4. MATTEO

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«Scusami, di nuovo» lei si lasciò scappare una risatina e io feci lo stesso.
«Non c'è problema» disse lei con la maglietta completamente bagnata sulla spalla e in parte sulla schiena «ora però entriamo, ti preparo qualcosa da mangiare o da bere, magari un superalcolico?»
Mi scappò un'altra risatina.
«Va bene, se ce l'hai, del Brandy grazie»
Entrammo a casa sua e mi fece sedere sul divano. Mi mise una coperta sulla schiena ed andò in cucina.
«Non ho il Brandy, va bene della Vodka?»
«Va bene» risposi più freddo di quanto volessi sembrare.
Ci mise un po' a tornare il salotto quindi mi guardai intorno. È una casa piccola ma carina, insomma, di sicuro più della mia. Il divano è piccolo comodo e con una coperta nera, scelta discutibile ma azzeccata alla casa che a sua volta era tutta scura, scommetto che camera sua sia piena di poster e che le luci non esistano.
Ha un televisore abbastanza grande e una libreria immensa, piena di libri che variano dai grandi classici, ai Thriller, fino ai romanzi rosa. Non sono una persona a cui piace leggere come hobby ma mi piacciono le persone che leggono.
«Eccomi» disse portando con sé due tazze, immagino per camuffare la vodka.
Si sedette di fronte a me e mi diede una tazza con disagiata sopra una volpe bianca, mentre sulla sua c'era una leone.
«Salute» dissi prima di fare un grosso sorso e pentirmene subito - porca puttana è davvero forte.
«Vacci piano con la vodka, mica vuoi ubriacarti subito» fece un sorso «mi devi ancora raccontare»
«Cosa di preciso?»
Fece una smorfia che parlava da sola e capii che voleva sapere tutto, e così feci.

«Vieni domani per le 3, va bene?»
«Ci sarò» e sarei stato davvero. «A che piano vivi?»
«Terzo»  disse mentre guardava una finestra «c'è solo una porta»
«Ok»
Lei si avviò verso il portone del palazzo e appena lo chiuse la seguii con lo sguardo fino a che una luce si accese al terzo piano.
Mi avviai verso casa mia pensando alla bella serata iniziata con meno entusiasmo di come era finita.
Arrivai a casa dopo neanche dieci minuti e citofonai sapendo che i miei erano a casa. La porta di aprì e entrai, controllai la posta e sali le scale. Bussai alla porta e mi aprì una persona che non conoscevo affatto, magari un amico, ma non aveva la faccia contenta. Entrai e mi tolsi le scarpe, le misi di fianco alla porta e mi avviai verso la cucina, che era l'unica stanza illuminata.
Seduti al tavolo c'erano mia mamma e il tizio che mi ha aperto.
«Matteo, ciao» mamma mi venne in contro e mi diede un leggero bacio sulla guancia. «Cosa ci fai qua?» Disse evidentemente in imbarazzo.
«Abito qua»
«Si ma non dovevi andare a cena con il tuo amico? Pensavamo avresti fatto più tardi»
«Cosa succede?»
«Ma no nien-»
«COSA SUCCEDE!» dissi spostando lievemente mia madre da me. Sapevo benissimo cosa stava succedendo.
«Tesoro perché non vai nella tua camera, noi finiremo tra un attimo»
«Mamma..» la guardai negli occhi e le scese una lacrima.
«Teso-»
“Mamma! Che cazzo succede”
«Papà ecco..»
«Lo so cosa ha fatto, ma tu?»
«Io cosa tesoro?»
«Lo hai denunciato?»
«Lo sai che non posso mantenermi da sola»
«Che cazzo significa, trovati un lavoro»
«Non è così semplice»
«Vuoi farti picchiare fino a quando non muore?!»
«Matteo!»
«Scusa»
«Che e questo» dissi indicando il personaggio seduto in cucina.
«Una persona che mi sta aiutando»
«Che tipo di aiuto?»
«Mamma»
Abbasso la testa. Mi misi le scarpe e corsi fiati da quella casa piena di ricordi di urla e lividi.
Non sapevo dove andare e mi feci guidare dalle gambe che mi portarono sotto casa di Maya. Mi ricordai la conversazione di qualche ora prima e aspettati che qualcuno aprisse il portone. Ci volle un po'ma ero talmente sconvolto che non mi accorsi proprio del tempo che trascorreva.
Finalmente un signore uscì dal portone con il cane. Mi fiondai dentro il palazzo senza fare rumore e mi diressi verso il terzo piano, come mi aveva detto Maya c'era solo una porta e premetti il dito sul campanello senza staccarlo mai. Stavo per toglierlo quando vidi Maya che mi guardava ancora con la faccia assonnata e gli stessi vestiti della sera prima.
«Scusami, se ti ho svegliata, non sapevo dove andare» lei non rispose
«Maya, ci sei?» inclinai la testa.
«Cosa ci fai qui? Come sei entrato? Come sapevi che questa è la mia porta?»
Avevo immaginato che non l'avrebbe presa bene ma così forse è troppo.
Mi mossi per prendere le scale ma lei mi fermò con una mano e mi circondò il collo con le braccia.
Rimasi un secondo imbambolato tra le sue braccia e poi la strinsi così forte che mi venne paura di soffocarla, poi scoppiai a piangere.

5 MODI PER MORIREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora