Ventisette

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Taehyung! Taehyung! Perché non conosci altri modi per affrontare i problemi?

Non è che Taehyung usava l'ebrezza come coping mechanism, è che per Taehyung ubriacarsi significava celebrare un evento. Lo faceva per festeggiare, non per distrarsi: festeggiare che non doveva più nascondersi. Gli avevano levato un grosso lavoro esponendolo al posto suo, non doveva più preoccuparsi di non atteggiarsi troppo esplicitamente, di comportarsi da etero o se la gente avesse notato un atteggiamento troppo effeminato. Non doveva più concentrare tutte le sue forze nell'apparire ciò che non era. Era una conquista! Era libero! Non l'aveva deciso lui, come e quando, ma era pur sempre libero. Per questo festeggiava, perché gli avevano tolto la possibilità di scegliere come fare coming out.

Itaewon era popolata e illuminata, musica alta usciva da ogni locale che sorpassava. Taehyung danzava sui passi con un sorriso splendente, capelli ingellati, giacca di pelle e camicia sbottonata, in cerca del perfetto locale in cui entrare e della perfetta preda da divorare. I flash viola del SOHO avevano attirato i suoi occhi, era il bar ideale per ora. E SOHO sia! Sgranocchiando il lecca-lecca fece il suo ingresso con tutta la sfrontatezza immaginabile. Perlustrò i dintorni e si sentiva più eccitato che mai. In quel momento aveva dimenticato tutto quello che era successo e l'unica emozione che sentiva era una sensazione immensa di potere. Adesso che non doveva più nascondersi era invincibile.

Con qualche difficoltà giunse al bancone. Cercò di catturare l'attenzione del barista, districato tra un signore che voleva fare colpo su un ragazzino e un gruppetto rumoroso di tre ragazzi. Taehyung raddrizzò il collo e allungò il braccio, un'impresa faticosa, finché qualcuno non lo attirò. Qualcuno che riconosceva ma che gli sembrava di sognare di vedere. Per accertarsene, superò alcuni ragazzi accanto a lui e si avvicinò, accorto di non farsi vedere. O era lui, o era qualcuno che ci somigliava tremendamente. No. Era proprio lui, i suoi occhi non potevano sbagliarsi. Vide Namjoon che stava parlando animatamente con un altro ragazzo. Giacca nera, spalle larghe. Dal modo in cui sorrideva doveva essere una discussione clamorosa, la più divertente e stimolante che ebbe mai avuto. Non l'aveva mai visto sorridere con questo trasporto. Con un uomo, dentro un gay bar. Taehyung sgranò gli occhi alla realizzazione.

Era il suo ragazzo?

Namjoon spostò gli occhi nella direzione di Taehyung, il quale si voltò di spalle immediatamente. Corse fuori dal locale con il cuore in gola, e in preda alla foga prese il telefono, scelse il contatto di Jimin e attese con gli squilli contro l'orecchio. "Andiamo... Rispondi Jimin." Ma niente da fare, squillava, squillava, senza risposta. Si passò una mano tra i capelli, il gel gli rimase tra le dita e imprecò. Doveva raccontare a qualcuno cosa aveva appena visto, non riusciva a tenerlo per sé. Scorse nei contatti salvati come preferiti e cliccò un altro nome.

Quattro squilli.

"Hyung!"

"Jungkook! Non puoi capire-"

"Stai bene?

"-Cosa ho appena visto!"

Taehyung si allontanò dal locale, andò in una zona meno affollata e più silenziosa, in un vicolo un po' più isolato rispetto al resto delle strade.

"Sei in giro? Tutto bene?"

"Sono a Itaewon, sono entrato al SOHO e non sai chi c'era lì! Devi venire!"

Una risata. "Chi c'era?"

Taehyung si guardava intorno e sussultava. "No. Vieni a vedere con i tuoi stessi occhi." Dopodiché non lo sentì più parlare per un po', solo dei rumori e fruscii in sottofondo.

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