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Al suo rientro sperava di passare inosservato come se non fosse successo nulla, come se non fosse scappato la sera prima; ma per sua sfortuna quando uno dei medici lo vide fu immediatamente fermato. Erano tutti agitati e allo stesso tempo sollevati nel vederlo.
Quello che aveva sentito la notte in cui era scappato non era solo frutto delle allucinazioni, effettivamente qualcuno si era accorto del rumore che aveva emesso per rompere il lucchetto della finestra e aveva avvisato i controllori.

Dato che la sua "fuga" durò meno di 24 ore le forze dell'ordine non avevano ancora dato avvio alla sua ricerca. Pur essendo episodi frequenti in quel posto la maggior parte degli addetti era sconvolta che un'azione del genere fosse stata messa in atto proprio da lui,
"quello che non aveva mai dato problemi".

Dopo alcuni controlli di procedura in ben che non si dica si trovò seduto su quella poltrona di pelle marrone del suo psicologo .
Si stava preparando a una possibile lavata di capo anche da parte sua, invece non disse nulla, fu Louis a parlare per primo
-"Sono mancato solo per qualche ora."

-"Sei scappato Louis"

-"Si ma solo per un po'...dovevo prendere aria..."

-"Per questo motivo hai spaccato il lucchetto della finestra con una sedia?"

-"..." Odiava quelle domande, lo rendevano irrequieto. Sapeva che ogni gesto involontario che facesse comunicava un qualcosa: anche solo uno sguardo abbassato, l'intorciglio nervoso delle dita, la sua stessa postura, tutto il suo corpo comunicava cosa realmente provasse.

-"Perché l'hai fatto?"
iniziava a sentir caldo dentro quella stanza con troppo poche finestre.

-"Non lo so." Aveva il viso rivolto verso il grande tappeto sul pavimento, non riuscendo ad alzare lo sguardo.

-"C'è sempre una motivazione a tutto"

-"Volevo solo uscire..."

-"Per andare dove? Ti senti in trappola qui dentro?"

-"La smetta, sa che odio tutte queste domande."

-"È il mio lavoro." chiuse il proprio taccuino: " Nonostante l'abbiano mandata subito qui credo che dovrebbe riposare dopo quel che successo..."
Louis emanò un sospiro di sollievo, tra tutte le cose che gli erano successo vide un evento positivo: "Ma non canti vittoria. Domani voglio rivederla"

-"La vedo troppo spesso non è ancora abbastanza?" disse ironicamente accennando un sorriso. Dall'altra parte il dottore teneva costantemente un volto impassibile con nemmeno un accenno di riso.

-"Lei è uno dei pazienti che vedo con più frequenza. Nonché uno dei più complicati".

Ovviamente le sue azioni avevano avuto delle ripercussione. Da quando aveva rimesso piede in struttura era costantemente sorvegliato in qualsiasi momento, Louis desiderava solo riposare e smettere di pensare alle ultime ventiquattro ore anche se non poteva far a meno di pensare alla notte precedente: Aveva dormito insieme ad Harry in casa sua e si era risvegliato tra le sue braccia. Ma oltre  questo era cosciente di aver scombussolato parecchio il ragazzo, anche se non lo dava a vedere Louis sapeva quanto cattiva fosse la sua influenza su di lui.
Era una persona malata, non poteva rischiare di contagiare qualcun'altro tantomeno Harry.

Ormai troppo tardi i loro cuori avevano già parlato l'uno con l'altro. Fu una disgrazia per quello stesso cuore prendere la consapevolezza di essersi innamorato di una persona tanto meravigliosa, ma nel momento sbagliato.

-"Louis!" Liam fece breccia in camera loro affaticato come se avesse corso lungo il corridoio: "Cazzo amico mi hai fatto spaventare la scorsa sera, sono felice tu sia tornato"
Louis aveva tralasciato un punto importante: sapeva che per tutte quelle pillole che aveva preso poteva essere soggetto a fenomeni di psicosi per gironi. Si sentiva completamente allineato da tutto, non riusciva a comprendere cosa vedesse davvero e cosa no, ogni persona con cui parlava poteva benissimo essere frutto della sua psiche. Con lo stesso Liam non riusciva a capire se fosse realmente li.

something in the darkness  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora