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Il loro primo compito consisteva nel prendere informazioni dai compagni di classe della vittima. Le solite domande. Chi frequentava, era serena, aveva segreti, andava bene a scuola. Insomma, le cose che si possono chiedere a proposito di una ragazzina. Decisero che Sonia sarebbe andata a scuola da sola durante l'orario di lezione. De Santis era conosciuto e la sua presenza avrebbe innervosito i ragazzi. La presenza della sola Sonia invece, vista la poca differenza d'età, avrebbe fatto sentire i compagni di Stefania più tranquilli. E poi, a sentire De Santis, sarebbe servito anche a Sonia per fare esperienza.

La mattina successiva la dottoressa Camilli, il dirigente scolastico, la accolse con un sorriso falso. Era palesemente scontenta di riceverla. Era sinceramente dispiaciuta per la morte della ragazza, in paese si conoscevano tutti e lei era stata collega della madre fino a prima di vincere il concorso da dirigente alle superiori. Ma trattare con la polizia non era cosa da lei, non era abituata. Avere un morto ammazzato tra gli studenti non era comunque cosa di tutti i giorni e si dovette quindi arrendere alla richiesta di Sonia di poter parlare con i compagni di Stefania in qualche locale della scuola. Voleva evitare di vederli convocati in commissariato, in un posto familiare sarebbero stati a loro agio e sarebbe stata risparmiata loro una ulteriore brutta esperienza. Secondo gli accordi Sonia avrebbe detto due parole alla classe e avrebbe poi chiesto se c'era qualcuno che voleva raccontarle un po' come era Stefania. Nessun interrogatorio ovviamente, solo delle chiacchiere per permetterle di conoscere meglio Stefania. Se fosse emerso qualcosa di rilevante, allora ci si sarebbe dovuti recare in commissariato ma allo stato delle cose era assolutamente prematuro e imprevedibile.

Sulla base di questo accordo la dirigente fece chiamare i professori di Stefania per avvertirli della presenza di Sonia. Pochi minuti dopo i docenti affollavano il piccolo ufficio. Sembravano tutti sconvolti.

La professoressa Silvani, italiano, piangeva in silenzio. Del Buono, matematica e scienze, era incredulo. Morganti, inglese, non diceva una parola ma era pallido come uno straccio. Tutti, compresi i compagni di classe, sapevano ovviamente già quanto accaduto. Sembrava loro assurdo, una reazione classica di chi pensa che il male sia solo quello che si legge sui giornali o si vede nei notiziari. Nessuno è abituato alla morte improvvisa, soprattutto se violenta e di una ragazza poco più che adolescente.

Le descrissero Stefania come una ragazza tranquilla, un rendimento scolastico accettabile, senza eccellenze ma anche senza cadute. Qualche assenza, nella media, le amicizie normali per la sua età. Il ragazzo fisso, nella stessa classe. La notizia si era sparsa nella tarda mattinata del giorno precedente, prima l'incredulità, poi lo sconforto, poi la rabbia e il pianto. Sonia chiese come aveva reagito Fabrizio, il ragazzo di Stefania. I tre docenti si guardarono imbarazzati, sembravano incerti su cosa dire. Dopo qualche attimo di esitazione la professoressa di italiano chiese:

"Sospettate Fabrizio?".

"Veramente al momento sospettiamo di chiunque, non abbiamo elementi concreti." rispose Sonia, pesando le parole. "perché me lo chiede?"aggiunse.

"Ieri mattina era un po' nervoso mentre di solito è un ragazzo pieno di vitalità, allegro, confusionario"proseguì la professoressa. "Ieri invece era pallido e nervoso, i capelli in disordine, i vestiti spiegazzati come se ci avesse dormito dentro. Consideri come ancora non si sapesse di Stefania. Ho provato a interrogarlo, di solito è uno studente modello, sempre ottimi voti. Di sicuro avvenire, più portato per le materie scientifiche che per quelle umanistiche nelle quali tuttavia eccelle... insomma, oltre a essere un bellissimo ragazzo è anche il primo della classe. Fossero tutti così gli studenti ...".

"La prego venga al punto" la interruppe Sonia.

"Mi scusi, sono molto nervosa" disse la professoressa guardando i suoi colleghi cercandone l'approvazione "ma vede... quello che le sto dicendo sono solo impressioni, non vorrei dire più di quanto realmente non sia importante".

"Lasci giudicare noi" disse allora Sonia, sentendosi ridicola per quel noi, ma al tempo stesso fiera nel rappresentare la Giustizia e il Bene.

Era la prima volta che faceva domande per un caso così importante. Le girava un po' la testa ma non voleva darlo a vedere. Sentiva l'importanza di ciò che quei tre professori avevano da dirle.

"Prosegua, la ascolto" incitò la professoressa.

