Mi chiudo la porta alle spalle e faccio un lungo sospiro. Torni domani Matteo.
Attraverso il corridoio e faccio un cenno veloce all'infermiere della reception mentre ci passo davanti. Tiro fuori il telefono e guardo l'ora. Le 2.35 del mattino. Non sono molto lontani da casa mia, ma non ci voglio tornare.
Non voglio rivedere la faccia di mio padre.
Mi guardo intorno mentre penso a come passare la notte. Pensa Matteo pensa.
Potrei dormire… «Ragazzo?!» Cosa?
Una mano mi si poggia sulla spalla e io inclinò la testa verso di essa, poi sposto lo sguardo al signore che sta dietro di me.
«Ragazzo, aspetti qualcuno?»
Io continuo a fissare il volto del signore con la bocca semi-aperta. Si intravede la barba tra le rughe delle guance.
«Cosa?»
«Aspetti qualcuno?» Io faccio no con la testa muovendola lentamente.
«Allora cosa stai facendo qua in piedi alle 2 di notte?»
Cosa stai facendo Matteo?
«Io…» non gli posso mica dire che sto pensando a dove dormire.
«Io, non mi ricordo dove devo andare, non conosco questa zona» dico mentendo. Conosco benissimo questa zona di Roma.
«Ehh, ti ricordi la via di casa tua?»
«No, mi sono appena trasferito»
«Non puoi chiamare qualcuno che ti venga a prendere?»
«I miei genitori sono morti, mia sorella e io viviamo da soli» mento ancora.
«E tua sorella, non puoi chiamare lei?»
«É dentro l'ospedale»
«Ah»
Certo che per aver inventato tutto non è male.
«Perché non sei dentro con lei?»
Cazzo è vero.
«Mi hanno detto che l'orario delle visite era finito»
«Vieni, ti faccio entrare io»
«Che razza di imbecilli» lo sento bisbigliare.
Lui di avvia verso la reception e io lo seguo. Lo vedo scambiare due parole con il ragazzo che sta alla reception, per fortuna non è lo stesso di prima.
Si gira verso di me e mi fa cenno con la mano di seguirlo. Io lo seguo.
Arriviamo davanti alla camera di Maya e mi fa cenno di aprire. Io apro e lui mi dà una pacca sulla spalla.
«Grazie mille» gli dico girandomi per guardarlo.
Lui mi sorride e poi si allontana.
Chiudo la porta e ci approccio la schiena, lentamente scivolo verso il basso e mi ritrovo con le ginocchia e il petto a due centimetri di distanza. Le mani sul pavimento freddo e la testa appoggiata alle ginocchia. Resto così per una quantità di tempo tale da sembrare infinita. E penso…
Penso cose che non dovrei pensare, che mi fanno paura, che di solito mi innescano gli attacchi di panico.
Ma non ora. Non qui.
Il mio corpo non ha reazione, non si muove di un centimetro. La mia mente resta fissa su quei pensieri ma non gli da peso. Come per magia ho il controllo di me stesso.
Poi tutto ad un tratto sento un respiro pesante che viene dall'interno della stanza.
Alzo la testa e vedo Maya con gli occhi completamente aperti, la bocca serrata, le braccia lungo i fianchi e le mani chiuse in due pugni.
Mi alzo di scatto e con due passi raggiungo il suo letto. Le guardo il volto.
Le passo una mano sulla guancia e con l'altra le stringo la mano.
«Hey…heyy» faccio una piccola pausa notando che ha socchiuso la bocca.
«Maya, cosa succede. Ci sono io. Sono qua. Guardami»
Muove gli occhi cercando i miei. Li trova qualche istante dopo.
Nei suoi occhi leggo terrore, paura, angoscia. Cosa ti succede?
«Cosa posso fare?» le chiedo.
Lei muove gli occhi e li punta ai polsi. Sono liberi. Ahh cazzo.
Le prendo le mani e le alzo in aria.
Lei inizia a respirare puoi facilmente e apre la bocca. Il mio cuore batte a una velocità fuori dal normale e per qualche secondo ho paura di svenire.
Maya rilassa i muscoli del collo che fino a qualche secondo fa erano talmente tesi da creare delle righe. La vedo sbattere le palpebre e deglutire, poi apre gli occhi. Il suo corpo disteso su un letto di ospedale mi dà un senso di tormento, fastidio.
«Tutto ok?» le chiedo sperando mi senta.
«S-si» dice tra un colpo di tosse e un altro.
Maya si alza dal materasso e i suoi piedi si appoggiano delicatamente sul pavimento. La aiuto a rimettersi in piedi poi lei mi circonda il collo con le braccia e la sento piangere. La sua faccia compressa tra il mio collo e la mia spalla, le sue braccia che non intendono lasciarmi andare, le mie che a loro volta non hanno motivo di separarsi dal suo corpicino.
«Adesso sei tu che mi fai piangere» sussurra sulla mia spalla.
Io le stringo il busto e un sorriso mi solca il viso.
«A quanto pare» la sento ridere e subito mi viene da sorridere ancora di più.
Smette di ridere e io mi irrigidisco. Le prendo le spalle con le mani per guardarla negli occhi. Maya guarda in basso con ancora le guance bagnate. Inclinò la testa in basso e le prendo il mento con la mano. Le alzo la testa ma lei guarda ancora in basso.
«Maya guardami» lei non muove un muscolo.
«Maya…» lei alza gli occhi e io afferro lo sguardo triste della ragazza davanti a me.
«Cosa è successo?» fico con il tono di voce più gentile che io sappia fare.
«Niente di che» ma che cazzo, scherza?!
«Non è successo “niente”, eri terrorizzata»
«Ah si?»
«Non scherzare Maya cazzo, mi sono spaventato»
Lei abbassa lo sguardo a terra, di nuovo, e fa un respiro profondo.
«Non so bene cosa sia…penso una paralisi del sonno»
«E perché eri così spaventata?»
«Perché vedo e sento delle presenze, sai, tipo i mostri che si raccontano nelle store per bambini»
Non dico niente, non so cosa dire.
«E non c'è un modo per…per» mi scende una lacrima e la gola mi si chiude impedendomi di parlare.
«É legata all’ irregolarità del sonno penso»
«Ti succede spesso?»
«Abbastanza»
Rimaniamo in un silenzio per quel che istante.
«Grazie» la sento dire in un sospiro.
«Grazie? Per cosa?»
«Per non avermi detto “e non puoi dormire di più?”»

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5 MODI PER MORIRE
JugendliteraturMaya è una ragazza di 17 anni che vive da sola a causa del lavoro dei suoi, che impedisce loro di fermarsi in un posto per più di due settimane. Maya prova svariate volte a togliersi la vita fino a quando, una sera, incontra un ragazzo che porterà f...