Sonia dormì di sasso. Un sonno privo di sogni seppur non rilassato. Era sonno di stanchezza, non di serenità. In quel buco di paese c'era un assassino, un bastardo che era stato capace di tagliare la gola a una ragazzina. Come si poteva dormire sereni con un assassino in giro? Il suo primo assassino?
La sveglia suonò qualche minuto prima delle sei. Nei giorni in cui andava al lago, le era difficile alzarsi velocemente. Fuori c'erano buio pesto e silenzio quasi assoluto. I piccoli paesi non sono come le grandi metropoli, nelle quali c'è sempre qualcuno in giro.
Nei piccoli paesi di notte si dorme.
Fece una colazione leggerissima, un po' di caffè, un succo di frutta e una fettina di pane con un velo di marmellata di ciliegia. Si sarebbe rifatta, con gli interessi, dopo il lago.
Si vestì con cura, i pantaloni stretti in fibra elastica, una maglia comoda, la felpa grigia col cappuccio e le scarpe da corsa. Un piccolo borsello da mettere in vita con il cellulare e le chiavi di casa. Prese il lettore di MP3 e lo infilò nella tasca della felpa. Era pronta.
Correva da quando era ragazzina, aveva sviluppato negli anni una resistenza superiore a qualsiasi persona avesse incontrato. Era anche abbastanza veloce e durante le scuole superiori aveva partecipato con buon successo a qualche gara. Ma del correre non le dava gusto la competizione ma il ritmo del respiro e del cuore. Non le piaceva correre per vincere, né in compagnia. Le piaceva correre da sola, per lunghi mesi sempre lo stesso percorso con la stessa playlist nel lettore.
Modulava la sua velocità in base alla selezione, accuratissima, di brani che la accompagnavano durante la corsa. In quel periodo il percorso era il lago.
Più precisamente il giro del lago.
Una decina di chilometri, in parte su strada e in parte su sterrato, frequentati a quell'ora esclusivamente da pochi maniaci della corsa come lei e, nel periodo estivo, da qualche ciclista. Essendo il lago di origine vulcanica l'intero giro si svolgeva in mezzo a una fitta vegetazione che d'estate offriva il riparo dal sole ai numerosi podisti, mentre d'inverno impediva al sole
di asciugare del tutto il sentiero. Durante il giorno diventava poi il rifugio di qualche pescatore e di diverse coppiette in cerca di quell'intimità che non riuscivano a soddisfare in qualche casa.Mentre correva, i pensieri si mettevano da soli nell'ordine giusto, non aveva problemi a concentrarsi. Era come un esercizio di training autogeno, nel quale fare qualcosa, il correre, la isolava dal contesto nel quale si stava muovendo – i suoi problemi, un'indagine – regalandole una chiarezza nuova in ciò che era poi chiamata a fare.
Dopo la corsa riusciva a rimanere più calma, a vedere con maggiore profondità dentro sé stessa e dentro gli altri. E riusciva, soprattutto, a sopportare le brutture che era costretta a vedere da quando aveva deciso di vestire una divisa.
Arrivò al punto di partenza esattamente alle sei e trenta. Era un piccolo parcheggio appena pochi metri dopo la trattoria dove il giorno prima aveva mangiato con De Santis. Da li avrebbe fatto l'intero giro del lago e sarebbe tornata nel medesimo punto dopo poco meno di un ora. Ci sarebbe stato un po' più di movimento in giro e ancora un'oretta per una doccia e per prepararsi alla giornata. Mise le cuffiette nelle orecchie, fissò la clip del lettore alla tasca della felpa e, premendo play, partirono la musica e le sue gambe. Il primo chilometro lo avrebbe usato per riscaldare i muscoli e per togliersi di dosso il torpore che le aveva lasciato la notte. Quel torpore nel quale ci si culla la mattina presto fino a quando non si inizia a fare qualcosa di serio.
Nel suo caso, correre.
La strada, dopo poche centinaia di metri, diventava inaccessibile al traffico veicolare, pur mantenendosi asfaltata. Il punto oltre il quale le auto non potevano circolare era noto come la Cabina del Papa in quanto in passato c'era una piccola costruzione che conteneva le pompe di aspirazione dell'acqua che serviva i sovrastanti possedimenti della Santa Sede.
Accompagnata da una ballata di Bruce Springsteen, Sonia cercò il giusto ritmo che l'avrebbe portata a iniziare a forzare il passo dopo nemmeno dieci minuti, non appena il lungolago asfaltato avesse lasciato il posto a un comodo sterrato. Il rumore sordo delle scarpette da corsa che rimbalzavano sul terreno si unì al ritmo dei bassi dei Pink Floyd non appena il terreno si fece più insidioso. In quel punto il sentiero si apriva in una radura artificiale, residuo di un tentativo di speculazione fermato anni prima, che aveva lasciato in eredità qualche centinaio di metri senza alberi di alto fusto. Sonia controllò che il suo respiro avesse preso la regolarità necessaria. Come al solito, non appena Ligabue e la sua fine del mondo si fecero sentire incalzanti, pieni di esse strascicate, Sonia aumentò leggermente il passo. Era oramai a metà percorso, la parte più dura, con qualche lieve saliscendi che richiedeva una maggiore attenzione.
Sonia si ritrovò immersa nei suoi pensieri che si intrecciavano veloci con il testo dei brani che stava ascoltando, come se fossero la colonna sonora del suo giro del lago. La musica lasciava spazio per le congetture che inevitabilmente sfiorarono l'indagine per l'assurdo omicidio della giovane Stefania. Sonia si chiese come le informazioni che aveva raccolto, soprattutto la testimonianza della Moretti sulla presenza di Fabrizio a casa della ragazza, si sarebbero fuse poche ore dopo con i risultati delle altre squadre di investigatori. Si chiese dove fosse in quel momento il Mastino, se avesse già fiutato le piste del ragazzo o meno.
Mentre correva tutte le immagini che aveva registrato negli ultimi due giorni le passarono davanti al rallentatore, come per darle il modo di fissarsi definitivamente nella memoria. Era questa sensazione che ricercava nella corsa. La fatica fisica, l'acido lattico che si raccoglieva nei muscoli, la concentrazione necessaria per non cadere a causa di qualche radice, la aiutava a liberare la mente da quanto non era veramente necessario. Solo le cose importanti trovavano spazio e solo quelle cose sarebbero state definitivamente archiviate nella sua memoria.Sulle note di Vasco affrontò l'unico vero dislivello del giro del lago. Uno strappo di nemmeno trecento metri che aveva però il potere di farle aumentare il ritmo della respirazione. Sonia calcolava il suo stato di forma contando i secondi che le servivano per tornare a respirare normalmente.
Dopo quella salitella il percorso tornava a spianare e iniziavano gli ultimi quindici minuti. In quel punto il sentiero lasciava nuovamente spazio alla strada asfaltata. Sonia accelerò leggermente, si preparava a forzare gli ultimi dieci minuti. Le piaceva arrivare al punto nel quale aveva iniziato avendo speso tutte le residue energie. Gli ultimi cinque minuti era accompagnata da Jethro Tull e dalla sua locomotiva.
Adorava la parte iniziale, nella quale un dolcissimo pianoforte lascia intendere ritmi morbidi. Poi la chitarra elettrica con qualche solitaria intrusione, sempre più invadente. I due strumenti trovavano la propria affinità rincorrendosi in una melodia crescente. Come il solito, dopo un minuto circa la voce nasale di Jan Anderson la portò a bordo di un treno che non ne voleva sapere di fermarsi.
Old Charlie stole the handle
and the train wont stop going,
no way to slow down!Quella mattina le sembrò davvero di essere a bordo di quel treno, sentiva che molta strada era stata fatta, gli elementi che stavano raccogliendo convergevano univoci su un singolo soggetto, che qualcuno stava già per prendere al laccio. Sentiva che la forza del lavoro che stavano facendo, come una squadra sincronizzata ed efficiente, avrebbe inevitabilmente portato al successo.
Certo, Stefania non avrebbe più sorriso alla vita, non avrebbe frequentato l'università l'anno successivo, non avrebbe più scandalizzato con la sua sessualità prematura una vecchia che, non potendo dare il cattivo esempio, elargiva gratuitamente buoni consigli. Ma chi la aveva resa solo ricordo nella memoria di chi le voleva bene non avrebbe nuociuto più a nessuno. Sentiva che il treno sul quale era lanciata non si sarebbe fermato. Si sentiva orgogliosa dell'importanza di ciò che stava facendo. Nessuno li avrebbe fermati.
God stole the handle
and the train wont stop going,
no way to slow down!Sonia sulle ultime strofe accelerò ancora il passo, poche centinaia di metri la separavano dal punto di arrivo, dove aveva lasciato la macchina.
Arrivò ansimante, decelerando solo negli ultimi venti metri. Era stremata e sudata, quasi stordita dall'intensità della lunga corsa. Fece qualche piegamento col busto, portando le mani a prendersi le caviglie. Un po' di stretching che la aiutava a far tornare le gambe alle giuste sensazioni. Era stanca, di quella stanchezza che cercava nella corsa.
Fu per questo che non si accorse dell'uomo che la aspettava.
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Sonia e le verità
Gizem / GerilimIn un non meglio identificato paese dei Castelli Romani una ragazza viene trovata morta in casa, uccisa barbaramente. Il giovane vice ispettore Sonia Proietti, al suo primo caso importante, è alle prese con i dubbi e le incertezze dell'indagine. Il...