"Dunque, ho chiamato Fabrizio alla lavagna ma si è rifiutato, ha detto che non aveva studiato. Era la prima volta che succedeva, ero stupita. Mentre gli chiedevo come mai mi ha avvicinato Santoni, il suo migliore amico, sono sempre insieme. Senza farsi sentire dal resto della classe mi ha detto di lasciarlo perdere, era nero perché aveva litigato con Stefania. Mi ha detto che si erano lasciati. Mentre diceva così, ho capito i vestiti, i capelli, l'umore del ragazzo. Era davvero nero. Mal d'amore, ho pensato. Ho interrogato un altro. Dopo la ricreazione ho avuto un'ora in terza e poi sono andata via, il lunedì ho solo tre ore. Solo dopo si è sparsa la notizia della morte di Stefania. Ma io ero già a casa" concluse la Silvani.

Sembrava invecchiata di almeno dieci anni dal momento in cui aveva iniziato a parlare ma molto più sollevata. Capiva che quanto detto metteva in cattiva luce Fabrizio, ma sapeva di doverlo dire. Lo sapeva come si sa dopo aver trascorso una notte difficile di dubbi e pensieri pesi, di quelli che, oltre a tenerti sveglio, ti fanno vedere spettri con i quali sai di non poter convivere.

"Grazie professoressa Silvani, davvero molto utile. Chi di voi era in aula quando si è saputo della notizia?".

"C'ero io" si fece avanti Del Buono, matematica e scienze."I ragazzi stavano facendo un po' di esercizi di ripasso quando è salita l'assistente... insomma la bidella. Mi ha detto che la dottoressa Camilli mi aspettava nel suo ufficio. L'ho raggiunta e mi ha comunicato la notizia. Ero sconvolto. Mentre stavamo ancora parlando, è arrivata l'assistente... insomma la bidella, per dirmi che in classe era scoppiata la rivoluzione. Siamo corsi in aula, i ragazzi avevano saputo per conto loro, credo che qualcuno abbia ricevuto degli sms con la notizia. Alcuni piangevano, mi hanno circondato come se potessi dire loro che era tutto uno scherzo di pessimo gusto, io non sapevo cosa dire. Tutta la classe era in fermento, chi entrava, chi usciva urlando. Dalle altre classi, intanto, si erano aggiunti altri ragazzi e la confusione aumentava. Molti fumavano e devo dire che non me la sono sentita di dire loro di andare a fumare fuori".

"E Fabrizio?".

"Non lo so. Ci penso da ieri, da quando nel primo pomeriggio ho chiamato la collega per dirle cosa era successo e lei mi ha detto dell'anomalo comportamento del ragazzo. Ho provato a fare mente locale e non mi ricordo di lui. Come se non ci fosse in quel momento. Dopo pochi minuti, peraltro, tutte le classi erano nei corridoi, non siamo più riusciti a mantenere un minimo di ordine, né abbiamo ritenuto che in quel momento fosse una priorità".

Il tono di voce del professore era calmo e profondo, una voce impostata da attore consumato. Le parole sembravano scelte con cura ma fluivano naturali. Era un quarantenne brizzolato, sportivo e leggermente trascurato. Stefania dedusse che doveva avere un certo seguito tra le colleghe e forse anche tra le studentesse più audaci.

"Insomma non sapete come abbia reagito Fabrizio" chiese Sonia. "Purtroppo no, non in maniera diretta" precisò Del Buono.

"Qualcosa ho saputo dai suoi amici, ieri pomeriggio" intervenne Morganti. Sembrava sempre più pallido e l'impermeabile che portava dimostrava qualche anno di troppo, oltre ad almeno un paio di taglie in più. Sonia si chiese se il Morganti fosse dimagrito radicalmente o se avesse ereditato l'indumento da qualche parente con uno stipendio migliore del suo. Appariva evidente, comunque, che non aveva donne che ne controllassero l'abbigliamento la mattina. E forse non aveva nemmeno uno specchio, pensò Sonia.

"Tengo un corso pomeridiano di teatro" continuò Morganti "e ieri pomeriggio ero in classe a preparare del materiale. In verità pensavo non sarebbe venuto nessuno, la notizia aveva sconvolto tutti. Invece verso le cinque si sono presentati diversi dei ragazzi che frequentano il mio corso. Mi hanno detto che erano passati giusto per vedere se c'ero, poi hanno visto la luce accesa e sono entrati. Inevitabilmente ho chiesto loro se conoscessero Stefania. La conoscevano tutti, era una bella ragazza che si notava. Uno di loro abita nella stessa via e un paio sono nella stessa classe di Fabrizio e Stefania. Abbiamo parlato un po'... l'umore era pessimo. Poi ho chiesto loro come stava Fabrizio, come l'aveva presa. La risposta mi ha sorpreso. Mi hanno detto che non lo avevano più visto, che dalla scuola era scappato - si era dato - hanno detto. A casa non era tornato, uno di loro è passato a trovarlo ma non c'era".

"E a sera tardi ancora non c'era" concluse Morganti, precisando l'ultima affermazione anche a beneficio dei colleghi che, evidentemente, non conoscevano questo particolare.

Sonia e le veritàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora