardando e si passa una mano sulla faccia.
«C’è una cosa che ti devo dire»
Mi alzo e mi metto seduto di fianco a lei in modo che il sole caldo del pomeriggio avvolga la mia schiena e la sua faccia.
«In realtà due ma una non so se ho il coraggio»
«Non c'è fretta, dimmi quello che ti senti di dirmi»
Prima di prendere la parola mi guarda e l'angolo destro della bocca le si inclina verso l'alto.
«Mia mamma mi ha scritto che non torneranno a casa per almeno 15 mesi»
15 cazzo di mesi! Ma che minchia di genitori sono.
«Quando ti ho detto che i miei genitori viaggiano per lavoro avrai pensato che facessero viaggi di una settimana o poco più»
«Cazzo sì, insomma, 15 mesi ma scherziamo!» Lei mi guarda con la faccia che parla per lei come volesse dire “non dirlo a me” e la capisco benissimo. Porca puttana, un anno e tre mesi.
«E stai a casa da sola?»
«Sì beh per me è normale, da quando ho 14 anni hanno sempre fatto viaggi del genere. C'è la donna delle pulizie che fa la spesa con i soldi che le inviano, per il resto faccio da sola»
«Porca puttana!» l'unica cosa che esce dalla mia bocca è questo “porca puttana” perché non capisco come sia possibile, insomma…
«Ma non ti preoccupare, io, come ho detto prima, ci sono abituata, per me è normale»
«Se lo dici tu»
«Beh guarda il lato positivo, avrò più tempo per imparare a suonare e tu per dare cazzotti»
Ero ancora sconvolto ma mi scappò una risatina. Non so come faccia a sdrammatizzare tutto così facilmente. È una delle persone più vere che abbia mai conosciuto, e con vere intendo emotivamente, non nasconde le cose brutte ma non ti fa mai stare in pensiero per lei rassicurandoti che va tutto bene, anche se ho capito che non è così. Lo ho capito la sera che ci siamo conosciuti che c'era qualcosa che non andava, non so se è questo ma di sicuro c'entra. E so anche che la seconda cosa che mi deve dire ma “non ha il coraggio per farlo” cancellerebbe i miei dubbi a riguardo.
«Ti va di prendere un gelato?» le chiesi alzandomi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
«Ok!»

Arrivati alla gelateria più vicina ci sedemmo di un tavolino all'esterno.
«Che gusti vuoi? Ordino io»
«Pistacchio, due palline»
Rimasi con la bocca semi-aperta.
«Che hai, non va bene neanche il gelato?»
«No no al contrario»
Entro e vado alla cassa per ordinare.
«Cosa desidera?»
«Due coni da due palline grazie»
«Cero, ecco a lei lo scontrino, vada al bancone e ordini»
«Grazie mille» presi lo scontrino e aspettati il mio turno.
«Cosa le posso servire?» mi chiese il cameriere arrivato il mio turno. Diedi lo scontrino al cameriere e ordinai.
«Due coni con due palline di pistacchio grazie»
Il cameriere mi diede i due coni e tornai al tavolo da Maya.
«Ecco a te» dissi porgendole il cono.
«Grazie»
Mi fisso e il suo sguardo cadde sul mio conto di gelato, poi di nuovo si di me.
«Anche tu solo pistacchio?»
«A quanto pare» dissi sedendomi di fronte a lei.
«Sei molto più simile a me di quanto immaginassi» disse dando una leccata al suo gelato.
«Sembriamo così diversi?» chiesi.
«Non lo so forse»
La fissai mentre gustava il suo gelato e mi resi conto che mi ero completamente dimenticato di mia mamma, avevo passato un giorno intero senza pensarci, cosa che non mi capitava mai. Mia mamma era una presenza fissa nei miei pensieri, a scuola pensavo a come sarebbe stato una volta tornato a casa, a casa li sentivo urlare e pensavo a che livido avrebbe avuto questa volta, oggi no. Oggi non mi era passato proprio per la mente, avevo solo pensato alle lezioni di chitarra che avrei dovuto dare a Maya, ai suoi genitori e ai loro viaggi folli, ma mai a mia mamma o peggio, a mio padre.
«Sono stato bene oggi con te, grazie»
Maya alza il suo sguardo e lo incastra nei miei occhi. Sorride.
«Sono stata bene anche io»

5 MODI PER MORIREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora